"Oh, uhm, ciao" salutai piuttosto imbarazzata.
"Ehi, tu sei Leah, giusto?"
"Già, e tu sei James?"
"Immagino di sì" sorrise.
Dovevo stare calma.
Ormai il rossore sue mie guance era molto visibile.
Fantastico, pensai.
"Piacere, io sono Katy" salutò sua madre, penso.
Porsi la mano stringendogliela e con quasi un sussurro risposi "piacere".
Ero imbarazzata, e tanto.
Ma per quale motivo?
"Piacere, Jack" sorrise...suo padre?
Ricambiai ancora il sorriso stringendo anche la sua mano.
"Leah, loro sono i nostri nuovi vicini" mi sorrise mia madre.
Oh, fantastico, avevo appena fatto una figuraccia con i nuovi vicini.
E meno male che avevo seguito la mia 'regola', non volevo immaginare cosa avrei detto se non l'avessi seguita.
Dopo aver scacciato quei pensieri dalla mia testa, diedi tutta la mia attenzione al ragazzo di fronte a me, studiandolo bene.
Era piuttosto alto, spalle larghe e fisico muscoloso, indossava un paio di skinny jeans neri strappati sulle ginocchia e una maglietta bianca sotto alla giacca in pelle nera.
Non ha freddo?
Scoppiai mentalmente a ridere per il mio primo pensiero, una ragazza normale avrebbe pensato subito:"ma che bel ragazzo, figo".
I suoi capelli non erano molto lunghi, erano castani e pettinati accuratamente verso un lato mentre gli coprivano la fronte.
Notai che mi fissava anche lui solo quando spostai lo sguardo ai suoi occhi azzurri.
Subito lui abbassò lo sguardo arrossendo e spostò di lato i capelli con un colpo delicato con la mano.
Sembra proprio un bel ragazzo...
"Leah, presentati"
"Uh, sì...sono Leah O'Connor e ho sedici anni" sorrisi.
"Oh, che bello, anche il mio James ha sedici anni"
Sua madre ricambiò il mio sorriso.
La situazione non poteva essere più imbarazzante.
"Venite, prendiamo un caffè insieme" li invitò mio padre.
Ma cos'ho sbagliato?
Dai, sono stata civile tutto il giorno, ho trattenuto ogni imprecazione e vengo ringraziata in questo modo?
"Scusate, devo andare a finire di riordinare i libri di scuola, domani inizio, scusate ancora...è stato un piacere conoscervi" sorrisi ai miei nuovi vicini, congedandoli.
Mi autocomplimentai mentalmente per l'idea geniale.
"Non preoccuparti, è stato un piacere anche per noi" sorrisero in ricambio.
Subito uscii dal salotto per salire due scalini per volta.
Mia madre mi avrebbe sicuramente odiata per giorni per il mio comportamento scortese, ma non me ne sarebbe fregato molto.
Insomma, lo sa meglio di me che sono una ragazza che fa fatica a socializzare.
Appena entrai in camera chiusi a chiave la porta in legno chiaro, accorgendomi di aver trattenuto il respiro solo quando inspirai profondamente.
Era tardi e non avevo alcuna intenzione di iniziare scuola già stanca.
Presi il mio telefono dalla borsa e attaccai al carica batterie sopra al comò in legno chiaro, proprio come la porta.
Dopodiché indossai il mio pigiama invernale, forse troppo infantile.
Stampe di nuvolette azzurre coprivano il tessuto bianco morbido, ma mi piacevano, nonostante fossero davvero troppo per una ragazza di sedici anni.
Scacciai i miei pensieri appoggiando il mio zaino sulla sedia da ufficio posta davanti alla scrivania, misi dentro tutti i libri di cui avrei avuto bisogno il giorno seguente e lo chiusi.
Finalmente avevo preparato tutto.
Così, con un sospiro di sollievo, mi buttai sul comodo letto sotto alle coperte scure, presi dalla mensola sopra di me "cercando Alaska" di John Green ed iniziai a leggerlo per l'ennesima volta.
