**TYLER'S POV**
Oggi è il primo giorno di scuola, ebbene sì, eccoci arrivati a questo momento. Odio il primo giorno di scuola, per di più i miei 'amici' (se così si possono chiamare) pensano che io sia un bullo. Ma loro non sanno che ogni volta che picchiano qualcuno, mi viene la nausea; ancora peggio quando devo farlo io. Ma devo salvare le apparenze e recitare la parte del bullo. L'unica persona che conosce come sono realmente è mia madre (naturalmente pensa che a scuola io sia un bravo ragazzo, un angioletto) ed è anche l'unica persona che sa che sono gay.
Mi alzo dal letto e mi guardo attorno, nonostante camera mia sia abbastanza piccola, ieri sera sono riuscito a fare un casino infernale. Tutto per scegliere l'outfit giusto per questo giorno che - diciamo la verità - avrei preferito passare a letto. Mi faccio una doccia veloce e mi vesto: jeans neri strappati, maglia grigia e una giacca di pelle nera; in caso facesse fresco. La sveglia di mia mamma suona e io la spengo, la posticipo di una decina di minuti. "Vado a scuola, mamma. Ci vediamo quando da lavoro" dico e poi le lascio un bacio sulla guancia. Lei mugula qualcosa di incomprensibile - forse anche per lei - e si gira dall'altra parte. Salgo in macchina buttando lo zaino sul sedile del passeggero. Accendo la radio e, appena riconosco la canzone, mi metto subito a cantare. Born this way è una delle mie canzoni preferite - ovvio - anche perchè è di Lady Gaga, è la mia regina. Fantastico Ty, ecco come semvrare gay. Quando vedo l'insegna con scritto LOS ANGELES HIGH SCHOOL mi viene una stretta allo stomaco e la voglia di fare fuga dal primo giorno diventa quasi irrefrenabile. Parcheggio la macchina e spengo la radio; quando guardo fuori dal finestrino mi accorgo che sta piovendo - o meglio, diluviando - così prendo l'ombrello che tengo sempre sui sedili posteriori. Non ho la minima di passare il resto della giornata con i vestiti zuppi di pioggia; per non parlare dei capelli. Scendo dalla macchina con lo zaino sulle spalle e ombrello alla mano per andare in palestra dove ci sará dato l'orario. Naturalmente dovevo fare un ingresso trionfale così lasciai l'ombrello appena fuori dalla porta della palestra e mi aggiustai il ciuffo con le dita. Testa alta, petto in fuori e mani in tasca; si va in scena. Entro nella palestra e tutti si girano a guardarmi, professori compresi. Sorrido a qualche ragazza del primo o secondo anno e batto il cinque ai miei 'amici' poi mi vado a sedere. Bene, missione compiuta; ora non mi rimane altro che arrivare a fine giornata senza fare casini. La professoressa Wright fa il suo solito discorso - uguale a tutti gli anni - e poi distribuisce le schedule degli orari. Afferro il foglio assegnato a me e esco dalla palestra a grandi passi. Guardo il foglio, le prime due ore sono di inglese. A sinistra: la classe in cui devo andare; a destra: i bagni e la possibilitá di sfuggire all'inferno. Direi decisamente a destra. Entro nel bagno e vedo subito un ragazzo - probabilmente dell'ultimo anno, come me - con i capelli color cioccolato completamente bagnati; cerco - in un tentativo disperato - di sistemarmi il ciuffo. Il ragazzo si toglie la maglia bagnata e diciamo che l'occhio fa la sua parte, è magro ma si vedono abbastanza bene gli addominali. Si infila velocemente una maglia asciutta che è uguale a quella di prima, solo che questa è blu. Posa le mani sui bordi del lavandino e si guarda nello specchio appena sopra; fa un verso piú simile ad un grugnito che ad altro e capisco subito che non gli piace. "Non ti sta poi così male" dico cercando di sembrare indifferente. Lui mi guarda a bocca aperta, quasi la mascella gli tocca in terra. Sapevo di essere una delle persone piú popolari della scuola ma non pensavo di fare questo effetto; forse è solo un po' intimorito. "Cosa c'è? É la veritá, è un po' larga ma non ti sta male" dico ma ancora non lo guardo, prima devo riuscire a sistemarmi il ciuffo. "Grazie" dice timidamente, questa volta lo guardo e gli sorrido. Noto che i suoi occhi sono blu, come la maglietta che indossa. "Comunque io sono Tyler, probabilmente sai giá chi sono. Tu come ti chiami?" gli chiedo tendendo la mano verso di lui. Per un attimo lui guarda la mia mano titubante poi prende un respiro profondo e la stringe "Troye con la e" dice.
