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Mi svegliai di soprassalto, trattenendo a stento le urla. Era stato orribile. Avevo sognato di nuovo quella donna, ma questa volta un uomo con gli occhi di ghiaccio e un ghigno malvagio stampato in volto la torturava senza nemmeno toccarla. Anche da sveglia mi sembrava di sentire le urla della donna mentre si contorceva al suolo. Urla disumane. Non sapevo se sarei mai stata capace di dimenticarle. Da quel che avevo capito, l'uomo malvagio le aveva fatto tutto quel male perché lei non voleva dargli ciò che voleva. Non mi era mai capitato di fare sogni così vividi e dopo questo avrei preferito non farne più. Sicuramente era accaduto per colpa degli effetti collaterali del non aver preso la medicina, ma se non altro mi sentivo meglio. A pensarci bene non mi ero mai sentita così bene.

Quel sogno era sembrato talmente reale, che lo sguardo apatico di quell'orribile uomo, in qualche modo, aveva fatto del male anche a me.

Scostai le coperte e rabbrividii per l'improvviso freddo sulle gambe nude. Come la volta precedente, una luce bianca e brillante si accese all'improvviso, facendomi gemere per il bruciore agli occhi che non ne erano abituati. Dietro il vetro, il Dottor Spell stava ritto e immobile, con le mani agganciate dietro la schiena. In qualche modo, vederlo apparire così, mi fece venire i brividi. Non era il tipo di persona che mette a proprio agio...

«Un assistente l'accompagnerà a cambiarsi» disse, con tono piatto. Premette un pulsante sulla tastiera e dalla parete apparve una porta che fino ad allora era stata parte integrante del muro. Questa si aprì e a sguardo basso entrò una ragazza sulla trentina. Aveva un'uniforme rossa e i capelli raccolti in una crocchia sulla nuca. Prese la sacca di tessuto da terra e allungò una mano per farmi cenno di seguirla. Tornai a guardare verso il vetro, ma il Dottor Spell non c'era più.

La doccia calda finì troppo presto. L'acqua aveva lenito gli ultimi dolori ai muscoli tanto che avrei desiderato rimanere sotto quel getto più a lungo. Indossati i vestiti, mi sorpresi fossero tutti della mia taglia; perfino le scarpe. La maglia a maniche corte era celeste, e i pantaloni, di uno strano materiale elasticizzato, erano neri. Con i capelli ancora bagnati venni scortata da tre guardie attraverso lunghi corridoi che si perdevano nei loro mille incroci.

Ma davvero servivano tre guardie? Manco fossi un terrorista. Girammo a destra, a sinistra, ancora a destra, e poi di nuovo, tanto che mi persi nel groviglio di strade.

Finalmente ci fermammo davanti a una doppia porta. Questa era grande e di legno massiccio, con iscrizioni profonde in una lingua che assomigliava al latino. Una delle guardie l'aprì e mi fece entrare, spingendomi leggermente per le spalle. La sala sembrava a metà fra un tribunale e un'arena. Avevo l'impressione che da un momento all'altro mi avrebbero data in pasto ai leoni. Era circolare e le gradinate si estendevano in tutta la circonferenza. L'unica persona presente era il Dottor Spell; sedeva alla destra di quello che credevo sarebbe stato il posto del "giudice" meglio noto come La Corte. Le guardie che mi avevano scortata fin lì si posizionarono intorno a me e altre due si aggiunsero ai lati del Dottor Spell. Come fossi chissà quale criminale pericoloso...

«Possiamo iniziare» annunciò lui e un rumore elettrico alle mie spalle si mise in moto, facendomi rabbrividire. Dopo qualche secondo l'ologramma di una bambina mi sorrise dalla sedia del giudice. Era un ologramma bianco e candido, che mi fece sentire subito a mio agio.

«Salute a te Alexandra Paradise e benvenuta alla Base Nove. Sono La Corte e quest'oggi sarò io a interrogarti.»

La bambina, che non poteva avere più di dieci anni, non smise mai di sorridere. Era gentile ed educata... non riuscii a non ricambiare il sorriso; era contagioso. Nemmeno lo sguardo accigliato del Dottor Spell riuscì a mettermi di malumore, davanti a tutta quella bontà.

«Allora Alexandra, vuoi dirmi perché sei qui?», continuò La Corte. Smise di sorridere, ma il suo sguardo rimase calmo e gentile.

«Pensano che io abbia rubato qualcosa».

Lei socchiuse gli occhi e inclinò la testa di lato. «E lo hai fatto?».