Ogni volta che leggevo quel libro avevo sempre le stesse emozioni, sempre la stessa ansia e agonia, fino alla fine.
Continuai a leggere persa nella storia mentre ero seduta con le coperte sotto alle mie mani poste in grembo mentre sorreggevano il libro e la schiena contro alla testiera del letto.
Finalmente mi si rilassarono i muscoli e la tensione della giornata sparì, facendomi addormentare immersa nelle parole che Ciccio scrisse nel tema per Il Vegliardo.Il giorno dopo mi svegliai con il collo dolorante a causa della mia postura, avevo dormito seduta con il collo piegato di lato.
Mi maledii mentalmente per aver dormito in quel modo mentre mi alzai dal letto.
Dovevo passare il primo giorno di scuola con il torcicollo, fantastico, no?
Andai verso l'armadio prendendo la mia nuova divisa scolastica.
In cosa consisteva? Una gonna verde acqua con una camicia bianca e una giacca dello stesso colore della gonna, il tutto con impressi degli stampi raffiguranti il simbolo di riconoscimento della scuola.
Orribile.
La indossai un po' disgustata dalla scelta dei colori, a parer mio, troppo stravaganti.
Attraversai la stanza e andai in bagno per lavarmi i denti e la faccia per poi truccarmi.
Applicai un po' di eyeliner e la matita, niente di che.
Raramente mi truccavo molto.
Pettinai aggressivamente i miei capelli rossi, odiavo il modo in cui erano quando mi svegliavo la mattina, tutti arruffati senza una forma ben definita.
Dopo aver lottato mezz'ora con la piastra contro la forza dei miei capelli finalmente vinsi e, soddisfatta, arricciai leggermente le punte bionde.
Avevo deciso la settimana prima di trasferirci di farmi uno shatush biondo, anche se mia madre non era molto felice dell'idea.
Ma, guardate un po'? Vinsi io.
Scesi le scale ancora un po' assonnata mentre andavo in cucina.
Quando entrai, i miei genitori erano già vestiti eleganti e seduti al tavolo.
Mio padre era avvocato e mia madre era professoressa di Economia in un college.
Ed io ero l'unica della famiglia ad odiare tutta quell'eleganza.
"Buongiorno" salutai sedendomi a tavola con nonchalance.
"Pronta per la scuola?" Chiese mio padre mentre sfogliava il giornale.
Lui e i suoi vizi.
"Immagino di sì" scrollai le spalle.
Cosa avrebbe potuto andare storto?
"Fai colazione che sei in ritardo" mia madre mi diede un contenitore con della macedonia.
Trattenni i miei commenti acidi per poi iniziare a mangiare.
Non potevo rovinarmi la giornata già il mattino presto.
"Cos'avrai oggi?" Chiese mio padre appoggiando il giornale chiuso sul tavolo.
Stava facendo progressi con la sua socializzazione.
"Due ore di inglese, un'ora di letteratura italiana, una di scienze e due di matematica"
"Cerca di far la brava, almeno a scuola"
"Papà, io sono sempre brava, a meno che non venga istigata"
"Non fare alcuna rissa con le ragazze"
"Questo non posso prometterlo" scoppiai a ridere seguita da mio padre mentre mia madre cacciò uno sguardo torvo.
"Sto scherzando, mamma"
Alzai gli occhi al cielo.
Non è proprio capace a stare al gioco.
Continuai la mia colazione silenziosamente mentre i miei genitori avevano una conversazione sulla Borsa.
Noioso.
"Signorina O'Connor, è meglio che si sbriga" mi rimproverò nuovamente mia madre "tra poco arriva James, ti accompagna lui a scuola, dato che sarete in classe insieme"
Cosa?
"Cosa?" Ripetei il mio pensiero e quasi sputai il pezzo di pesca che avevo in bocca.
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«That Book»
Romance«la loro illusione sarà la loro vicinanza, perché niente è come nelle favole. E loro non hanno mai creduto alle favole»©