Troye con la e. Che dolce, devo ricordarmelo. Lui lascia la mia mano e noto che sulle sue labbra si è formato un piccolo sorriso, ed ai lati di esso sono comparse due fossette. É cosí carino. Troye prende il suo zaino, buttandoselo su una spalla e si avvia verso la porta "Devo andare adesso". Non rispondo ma lo guardo e basta. Si ferma sui suoi passi e si gira per tornare indietro, distolgo lo sguardo per un attimo. "Non dovresti andare in classe?" chiede un po' curioso. Metto l'indice davanti alle labbra come per indicargli di stare zitto "Shh, faccio fuga" dico. Sorrido quando noto che per essere piú o meno al suo livello devo stare in punta di piedi. Siamo talmente tanto vicini che i nostri ciuffi quasi si sfiorano. In questo momento vorrei solo tirarlo in uno dei bagni, baciarlo, togliergli quella stupida maglietta blu e - Tyler! Controllati. La sua voce mi riporta alla realtá. "Alla prima ora del primo giorno di scuola? Ma sei matto?" esclama lui, il suo tono è salito di un'ottava e probabilmente non se n'è nemmeno accorto. "Um, forse un po' " scherzo io, trattenendo una risata. Lui sorride e un'altra volta si formano quelle dolcissime fossette ai lati delle sue labbra; appoggia la schiena al muro. Lo guardo per un attimo non capendo cosa sta facendo "Cosa fai?" chiedo passando le dita tra le ciocche del ciuffo. "Niente, aspetto la campanella" dice e neanche a farlo apposta eccola lì, che suona. Aspetto che quel rumore infernale finisca. "E ora?" gli chiedo. "E ora vado in classe" dice quasi come se avesse la risposta pronta; poi mi fa un cenno della mano in segno di saluto. "Ciao Troye" lo saluto mentre esce dal bagno. Avrei dovuto chiedergli di restare e fare fuga con me, avrei potuto conoscerlo meglio. Noto che per terra c'è qualcosa; mi ci avvicino e scopro che è la maglia bagnata che si era tolto prima Troye. La caccio dentro lo zaino con l'intenzione di ridargliela non appena lo vedo. Rimango fermo per qualche secondo poi, quando sto per tornare a sistemarmi il ciuffo, sento un rumore, come se qualcosa si fosse scontrato con il muro all'esterno. Esco e la scena che mi si presenta davanti mi fa gelare il sangue nelle vene. Il colletto della maglia di Troye è stretto nel pugno di Caspar, che lo sta sollevando da terra. Stringo i pugni lungo i fianchi. "Ciao sfigato" dice Caspar e quelle parole sono la goccia che fa traboccare il vaso. "Lascialo stare" dico guardando storto il biondo. "Perchè?" mi chiede incredulo lui. "Ti ho detto li lasciarlo andare" dico ancora a denti stretti, quasi come se stessi ringhiando. Caspar lascia la presa sulla maglia di Troye, che finisce in ginocchio sul pavimento. Il biondo si avvicina a me e la voglia di tirargli un bel pugno in pieno viso mi fa scorrere il sangue ad una velocitá non calcolabile. Troye, intanto, raccoglie il suo zaino da terra e, quasi correndo, attraversa tutto il corridoio. Caspar continua a dirmi delle cose ma io non lo sto ascoltando; tutta la mia attenzione è puntata su Troye che sta sparendo dietro un angolo. Ritorno a guardare Caspar che ora è a meno di mezzo metro da me; non ascolto ancora quello che mi sta dicendo. "Vaffanculo, Caspar" mi limito a dire per poi girare sui tacchi e dirigermi sulle gradinate del campo di football. Quando non ci sono partite o allenamenti, questo posto è deserto. Mi piace venire qui quando ho bisogno di rilassarmi o schiarirmi