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- Dal diario di Kaya -

Fa caldo, specialmente quando il sole entra dalla finestra, spalmandosi su me e Marco. Essere seduta accanto a lui è divertente, mi rende ogni cosa semplice, mi fa ridere, mi fa dimenticare.

Ho scoperto di essere brava a scuola, nelle poche settimane che ho trascorso qui. L'italiano, ad esempio, mi piace molto. Il professore, si chiama Pietro Sannito, è un vecchietto burbero, scontroso con tutti tranne che con me e Raffaele, ed è uno dei migliori insegnanti della scuola, a detta di tutti. Quando parla è impossibile smettere di ascoltarlo, distrarsi, annoiarsi. Lascia tutti appesi ad un filo, credo sia perché scrive, e parla come scrive, quindi tende a generare una suspense non indifferente. Mi chiama poesia, e chiama Raffaele poeta. Gli ho sentito dire che siamo liricamente compatibili, una coppia perfetta. Ma a me non importa di essere parte di una coppia.

Ogni tanto mi soffermo su qualche volto, su qualche espressione particolare, che sia di Marco, Raffaele o di qualche altro ragazzo poco importa, nessuno mi attira più di tanto. I ragazzi, alla mia età, sono infinitamente stupidi.

Mi piace anche molto il latino, e seguo con piacere le materie umanistiche in generale, come filosofia ed inglese. Durante le altre lezioni, invece, non riesco a concentrarmi. Resto con lo sguardo fisso nel vuoto, e loro tornano a bisbigliarmi i loro nomi, sottovoce, ma forte abbastanza da farmi venire la pelle d'oca.

I giorni, a scuola, sono quasi tutti uguali. A italiano mi sembra di poter vivere davvero, mi sembra di essere Kaya Pioggia, e nient'altro. A filosofia, latino ed inglese mi sento normale, totalmente amalgamata al resto del mondo. E poi comincia la paura. Quando il sapere smette di interessarmi, comincia la paura. Ogni tanto tremo, e allora Marco mi dice qualcosa di stupido, ed io rido. Ma Marco non può esserci sempre.


-Mantenete la calma, per piacere. Vi spiegheremo tutto tra pochi minuti-.

La voce del preside tuona attraverso gli altoparlanti, e noi tutti restiamo immobili. Cosa può essere successo? Ce lo chiediamo in silenzio, occhi negli occhi, ognuno con un pensiero diverso dagli altri. Non era mai successo, prima.

Dopo quasi due mesi all'interno di questo istituto, mi stavo sentendo davvero uguale a loro. Erano tutti un po' impauriti, con più domande che risposte, addosso. E quella voce, la voce del preside, che lasciava un alone di calma apparente.

Ci convocano in presidenza qualche minuto dopo. Tutti noi, tutta la classe, e la V E. Siamo due corsi affini, con l'identico numero di ore, e con la commissione comune. Anche gli altri, come noi, non sanno nulla, e nascondono la preoccupazione dietro sorrisetti di circostanza.

-Kaya!- Mi volto, e vedo Raffaele correre dalla presidenza verso di noi. Non mi ero accorta della sua assenza. -Sannito- dice. -Sannito- continua a ripetere. -Sannito, Sannito, Sannito-.

-Raf, calma. Ti prego- tento di farlo ragionare, ha gli occhi lucidi, la mia mente comincia a sprofondare verso un baratro un po' troppo familiare. -Sannito cosa?-

-Sannito. Morto-.

Dicono che vivere stanchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora