Le guardie rimasero sempre al mio fianco mentre camminavamo all'interno dell'Accademia. Ci eravamo arrivati salendo varie scale e scendendone altre. Quell'edificio era un vero labirinto. Il Dottor Spell ci precedeva di qualche metro e da quando eravamo arrivati non aveva fatto altro che indicare le varie porte con il relativo nome della materia che si insegnava all'interno. "Spettronomologia", "Storia dei Nāyaka", "Oggetti Nāyaka", "Scienza della resurrezione", e altre assurdità simili.
Molti parlavano del controllo dei quattro elementi naturali (acqua, fuoco, terra e aria), e altri ancora di cose più differenti. Uno addirittura era denominato "La robotica di zio Cho". Sorrisi, sentendo il nome di quella materia, e continuai a camminare. In quel luogo per ogni sorpresa ce n'era sempre una nuova dietro l'angolo.
«Nel piano terra sono situate le classi. Primo piano, dormitorio maschile e secondo piano, dormitorio femminile. Ci sono domande?» chiese infine il Dottor Spell, fermandosi davanti ad una rampa di scale. Io scossi la testa e lui se ne andò, tornando per la strada da cui eravamo arrivati. Ma che persona... gentile.
«Stanza numero venti» terminò infine, senza voltarsi. Dopo di lui se ne andarono anche le guardie - congedandosi con uno strano movimento delle gambe - lasciandomi da sola.
Salii le scale un gradino per volta, guardandomi attorno e ammirando tutto ciò che non avevo avuto la possibilità di vedere seguendo il ritmo del passo veloce del mio inquietante ospite. Quella parte dell'edificio era molto più bella rispetto a quella in cui si trovava La Corte. L'atmosfera era più calda e cordiale, e mi sentivo come nella mia scuola.
Arrivai al secondo piano in cerca della stanza numero venti. Passando davanti alle varie porte, notai che erano molto decorate e personalizzate. La numero venti era colorata di celeste e aveva attaccato un enorme fiocco rosa con scritto "Buon Compleanno" sopra. Che dovevo fare?
Bussai, ma non sentii alcun rumore provenire da dentro la stanza; quindi girai la maniglia ed entrai.
Quasi subito una sensazione calda mi passò di striscio sulla guancia destra. Urlai e premetti una mano sulla ferita che si era aperta. Il sangue colava dalle dita e molto ne cadde sul pavimento.
«Oddio!». Una ragazza con i capelli grigi si inginocchiò di fianco a me, prendendomi il viso fra le mani e scrutandomi attentamente. Era davvero strana: sembrava che dentro la pelle le scorressero linee di luce, una cosa assurda. Gli occhi castani guardarono preoccupati la mia ferita, mentre la ragazza si tormentava il labbro inferiore con i denti. «Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!», continuò a ripetere. «Giuro che non l'ho fatto apposta! Pensavo che fosse di nuovo Brad e credimi, avrebbe meritato molto peggio di un semplice lampo bianco, ma... Scusa, non smette di sanguinare. Abbiamo bisogno di Ravenna, vieni».
Con il suo aiuto uscimmo in corridoio. Tre porte a destra, si fermò e bussò con la mano aperta. Sentimmo dei passi e la porta si aprì di qualche centimetro. Sulla soglia apparve una ragazza di colore, con lunghi dread castani e occhi color cioccolato. Portava una fascia arancione sulla fronte e un lungo vestito africano che copriva i piedi nudi. «Lisa, cosa c'è? Lo sai che a quest'ora ho l'appuntamento della lettura della mano con Gemma. L'hai fatta scappare dallo scarico del lavandino» disse accigliata. Poi si accorse di me e la sua bocca assunse la forma di una "O". Dovevo avere davvero un brutto taglio... Senza farci aspettare un secondo di più, si spostò dalla porta, facendoci entrare. La sua stanza era addobbata con tappeti indiani e tantissimi oggetti stile new age. Negli scaffali, insieme a vecchi libri impolverati, si trovavano diverse boccette dal contenuto colorato. Delicatamente Ravenna mi fece sedere sul primo letto e, da un mobile in legno antico, prese un panno di cotone bianco. Andò in bagno, lo mise sotto l'acqua per inumidirlo e me lo posò sulla ferita. Nel frattempo prese del disinfettante dall'odore pungente e lo versò sul tessuto. «Non capisco perché non ti limiti a guarirla» rivelò la ragazza che mi aveva ferita, mentre ficcava il naso fra alcune di quelle strane boccette. Ravenna, che delicatamente e con gesti esperti continuò a tamponare il panno fresco sul mio viso, fece un profondo sospiro e alzò gli occhi al cielo. «Quante volte devo spiegarti che non ho ancora fatto l'esame di "Disinfettante"? Prima devo pulire la ferita in modo tradizionale e poi posso curarla. Manca solo una settimana, poi saprò fare anche questo, Lisa», terminò esasperata.
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Il Dono - In viaggio verso l'aldilà
Fantasía[ANTEPRIMA: fino al capitolo 13] Storia vincitrice dei Wattys2016 nella categoria "Tesori Nascosti". Da aprile 2017 in libreria! Il modo migliore per sfuggire alla quotidianità, per Alex, è scrivere storie fantastiche sul suo vecchio quader...