le idee; e in questo momento ne ho tanto bisogno. Ogni tanto qualche coppietta passa sui bordi degli spalti, mano nella mano. Quasi tutte si separano dopo qualche passo per tornare nelle loro classi. Mi piacerebbe anche a me fare così, ma purtroppo non posso. Una ragazza minuta passa davanti a me e si va a sedere qualche gradino piú sotto, l'ho vista oggi in palestra. Mi vado a sedere di fianco a lei, sta leggendo qualcosa sul suo iPhone. "Ciao" le dico e leo salta dallo spavento; non si era proprio accorta di me. "Ma tu sei Tyler Oakley..." dice timidamente e io annuisco sorridente. Sentiamo la campanella dell'intervallo suonare e lei si alza in piedi "Scusa, ma devo andare" mi dice prendendo la sua borsa. "Um, aspetta..." la richiamo. Devo salvare le apparenze - ancora - e tutti mi considerano un donnaiolo, perció devo recitare ancora una volta. "Come ti chiami?" le chiedo raggiungendola e camminandole accanto. "Isabelle" risponde porgendomi la mano, la stringo. "Dunque, Isabelle; ti andrebbe di pranzare con me?" le chiedo, ormai è automatico. Io chiedo e loro accettano... Una volta, una ragazza ha accettato anche se era giá fidanzata. "Va bene" dice per poi salutarmi con un cenno della mano e andare dalle sue amiche. Senza accorgermene ho camminato con lei fino ad arrivare nei corridoi. Controllo la mia schedula e vedo che la prossima ora ho fisica. Raggiungo il tavolo dove si trovano Joe e sua sorella, Zoe, che sta abbracciata ad Alfie, il suo ragazzo. Sono così dolci insieme. "Ciao Ty" mi salutano Zoe ed Alfie e io gli sorrido. Joe mi da una pacca su una spalla; ha la bocca piena d'acqua perció non parla. "Caspar?" chiedo, non ho proprio voglia di vedere quel bastardo. Joe deglutisce e poi indica una parte indefinita del parco "Probabilmente a bullizzare qualcuno". Le tre ore successive passano abbastanza velocemente ed arriva l'ora di pranzo. La campanella suona e una massa di adolescenti esce dalle classi, riversadosi nei corridoi. Io esco per ultimo; caccio le mani sulle tasche posteriori dei jeans e mi dirigo in giardino. "Ehi, Tyler" mi chiama qualcuno in lontananza scuotendo un braccio in aria. Mi avvicino quel tanto che basta per riconoscerla "Ciao Isabelle" dico e mi siedo accanto a lei. Il suo pranzo si trova già sul tavolo, una semplice insalata di pollo. Lei nota come sto guardando il suo pranzo - ho una fame assurda - e ride "Ne vuoi un po'?" mi chiede spingendo appena il contenitore verso di me. "No, grazie. Ho il mio" dico ricordandomi del pranzo che mi ero preparato ieri sera. Sono abbastanza bravo ai fornelli ma per andare sul sicuro ho tagliato a pezzi qualche fragola e qualche banana e l'hp messi in un contenitore di plastica. Apro lo zaino per prendere il mio pranzo, ma la prima cosa che vedo è la maglia ancora umida di Troye. Dovrei proprio andarlo a cercare e controllare come sta - e dargli la sua maglia, naturalmente. "Tutto ok?" mi chiede la ragazza di fianco a me e io chiudo subito lo zaino buttandomelo su una spalla. "Scusa, mi sono dimenticato che devo fare una cosa" dico camminando velocemente in direzione dei corridoi. Ovunque io guardi, non vedo Troye. Ma dove cazzo è finito quel ragazzo? Entro in una classe, c'è la professoressa Wright. Nonostante questa donna mi stia abbastanza antipatica, ora fa al caso mio. "Scusi, professoressa. Stavo cercando una persona, può aiutarmi?" chiedo educatamente. "Chi stai cercando?" mi chiede lei guardando quella che premuso sia una verifica - e anche andata male, dai segni rossi che vedo - di qualcuno. Aspetta, una verifica? Il pimo giorno? "Più o meno alto così" dico indicando con la mano una tacca immaginaria nell'aria "Capelli marroni, occhi azzurri. Si chiama Troye" spiego e la professoressa segna con la biro rossa una 'C-' sull'angolo in alto a destra del foglio. "Ah sì, Sivan... Non so dove sia ora ma, se lo trovi, digli che il suo test d'ingresso è sotto la media dei suoi voti. Deve impegnarsi di piú" dice allungando il foglio verso di me; lo prendo e guardo tutti i segni rossi che ci sono sopra - e sono davvero tanti. "Ok, le faró sapere. Arriverderci" dico uscendo dall'aula. "Ciao Tyler" mi saluta lei tornando a correggere i test d'ingresso. Vedo al piano superiore, anche qui i corridoi sono deserti. Mi fermo un attimo sedendomi sulla panchina davanti all'uffico della consulente scolastica. Chiudo gli occhi inspirando profondamente; il suono di un pianoforte mi arriva alle orecchie e io apro subito gli occhi. Seguo il suono, che mi porta fino all'aula di musica. Le porte di quest'aula sono completamente di vetro dunque si può vedere chi c'è all'interno. Riconosco subito i suoi capelli color cioccolato e la sua maglia blu, che si tira ad ogni suo movimento. Entro cercando di non fare rumore e , fortunatamente, ci riesco.
"In the crowd alone
And every second passing remind me I'm not home
Bright lights and city sounds are ringing like a drone
Unknown, unknown.
Oh, glazed eyes, empty hearts
Buying happy from shopping carts
Nothing but time to kill
Sipping life from bottles.
Tight skin, bodyguards
Gucci down the boulevard
Cocaine, dollar bills and...
My happy little pill
Take me away
Dry my eyes
Bring colour to my skies.
My sweet little pill
Take my hunger
But within, numb my skin.
Like a rock, afloat
Sweating conversation
Seeping to my bones
Four walls are not enough
I'll take a dip into
The unknown, unkn...".
Troye si gira di scatto smettendo di cantare e, quando mi vede, diventa completamente rosso - assomiglia ad un pomodoro, ora. "Sivan" dico a mo' di saluto e lui mi guarda un po' storto. "Chi te l'ha detto?" mi chiede ma io non.capisco a cosa si riferisce. "Cosa?" chiedi e lui torna a guardre il suo spartito sopra la pianola. "Che il mio secondo nome è Sivan..." dice. Aspetta, secondo nome? Io pensavo fosse il suo cognome. "La professoressa Wright, mi ha anche dato questo per te" dico porgendogli il suo test d'ingresso. Nel prendere il foglio, mi sfiora le dita e un piccolo brivido si propaga lungo la mia spina dorsale.________________________________________________________________________
Hi guys,
Allora cercherò di aggiornare il più possibile ma, come avete visto, non riesco tutti i giorni perciò perdonatemi. Beh, che altro? Spero che la storia vi piaccia, fatemi sapere nei commenti che ne pensate oppure scrivetemi in chat privata. Sto scrivendo anche altre due storia dunque se volete fate un salto sul mio profilo e dateci un'occhiata. Alla prossima. Bye.
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Touch || Troyler (In Revisione)
RandomUn solo tocco e sento quello che pensa quella persona. Ecco la mia vita riassunta in una riga, ecco la vita di Troye Sivan Mellet. Penserete che sapere cosa pensa la gente sia bello, vi sbagliate alla grande. Fa schifo.