- Quella villa era enorme. Era una gioia a vedersi, interamente verniciata di un bianco pulito, splendente, con le imposte blu. Le tegole spioventi, perfettamente allineate, erano di un caldo ocra, e così i due caminetti in cima ad esse, ognuno ai margini del tetto. Finiva qui la varietà di colori all'esterno, un dolce amalgamarsi di tinte morbide. Il grande portico affacciava su un lungo sentiero che portava direttamente al corso principale di Roma, eppure l'area in cui si trovava la villa era praticamente deserta, un miracolo della pace e del silenzio.
"E' davvero questa?" mi sorpresi a chiedere, destando forse curiosità, forse paura in Pietro, che si limitò ad annuire. "E' meravigliosa" lo rassicurai, e notai un sorriso espandersi fino ai suoi occhi. Era bello osservare le emozioni spargersi sul suo volto, pensai. Era bello lui. Immaginai come sarebbe stato se non fosse andato in accademia. Forse meno muscoloso, forse meno serio. Forse i capelli gli sarebbero ricaduti sulla fronte e sulle spalle, e non avrebbe prediletto abiti così rigidi e sobri. Eppure a me piaceva comunque. Mi si scaldava il cuore a guardarlo, e gli angoli degli occhi s'inumidivano poco a poco, ogni volta che le nostre mani si sfioravano, ogni tanto per caso, ogni tanto volutamente.
"Potresti stare qui" disse in un tono gentile, indicandomi quella che, pensai, era la stanza più grande che avessi mai visto. "Ce ne sono di più grandi, se vuoi..." continuò poi, con tono indeciso. Mi limitai a scuotere la testa e guardarlo con gratitudine, impossibilitata a proferire parola da un enorme groppo che andava espandendosi, dal petto alla gola, minacciando di esplodere, e farmi esplodere.
Mi lasciò ai miei pensieri pochi attimi dopo, congedandosi con un caldo abbraccio. Rimasi ad occhi chiusi, con le spalle contro la porta, a realizzare cosa stessi vivendo. Avevo dei risparmi, avevo degli abiti, avevo un posto in cui stare ed avevo lui. Non poteva essere reale, era una vita che non m'era mai parsa così vera e così impossibile al tempo stesso. Pensarci mi stringeva lo stomaco, e cominciai a chiedermi cos'avrei potuto fare per sdebitarmi con lui.
Poggiai nei cassetti marmorei i pochi abiti ed effetti che avevo portato con me, ed il mio pensiero volò alle mie sorelle. Sarebbero state bene, senza una bocca in più da sfamare, e non avrebbero sentito la mia mancanza. Ne ero più che sicura. Sorrisi a me stessa, compiangendo la mia autocommiserazione, e trovai il coraggio per uscire dalla stanza degli ospiti, dirigendomi verso quella che sembrava la sala da pranzo di un qualche re o principe.
"Ti abituerai" disse Pietro, vedendomi arrivare con passo incerto.
"Ho qualche dubbio" risposi, sorridendo e facendolo sorridere. Rimasi ad osservarlo qualche secondo, beandomi del fatto che i suoi occhi si erano abbassati su un qualche volume di cui era in contemplazione. Aveva una minuscola ruga sulla fronte, quando leggeva, ed i suoi occhi sobbalzavano, di riga in riga, di verso in verso, seguendo le pieghe di chissà quale mondo, tessuto all'interno di una trama d'inchiostro.
"Vuoi accomodarti?" chiese, alzando d'improvviso gli occhi e sorprendendomi a guardarlo. Ressi il suo sguardo per pochi attimi, poi annuii e mi sedetti su un angolo dell'enorme divano su cui era sdraiato. "Rilassati" mi disse "sei a casa".
Non diedi poi troppo peso a quelle parole, non nel momento in cui le disse, eppure perfino adesso sento quella sensazione all'altezza della nuca ogni volta che sento bisbigliare il suo nome, nel vento. Ovunque lui fosse, ovunque fosse anche solo un ricordo di lui, quella era casa.

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Dicono che vivere stanchi
عشوائيDicono che di notte, la pioggia sembri più leggera, perché la senti ma non la vedi, ed allora ti interroghi di meno su quanto forte essa sia. Dicono che la vita non dà nulla, se non un pugno di mosche e delusioni. Dicono che i sogni siano per gli il...