James's pov
Realizzare le sue parole fu un'impresa per la mia mente già stanca.
Ma quando lo feci, lei era già lontana.
"tornerà" mi rassicurò, suo fratello.
È possibile che le emozioni possano distruggerci e crearci così facilmente?
Già mi mancava, diamine.
"Anthony, non conosce neanche l'indirizzo" mi preoccupai, tirandomi indietro i capelli con una mano, nervoso.
Dio, cosa mi faceva.
Anthony si bloccò per un momento, pensieroso, lo sguardo nel vuoto.
"Che c'è?"
"James, tu stai tranquillo. Più tardi la cerchiamo, ora andiamo a casa" mi posò un braccio sulle spalle, e sospirai.
Mi parlò per tutto il tragitto, mi raccontò del suo nuovo lavoro cinematografico, che stava registrando, dell'incontro dell' "amore della sua vita".
Io annuii solamente o sforzai qualche sorriso, distratto.
Non voleva dirlo davvero, non voleva ferirmi.
Continuavo a ripeterlo nella mia testa, cercando di autoconvircermi.
Ma tutti sapevamo la verità, in fondo. O no?
Non volevo saperlo, semplicemente perché sapevo che avrebbe potuto farmi male.
Come aveva fatto male a lei.
Quando arrivammo a casa, Anthony mi consigliò di riposarmi, che avrebbe pensato lui a preparare il pranzo.
Ringraziandolo, salii al primo piano, raggiungendo la mia camera, stanco.
Era così difficile, tutto ciò.
Cercai di riposarmi coricato sul letto, invano.
Allora mi sedetti con un libro in mano, quel libro.
Il libro che fu per me il più grande mistero.
Era arrivata per me l'ora di aprirlo, dopo anni ed anni passato ad osservarlo e a giudicarlo come troppo superiore per me.
Lo scrisse lei, mia madre.
Durante il mio coma, senza speranze.
"portatelo sempre dietro e, quando ti sentirai pronto, leggilo", c'era scritto sul biglietto che trovai sul comodino al mio risveglio.
Non la rividi più, perché morì in un incidente venendo all'ospedale.
Riconobbi il suo carattere fin dalla prima frase, e un nodo alla gola bloccò per un istante il mio respiro.
Alzai lo sguardo al muro davanti a me, rilassando le spalle e mordendomi il labbro inferiore per calmarmi.
Ero pronto, non potevo fermarmi.
Guardai ancora una volta intorno a me, come per cercare aiuto.
Poi, dopo un profondo respiro, mi cimentai nella lettura più importante della mia vita, scritta a tratti deboli, leggeri, ma pieni di vita.That book. Giorno 5.
James.
Piccolo e debole James.
Non penso che tu riesca a ricordarti di me, e non voglio pensare al fatto che tu non possa neanche leggere questo libro.
Oggi è un giorno distruttivo, per me.
I dottori se ne sono appena andati, James, e mi hanno appena detto che tu non tornerai più da me.
Non voglio crederci, perché tu sei forte, piccolino.Immaginai, in quel momento, le sue delicate carezze sulla mia mano.
Vogliono che io realizzi la situazione.
Come se vederti così, con la vita appesa alle flebo e al macchinario per l'ossigeno, non sia già abbastanza.
Mi credono pazza, James.
Perché non dormo più, senza te.
Perché pensano che io parli da sola, mentre tu riposi.
Sono passati cinque giorni da quel dannato 3 Gennaio.
Oggi è l'otto, è il tuo compleanno.
Avrei tanto voluto prepararti una festa a sorpresa per il tuo undicesimo compleanno, così avresti potuto giocare con i tuoi amici e con Leah, sulle altalene in giardino.
Invece, ti ritrovi a lottare.
Così piccolo, così fragile.
Ed io mi sento così in colpa...
Sei così piccolo, non hai neanche iniziato a vivere che ti ritrovi a fare il funambolo tra due grattacieli.
Oggi hai rischiato di cadere, sai?
Ma qualcuno, da lassù, ha deciso che non era ancora il momento, e ti ha fatto aprire le ali.
E gli sono davvero grata.
Ma io mi chiedo: non poteva accadere a me? Perché proprio a te?
Solo al pensiero che il tuo corpicino iperattivo possa perdere la vita da un momento all'altro...Notai, in quelle parole, l'inchiostro sbavato, dall'orrore.
James, ti amo.
Ci tengo troppo a te, non posso perderti.
Non posso perdere proprio te.
Ti ho dato la vita perché volevo che tu la vivessi, non puoi abbandonarla proprio ora.
Non lo meriti.
Se potessi darti la mia vita, me la toglierei, per te.
Invece no, ci ritroviamo io e te a soffrire in un letto di ospedale.
E quella dannata macchina che suona ad ogni tuo battito cardiaco, insieme a noi.
Ad ogni suono, aspetto con ansia l'altro.
Ogni secondo è un concentrato di angoscia.
Se dovesse mai suonare in quel modo così assordante come abbiamo sempre visto nei film, non reggerei.
E quando io, guardando i film strappalacrime con te al mio fianco, mi commuovevo in quelle scene, ricordi cosa mi ripetevi?
"Tranquilla, mamma, è solo una messa in scena, non è vero" e sfoggiavi uno dei tuoi migliori sorrisi, contagiandomi.
Pensi di fare finta anche tu, e tornare da me?Smisi di leggere, inspirando il più possibile, come se avessi trattenuto il respiro fino a quel momento.
Chiusi il libro, riponendolo nel cassetto del comodino.
Mi ritrovai così, sperduto, disorientato, in camera mia.
Come il risveglio da un'immaginazione così irreale che non può né essere chiamata "sogno", né "incubo".
Un'emozione che non provai mai prima.
Mi alzai dal letto, scendendo silenziosamente le scale.
Mi accettai che Anthony fosse addormentato sul divano, per poi lasciargli un biglietto sul tavolo e uscire di casa.
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«That Book»
Romantizm«la loro illusione sarà la loro vicinanza, perché niente è come nelle favole. E loro non hanno mai creduto alle favole»©