Quella domanda fu come un lasciapassare. Iniziai, quasi senza mai riprendere fiato, a raccontare tutto ciò che era successo dal giorno in cui quegli uomini in uniforme nera erano entrati in casa mia, distruggendo la porta. Raccontai di come avessi avuto paura e non capissi cosa stesse succedendo. Parlai di mio fratello e mia nonna, quella strana magia delle piante, degli incubi e di come, infine, mi fossi sentita confusa dentro la stanza con la parete di vetro.

«Parlami di questo strano sogno».

Non volevo rivivere l'incubo, ma La Corte me lo aveva chiesto... quindi, perché no?

«La donna del sogno era molto stanca e sembrava malata. Aveva profondi tagli sulla maggior parte del corpo e non si reggeva in piedi. Un uomo con degli stranissimi occhi celesti...»

«Come era lei?» interruppe il Dottor Spell. Dalla sua posizione rigida si era invece sporto in avanti. Teneva talmente forte la sedia davanti a sé che le nocche erano diventate bianche. Pensai che se avesse continuato così, il legno si sarebbe sgretolato sotto la sua presa. «Come era lei?» ripeté agitato.

«Capelli castani, pelle chiara e occhi... grigi? Non lo so. Non ne posso essere sicura. Ma... Perché? Era solo un sogno, no?».

La Corte sorrise, ma sembrava nervosa. La sua immagine tremolò per qualche istante e poi tornò nitida come prima. «Alexandra, tu sei all'oscuro di molte cose. Il mondo non è fatto solamente dalle cose che vedi, ma soprattutto dalle cose che non vedi. Quando ti svegli la mattina, vivi in un mondo. Quando ti addormenti la sera, in un altro. Il primo è reale tanto quanto il secondo, solo che la maggior parte delle persone non lo sa. Per una ragione che non è ancora ben chiara, in questo momento sei in qualche modo legata a entrambi i mondi attraverso una persona. Esattamente la donna che sogni. Alexandra, la donna che hai sognato è reale. La cella che ci hai descritto, il freddo che hai provato sulla tua pelle e le sue ferite, sono anch'esse reali. E mio malgrado, lo è anche l'uomo che la tiene prigioniera».
Cosa? Ma...
Guardai La Corte e poi mi girai verso il Dottor Spell.

Quindi era davvero possibile sognare qualcosa di così reale senza saperlo? Mi era già successo?
«Dottor Spell, ho preso la mia decisione» esordì La Corte. Si alzò in piedi e giunse le mani in avanti, intrecciando le dita fra loro. «Alexandra Paradise è innocente. Qualunque pena verso la sua persona è respinta. Inoltre, date le notizie da noi apprese quest'oggi, non solo la nostra ospite è innocente, ma anche molto preziosa. Sono sicura, Dottor Spell, che lei sarà d'accordo con me».

Lui si schiarì la gola e annuì.

«Ebbene, la mia decisione incontestabile, è quella che la qui presente Alexandra Paradise, venga accolta dalla Base Nove e aggiornata sulla storia dei Nāyaka e dei suoi nemici. Inoltre, le verrà assegnata una stanza all'Accademia, dove riceverà tutto l'addestramento adeguato» continuò l'ologramma.

Amh... Cosa? Non ci avevo capito molto, ma aveva detto che ero innocente e che non mi sarebbe stata inflitta alcuna pena, quindi okay. Le guardie intorno a me si avvicinarono, pronte a portarmi fuori. Ma io avevo bisogno di sapere ancora una cosa.

«Aspetta!» urlai, quando la luce dell'ologramma iniziò a spegnersi. La Corte mi guardò curiosa e tornò a sedersi.

«Io...» iniziai titubante. «La mia famiglia?».

La Corte prese un lungo respiro e poi rispose: «Ci sono delle cose di cui sei all'oscuro, Alexandra. Ma ti basti sapere che le persone che ami staranno bene. Tua nonna, purtroppo per la nostra legge, era una fuggitiva. Per questo il suo riposo eterno sarà da sepoltura e non secondo le nostre tradizioni».

Aspetta un secondo... «Mia nonna era...»

«Sì, certo. Tua nonna è nata e cresciuta qui. Non l'hai per caso vista usare il suo potere?».
Mia nonna. Non potevo crederci. Avevo cercato di evitare di pensare a quella strana magia che le aveva permesso di far crescere le piante, ma in quel momento fu impossibile. Mia nonna - una vecchietta pazza e talvolta pettegola - era in realtà una specie di strega? Una maga?

«Ti verrà spiegato ciò che devi sapere» terminò La Corte; poi svanì.

Il Dono - In viaggio verso l'aldilàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora