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-Furono anni difficili, quelli che seguirono. Le mie sorelle passavano le loro giornate lavorando, ed io leggevo, leggevo e crescevo. Gli idilli dei libri più celebri mi portarono a desiderare una vita principessa, colma di ricchezze e di avventure, in attesa dell'arrivo del grande amore.

La notte, dopo aver trascorso le ore diurne su carte talvolta allegre, talvolta tragiche, faticavo a prendere sonno. I miei sogni erano spesso tormentati da una voce, che io riconobbi sin dall'inizio come l'unica gradita alle mie orecchie. Era l'unica che volessi sentire, tutto ciò che mi restava. Passai dieci anni a sognarla leggere i volumi che avevano segnato la mia esistenza, quelli che più amavo, dando loro una maggiore grazia e bellezza.

Il mio trascorrere infinito tempo in biblioteca mi aveva portato una quasi familiarità con i proprietari che, al compiere dei miei sedici anni, mi proposero di lavorare per loro. Accettai di buon grado, consapevole di avere ottenuto il lavoro più alto e proficuo a cui avessi mai potuto ambire, e lasciai così passarmi addosso l'anno seguente, senza però smettere di sognare quella voce.

Lessi poi, un giorno, che a molti scrittori capitò di sognare il suono della propria coscienza, e mi convinsi che ciò che sognavo non fosse altro che quello: la voce della mia stessa coscienza.

I ricordi di quei giorni sono ormai confusi, tanto simili tra essi furono. Ciò che ricordo, però, comincia a due anni dalla mia assunzione in biblioteca, poco dopo averne compiuti diciotto. Rosa, la nipote più piccola del bibliotecario, si sforzava di migliorare a leggere. Era al secondo anno di scuola, ormai aperta a tutti, e mi offrii di aiutarla.

Reggevo tra le mani un'antologia leggera, adatta alla sua età ed al suo livello, ricordo come fosse ieri, e sentii distrattamente i sonaglini tintinnare, segno dell'apertura della porta d'ingresso.

"Buongiorno."

Sbam.

Vidi il libro cadermi dalle mani, senza accorgermi di averne perso la presa. Vidi gli occhi di Rosa sgranarsi, posarsi su di me e poi correre alla porta. Non vedevo il banco, trovandomi dietro uno scaffale alto, dunque non potevo vedere il proprietario di quella voce, la voce 'della mia coscienza'.

"Avete mica l'ultima ristampa di 'A midsummer night's dream?"

I miei occhi scattarono. Lo scaffale 'S' era esattamente davanti a me. Mi chinai alla voce 'Shakespeare', prendendo l'ultima ristampa del libro richiesto.

"Sì!". Quasi urlai, lasciando parecchio basiti i proprietari, non abituati a tanto zelo dalla ragazzina dagli occhi spenti che ero sempre stata. Raggiunsi il bancone a testa bassa, ancora indecisa sul da farsi. Volevo conoscere l'aspetto del proprietario di quella voce, ed allo stesso tempo non volevo restarne delusa.

Titubante, nel momento in cui sfiorai la mano del cliente per consegnargli il volume, alzai lo sguardo, pietrificandomi.

Vestito di una divisa rigida, di un colore misto tra grigio e verde, con profondi occhi scuri e cortissimi capelli, trovai un uomo sulla trentina, il cui volto andò a riempire un vuoto, dentro me, che non avevo realizzato di possedere.

"La bambina" bisbigliò, facendomi sentire i polsi come foglie al vento.-

Dicono che vivere stanchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora