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«Erano passate le due ore che avevamo stabilito come limite massimo, così siamo venuti a cercarvi. Tutti gli altri erano già tornati dentro la Base, quindi io e il professor Moler siamo tornati fuori per voi» disse il professor Grimm, quando rientrammo alla Base Nove. Stavamo attraversando i corridoi del piano terra, e tutti - sia quelli che avevano assistito alla scena nel bosco, sia quelli che ne avevano sentito parlare - ci guardavano, borbottando fra loro.

«E inoltre abbiamo scoperto che quel rullo posizionatore non funziona. Non riuscivamo a rintracciarvi. Sembra che questa caccia al tesoro non sia andata molto bene, comunque. Nessuno ha trovato il tesoro e quando abbiamo chiesto chi avesse organizzato il gioco, nessuno sapeva niente».

«In che senso?» chiese Emma, aggrottando le sue perfette sopracciglia. La ragazza si stava asciugando i capelli con un panno che un ragazzo le aveva gentilmente prestato.

«Per l'organizzazione della caccia al tesoro, abbiamo ricevuto una lettera dal Dottor Spell che acconsentiva a permettere l'uscita degli Allievi. Come avrete notato, i segugi che si nascondono nel bosco non sono molto amichevoli e dopo le minacce dell'Uomo Aldilà era stata abolita qualunque tipo di attività esterna. Nella lettera c'era la sua firma, il sigillo della Base... tutto quanto. Ma a quanto pare il Dottor Spell non sapeva niente del gioco fino a quando non lo abbiamo contattato noi. Un'ora fa».

«Aspetta. Quindi sta dicendo che qualcuno ha finto di essere il Dottor Spell per farci uscire dalla Base?»; Brad sembrava non crederci.

«Crediamo anche che la stessa persona abbia fatto entrare i Segugi nella foresta. Quei mostri di solito non passano da qui. Quindi, qualcuno vuole avvertirci che i nostri sistemi di sicurezza sono da rimettere a posto».

«Ma chi mai potrebbe essere?» iniziai a chiedere. Poi guardai il professor Grimm e vidi nei suoi occhi la mia stessa paura. Lui. L'Uomo Aldilà.

«Bene, ragazzi. Andate alla mensa» ci disse un altro istruttore, prendendo per un braccio il professor Grimm e trascinandolo via.

Quindi nell'Accademia - o in generale nella Base Nove - c'era una spia dell'Uomo Aldilà. Non poteva essere altrimenti. Ma chi era? Poteva trattarsi di chiunque. E come si era infiltrato? Come aveva riprodotto la firma e il sigillo del Dottor Spell?

«Ehi, tutto bene?» Lisa mi diede una leggera gomitata. Non avevo mangiato niente. Avevo solo fissato il piatto, immersa nei miei pensieri.

Sforzai un sorriso e ascoltai la conversazione che Emma stava avendo con Gianna.

«Non so di cosa tu sia parlando» disse la prima.

«Non credo di parlare Turco, ho solo detto che hai perso la scommessa, quindi sgancia».

«Di che parlano?» chiesi a bassa voce a Brad.

«Gianna aveva scommesso che avresti scoperto il tuo Dono entro questo mese, mentre Emma non prima del prossimo. Hai fatto vincere alla tua amica un bel gruzzoletto» rise, attirando a sé Lisa per lasciarle un bacio fra i capelli.

«Io pensavo lo avresti trovato la prima settimana» mormorò Mika, sconsolato.

«Mi dispiace di averti deluso». Gli diedi una pacca sulle spalle.

Dopo cena il problema della spia mi era quasi passato di mente. Io e Lisa tornammo in camera nostra e, dato che Gianna sarebbe rimasta sola, decidemmo di creare un letto improvvisato per farla dormire con noi.

Urlava. Jocelyn urlava perché il dolore non le permetteva di fare nient'altro. Non vedeva, non sentiva il pavimento duro e freddo sotto di sé, non sentiva alcun rumore. Solo dolore. Solo le sue urla. Urlò talmente tanto e talmente forte, che sapeva avrebbe avuto seri problemi alle corde vocali, in futuro. L'Uomo Aldilà non le lasciava nemmeno il tempo di riprendere fiato.

A volte avrebbe tanto voluto lasciarsi andare; morire non era certo la cosa peggiore che le potesse capitare. Ma era abbastanza forte da sopravvivere, lei lo sapeva. Sapeva che se avesse sopportato tutto, prima o poi sarebbe riuscita a tornare a casa. Quella casa che aveva odiato, ma che era più sicura di qualunque altro posto al mondo. Il dolore le annebbiò la mente e finalmente svenne, portandosi dietro un profondo torpore.

Sentii che qualcuno mi scrollava forte le spalle. Quando aprii gli occhi, Gianna e Lisa mi guardavano preoccupate. Le avevo svegliate a causa dei miei incubi, di nuovo. Mi scusai con loro e corsi fuori. Avevo bisogno di camminare e scrollarmi di dosso la sensazione appena provata. Percorsi il corridoio a passo svelto, sperando di non perdermi. Ero andata nel suo ufficio praticamente tutti i giorni, ma il mio orientamento faceva schifo, quindi era molto probabile che smarrissi la strada.
«Signorina, cosa ci fa qui?». Una guardia, vestita di nero e con una benda sul braccio raffigurante il colore della Base Nove, il verde, mi fermò prima che entrassi nella porta dell'ufficio del Dottor Spell.

«Devo parlargli. È urgente. Lei non capisce, io sono...».

«Mi dispiace, ma il Dottor Spell è appena tornato. Ha detto che non vuole visite. Torni a dormire» annunciò, in modo brusco.

«Ma...».

«Torni a dormire, signorina.», sembrava irremovibile.

Ma io, non ero proprio in vena di stare alle regole. Non quella notte. Non dopo ciò che avevo visto. Con uno scatto improvviso mi buttai sulla porta e l'aprii. Il Dottor Spell era seduto dietro alla sua scrivania e alla mia vista si accigliò. Mi fissò per qualche secondo, poi disse alla guardia di portarmi via.

«No!» urlai. «Lei deve ascoltarmi! Penso che Jocelyn stia male».

Bastarono quelle parole per fargli cambiare completamente atteggiamento. Mandò via la guardia e mi fece sedere davanti a lui, sulla poltrona nera. Gli raccontai di come Jocelyn fosse allo stremo delle forze e come, alla fine, non avesse retto il dolore. Avevo davvero paura per lei, paura che non riuscisse più a sopportare come l'Uomo Aldilà la trattasse. Il Dottor Spell non mi interruppe mai e dalla sua espressione non capii cosa pensasse. Io invece, sapevo di avere il terrore dipinto in faccia.

«Torni a dormire, signorina Paradise. Domani sarà una giornata importante» disse.

Sua figlia avrebbe potuto non superare la notte, e lui restava così impassibile? Non sarebbe comunque servito a niente discutere, quindi decisi di tornare in camera mia.

«Buonanotte» dissi.

Mentre salivo le scale, un allarme iniziò a suonare a tutto volume per l'Accademia. Quasi subito, tutti uscirono dalle proprie stanze e corsero di sotto. Allora, da buona osservatrice, li seguii. Molte ragazze piangevano e altre chiedevano a gran voce cosa fosse successo. Ma nessuno lo sapeva. L'allarme non era mai suonato prima, ma la regola stabiliva di dirigersi subito alla palestra. Quale palestra? Beh, sembrava che gli altri lo sapessero, quindi mi fidai di loro.

Una volta dentro, mi sembrò di essere tornata alla sera della festa. Troppa gente in uno spazio troppo piccolo; non si respirava. Inoltre non sapevo dove fossero le mie amiche e se fossero arrivate alla palestra sane e salve. Perché era suonato l'allarme?

Le luci si spensero, seguite subito da parecchie imprecazioni da parte di Allievi spaventati. Poi una ragazza urlò, non molto lontano da dove mi trovavo io. Altri dopo di lei strillarono, ma era troppo buio per capire cosa stesse succedendo. Non vedevo niente, se non le sagome delle persone a fianco a me.

«Quanti ne dobbiamo prendere?» chiese qualcuno con la voce scura.

«Lui ha detto non meno di dodici» rispose qualcun altro.

I rumori erano alternati da silenzio e nuova urla di ragazzi spaventati, quando qualcuno mi afferrò per le spalle. Cercai di scappare, ma uno strano sonno prese il sopravvento su tutto il resto. Prima di chiudere gli occhi, però, mi sembrò di vedere due bellissimi occhi verdi che mi guardavano, come in un sogno.

Il Dono - In viaggio verso l'aldilàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora