-Non disse altro, quel giorno. Lasciò la sua tessera ed uscì, lasciandomi con più domande di quante ne avrei immaginate. Tornai da Rosa, e l'aiutai come ogni altro giorno. Attesi la sera, la chiusura della biblioteca, ed uscii con aria scossa, impaziente di chiudermi in me stessa e riflettere sugli eventi di quel giorno.
Attraversai il primo angolo di quella periferia che era ormai stata inglobata da Torino, divenendo la zona industriale di Mirafiori. La mia vecchia casa distava ben poco dalla biblioteca, ed altrettanto dall'immensa Fiat, la fabbrica automobilistica della città. Mossi ancora qualche passo, poi mi sentii chiamare.
"Bambina?"
Mi voltai di scatto, col cuore che si riempiva di quella voce. Era profonda, dolce, ed aveva in sé il fruscio delle pagine di tutti i miei libri. Lo vidi in piedi, con le spalle poggiate ad un cancello, ancora in divisa, ancora con 'Sogno di una notte di mezza estate' in mano.
"Non è il mio nome" dissi, avvicinandomi a lui. Il suo sorriso balenò nella penombra, ed il mio cuore mancò un colpo.
"Ciò che noi chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo" citò allora lui, e fu il mio turno per sorridere.
Si offrì di accompagnarmi a casa, e lo lasciai fare, riempendolo di domande pur di lasciarmi avvolgere dal suono della sua voce.
Mi raccontò di chiamarsi Pietro, di essere rimasto orfano a causa della guerra, e di avere dunque dedicato tutta la sua vita all'accademia militare, dove aveva ricevuto l'istruzione necessaria per ottenere il lavoro dei suoi sogni: insegnare.
"Ed abitate qui a Torino?" domandai, mantenendo un tono formale che lo fece sorridere.
"Dammi pure del tu, bambina. Abito qui, a pochi passi dalla concessionaria Fiat". Arrossii ancora.
"Mi chiamo Emma" mormorai imbarazzata, mentre ci fermammo dinnanzi al portone della vecchia casa.
"Come Emma Bovary?" domandò lui, ed udire quel nome, così caro a mio padre, pronunciato dalla sua calda voce mi provocò come un brivido lungo tutta la colonna vertebrale. Annuii sorridendo, lui ricambiò l'ennesimo sorriso e mi diede la buonanotte sfiorando il dorso della mia mano destra con le sue labbra, che scoprii essere morbide e tiepide.
Mossi lentamente un passo dopo l'altro lungo la scalinata che separava il giardino interno dalla mia stanza da letto, e mi sdraiai scoprendomi confusa ed esausta.
L'avrei rivisto? Avrei riascoltato il suono della sua voce?
Quella notte la voce dei miei sogni aveva un volto, e pronunciava semplicemente il mio nome, increspando le morbide labbra.
*
*
*
Mi svegliai mugugnando, mi preparai di fretta e corsi verso la biblioteca. Fui la prima ad arrivare, ed attesi che i proprietari aprissero l'attività.
Rosa era a scuola, durante il mattino, perciò impiegai il mio tempo tra gli scaffali, riordinando edizioni e leggendo passi qui e là.
Attesi spasmodicamente l'orario pomeridiano, con una qualche speranza che Pietro si facesse vivo. All'arrivo di Rosa insistetti per tenere la lezione vicino alla porta d'ingresso, senza più nessuno scaffale ad ostruirmi la vista, ed ascoltai molto distrattamente la lettura stentata di un passo de 'Il Piccolo Principe'.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice."
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai ad asciugarmi una lacrima, che scivolava lentamente sulla mia guancia sinistra.
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Dicono che vivere stanchi
CasualeDicono che di notte, la pioggia sembri più leggera, perché la senti ma non la vedi, ed allora ti interroghi di meno su quanto forte essa sia. Dicono che la vita non dà nulla, se non un pugno di mosche e delusioni. Dicono che i sogni siano per gli il...