fortytwo

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[The scientist — Coldplay]

Mamma,

proprio in questo momento, dopo nove mesi che te ne sei andata, sono tornata. Sono davanti a te, a quella che eri e a quella che avresti dovuto essere. Le lettere del tuo nome sono incise su una lastra di marmo bianca, e intorno a te ci sono delle rose rosse. Le hai sempre amate, e anche noi ti amavamo. Ho la schiena appoggiata contro un albero, proprio di fronte al tuo sorriso. Sono passati due giorni da quando sono arrivata, e mi dispiace se ci ho messo così tanto a trovarti. Mi dispiace se non sono stata quella che tu avresti voluto che diventassi, se non sono riuscita a renderti orgogliosa, e se non sto male abbastanza da quando te ne sei andata. Mi dispiace di aver sbagliato e di continuare a farlo. Io ci ho provato, sai? Ci ho sempre provato a dimostrartelo, ma non l'ho mai fatto abbastanza. Non lo facevo nel modo giusto perché io non sono brava ad amare e a farlo capire, nel mio modo sbagliato. Il fatto è che io, in realtà, non sto bene. Non sto bene per niente, ma non riesco a fare nulla per migliorarmi, per poter essere felice. Vorrei davvero farlo. Per te, per papà. C'è che dentro sto cadendo a pezzi, ma nessuno se ne rende conto. Se tu ci fossi stata, se adesso fossi qui, se avessi aspettato soltanto ancora prima di lasciarmi, te ne saresti accorta. Lo facevi sempre, ti bastava anche soltanto guardarmi per rendertene conto.

Lacrime invisibili rigano il mio volto e colpiscono la pagina, rovinando qualche parola.

Ma il problema è proprio questo: l'invisibilità. Essere invisibili a volte è un bene, ma le cose invisibili non tutti riescono a vederle. La realtà è che quasi nessuno vuole vederle. Essere invisibili è come un effetto collaterale, come se tu potessi fare qualsiasi cosa, ché tanto nessuno se ne accorge. Ma il problema è anche questo. Il problema è che, se una cosa è invisibile, resta tale.

Non c'è nessuno a salvarti, nessuno disposto a guardarti dentro e a prendere quello che non si vede, ma che c'è. Il dolore esiste, non ti lascia. E questo per me è il peggior dolore che si possa provare.

È come se tu volessi che gli altri si accorgano di quanto tu stia realmente cadendo a pezzi, eppure non ci riesci.

Perciò continui ad auto distruggerti, chiudendoti tra le tue mura e spingendo via chiunque tenti di avvicinarsi. Scegli questa via, non perchè a volte è la più semplice, ma perchè è l'unica che ci sia.

Nonostante io sia qui da due giorni, soltanto adesso sono riuscita a venire qui. Credevo di aver bisogno di più tempo per riuscire a fare i conti con una realtà che forse non voglio ancora accettare. Non era così. Io ero spaventata, letteralmente terrificata.

Prima di venire non ho fatto altro che pensare a quanto essere qui avrebbe potuto aiutarmi, e a quanto avrebbe anche potuto distruggermi ancora una volta.

Credevo di non essere pronta, e forse non lo sono neanche ora. Forse non lo sarò mai, ma almeno posso dire di averci provato.

Ho continuato a provare, e ho dato a mia madre il saluto che meritava.

È da due ore che fisso quella lapide, ma credo che ciò che ho provato nel momento in cui l'ho vista per la prima volta dopo quel giorno sia quasi impossibile da spiegare con le parole.

Il dolore che mi dilania da dentro è insostenibile, e neanche quando mi sono inginocchiata davanti a lei e ho passato le mie dita tremanti sulle lettere incise sul marmo sono riuscita a liberarmene. È come se fossi condannata a vivere senza emozioni, tutte imprigionate dentro di me da rendermi apatica nei confronti di ogni singola cosa o persona.

Lascio scorrere le dita sulla pagina guardando le parole impresse su di essa. Prima che possa fermarmi prendo la carta tra le dita e strappo la pagina, cercando di seguire la linea del diario e di non rovinarla spezzando delle parole.

𝐅𝐈𝐗 𝐀 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 [𝐇𝐀𝐑𝐑𝐘 𝐒𝐓𝐘𝐋𝐄𝐒 𝐀𝐔]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora