capitolo 16

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James's pov

Con ancora i miei pensieri casinisti in testa, mi avviai a passo svelto verso il cimitero, schivando ogni persona sul mio cammino, sotto alla pioggia.
Dovevo trovarla.
Appena oltrepassai il cancello, raggiunsi la lapide di sua madre.
Ma non c'era.
Imprecai sottovoce.
Dublino era troppo, dannatamente grande.
Avrebbe potuto essere ovunque.
Non sarei mai riuscito a trovarla, così, dal nulla, nel nulla.
Un cuore infranto in mezzo ad altri, anch'essi infranti.
Frantumi in mezzo a frantumi.
Un dolore in mezzo ad altri dolori.
Ricordi in mezzo ad altri ricordi.
Tutto troppo, dannatamente, rumoroso.
Troppe parole, troppi suoni, troppe falsità.
Troppo niente, in strada.
Nel panico silenzioso più totale, mi sedetti su un muretto.
Iniziai a immaginare lei, da sola, seguendo un cammino estraneo.
Lei, con gli occhi a fissare il vuoto, e la mente a fissare tutto.
Lei, seduta sull'altalena, senza più il suo sorriso.
Senza più sé stessa.

Leah's pov

Iniziai a pensare che forse sarebbe stato meglio tornare indietro.
Avrei davvero dovuto perdere quel vizio.
Avrei dovuto smettere di scappare fin dal primo passo.
Ma era anche vero che, ormai, se avevo perso lei, avrei potuto perdere anche me stessa.
E al diavolo, avrei anche potuto finire in un manicomio, non me ne sarebbe fregato niente.
Anzi, forse sarei stata meglio, in mezzo ai pazzi.
In mezzo a ciò che gli altri definiscono astrattezza, e che io definisco realtà, cruda realtà.
Non è mai sano stare in mezzo a troppa normalità.
Sedendomi su un'altalena, coperta da una tettoia, chiusi gli occhi, dimenticando pure i rintocchi della pioggia.
"Sii diversa, speciale, Leah.
Non essere stonata e normale, ché ti fa solo male.
Rompi gli schemi, e dai un suono a tutto ciò che hai intorno.
L'armonia è la cosa più bella che possa mai esistere"
Altri ricordi, altre sue parole, iniziarono a calmare i miei pensieri con una melodia così naturale, così famigliare.
La sua voce così delicata, ma vuota di un'immagine.
Sentivo le parole, ma non la vedevo.
La sentii singhiozzare, ma non vidi le sue lacrime.
Sentii una sua lacrima cadere sulla mia mano, accarezzandomi i pugni stretti.
Istantaneamente aprii gli occhi, realizzando che era solo una goccia d'acqua.
Eppure, la sentii sua.
"torna qui, mamma" sussurrai, sfogandomi in lacrime.
Ero arrabbiata con lei, perché mi aveva abbandonata così.
Perché in quel momento di crisi non ricordavo neanche la sua immagine, in quella macchina, a sorridere.
Perché al posto di vedere il suo sorriso, sentivo il suo pianto.
Ma tutto era superato dalla mancanza.
E la rabbia era coperta dall'amore che provavo per lei.

James's pov

Presi la strada per andare al parco.
Ripresi un respiro regolare, camminando lentamente.
Riempiendo i miei polmoni dell'aria fredda e umida, sentendo bruciare poi il petto.
Avevo ormai perso le speranze, e mi stavo avviando nell'unico luogo in cui avrei trovato pace e passato.
Ma proprio prima della resa, sentii un cigolio.
Alzai lo sguardo, e la vidi.
Gli occhi chiusi, le mani strette in un pugno lungo la catena che sorreggeva l'altalena, mentre si dondolava lentamente.
Accelerai il passo, richiamandola.
Lei rispose.
Alzò lo sguardo, mi fissò, e si alzò di scatto.
"James, t-tu"
Non riuscì a completare la frase, che la strinsi a me.
La volevo proteggere, volevo allontanare tutto il dolore da lei, in qualche modo.
"Voglio smetterla" singhiozzò, affondando il viso nel mio petto.
"È solo un brutto periodo.
Ricordati che l'inverno passa, come passa l'estate"
"Mi manca dannatamente troppo, ma lei è passata e non può tornare"
"È vero" sospirai "ma tu respiri, no?"
Annuì, fissandomi con quegli occhi chiari e lucidi, che avrei potuto specchiarmici su.
"Immagina che ogni tuo respiro sia anche il suo. Non trattenere il fiato. Continua a respirare, continua a lottare, continua a vivere"
"Cosa intendi?"
"Che devi andare avanti, Leah, ché lei vive nella tua vita"
Riuscii a strapparle un sorriso.
Forse, nonostante al freddo e dell'umidità, ero riuscito a riaccendere un fuoco nel suo cuore, a darle finalmente una speranza, a spingerla a fare il primo passo.
"Va un po' meglio?"
"Scusa, Jay"
"Perché?"
"Perché prima ti ho detto una cosa di cui mi pento davvero troppo" sospirò, incupendosi di nuovo, abbassando lo sguardo.
Le feci alzare delicatamente il viso premendo il pollice sotto al suo mento, incontrando i suoi occhi.
Provai una strana sensazione, sentendo i suoi occhi bruciare i miei.
Una cosa del genere, successe solo un'altra volta nella mia vita: quando la incontrai.
Era come una scarica elettrica, che mi diede una forza d'animo sovrannaturale, facendomi sentire dannatamente vivo.
"Non ci ho neanche creduto, Leah"
"Ma so che ti hanno fatto male"
"Ma tu mi fai bene anche facendomi male"
Non ci pensai, e lo ammisi, lo dissi.
Lei arrossì leggermente alle mie parole.
"I-io...forse è meglio che torniamo a casa, o ci ammaliamo entrambi" cambiai discorso, allontanando il mio viso dal suo, divenuti troppo vicini.
Mi girai, riprendendo a camminare, aspettando che mi seguisse.
Ma non sentii i suoi passi.
Quando la guardai di nuovo, si fiondò tra le mie braccia, cingendo i miei fianchi con le gambe e aggrappandosi con le braccia dietro al mio collo.
Fece un lungo sospiro contro alla mia spalla.
"Grazie di salvarmi sempre"
"Sei tu che mi hai salvato per prima"









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