CAPITOLO 5

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Dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, l'uomo gettò arco e faretra a terra, scendendo con agilità dall'albero su cui si era precedentemente appostato. Riprese in mano l'arma caricandosela con cura in spalla, avvicinandosi poi con passo felpato al retro della locanda dove il corpo del servo con una delle sue frecce conficcate nel collo giaceva senza vita in una pozza di sangue. Come sempre la sua ottima mira non aveva fallito. Tuttavia diede un calcio al cadavere per la frustrazione, recandosi successivamente nelle scuderie dietro l'osteria, slegando in fretta il suo cavallo.

Se non fosse stato per l'incompetenza dei soldati del re che non erano giunti in tempo per catturare al mercenario a quell'ora avrebbe già intascato la sua ricompensa. All'inizio il lavoro gli era sembrato semplice: doveva semplicemente seguire un uomo per verificare che non tentasse qualche colpo basso. Quello che però non gli era stato riferito era che il tizio in questione aveva fatto il mercenario, ed era uno dei più richiesti abile anche come sicario e spia. Aveva rischiato di essere scoperto più di una volta perchè Raxor, così si chiamava, era molto cauto e sospettoso.

La notte in cui era fuggito era riuscito a ritrovare le sue tracce per un puro colpo di fortuna, e aveva sperato che uccidendo il suo informatore lasciandolo parlare fino a quando non gli stava per riferire ciò che gli serviva avrebbe guadagnato abbastanza tempo per permettere ai soldati di raggiungerlo, ma con tutta probabilità quegli idioti erano talmente poco addestrati da perdersi solo perchè non si muovevano in pieno giorno.

Si ritrovava così a dover tallonare un pericoloso ma disperato ex mercenario accecato dal dolore per tutto il regno, come se fosse la sua balia.

"Se non si sbrigano a venirselo a riprendere andrà a finire che glielo riporterò io. Morto però." pensò stizzito, montando a cavallo e lanciandolo al galoppo.

L'aria gli sferzava il viso come una miriade di lame affilate, ma Raxor non vi faceva caso. Davanti a lui si ripeteva senza sosta il momento in cui l'uomo era stato trafitto da quella freccia. Era scappato senza pensarci due volte, incurante del destino dell'altro. Era stato così vicino ad ottenere le risposte che voleva, e all'ultimo momento se l'era viste scivolare via dalle mani come sabbia.

Fuggire. Era l'unica cosa che sapeva fare ultimamente. Non che ne andasse fiero, ma in fondo non aveva avuto altra scelta, o almeno era quello che continuava a ripetersi per non lasciare che la parola "codardo" macchiasse il suo orgoglio. Tempo prima non avrebbe esitato un attimo ad affrontare il nemico sconosciuto, tranciandolo poi senza pietà con la sua spada per il semplice fatto di averlo sfidato.

Poi però era arrivata lei, e tutto era cambiato lentamente.

Dopo alcune ore di allenamento con l'ascia, i due si erano seduti sulle enormi radici di un albero secolare situato nella parte occidentale dei giardini del castello. Visto che anche Talya aveva iniziato a reggere meglio l'alcool, avevano condiviso una brocca di vino di prima qualità che aveva portato quella mattina per ristorarsi. Era una giornata tersa e luminosa, una di quelle in cui ci si poteva quasi convincere che il male non esisteva.

Talya aveva appoggiato i gomiti sulle ginocchia, girando la testa verso di lui e sondandolo con quegli occhi verdi simili a smeraldi. -Allora,- gli aveva chiesto con una nota di curiosità nella voce, -me lo vuoi dire perchè sei diventato mercenario? L'hai fatto per la tua famiglia? Perchè se vuoi potrei dare una mano anche a loro in qualche modo.-

Raxor aveva sollevato le sopracciglia, per poi esplodere in una risata amara. -Principessina, dovresti saperlo che i bastardi come me non hanno famiglia.- le aveva risposto mentre lucidava la lama della sua ascia bipenne. -L'ho fatto per i soldi, ecco perchè. Erano tutto ciò di cui avevo bisogno di sopravvivere. E poi,- aveva aggiunto con una specie di ghigno divertito, -hai visto benissimo anche tu che mi piace combattere.

Talya lo aveva squadrato per qualche istante, senza rispondere alla provocazione. Detestava ammetterlo, ma quella ragazza sembrava riuscire a sondarlo fin nel più profondo dell'anima quando lo guardava. Tuttavia non poteva permetterle di scoprire troppo su di lui, c'erano fin troppe cose che era meglio tenere nascoste nell'angolo più remoto e oscuro del suo essere. Le sue origini, il suo passato: erano qualcosa che avrebbe disotterrato solo quando sarebbe giunto il momento.

-Avanti, non fissarmi così male!- aveva esclamato dandole una pacca sulle spalle. -Non dirmi che ti aspettavi una motivazione nobile come "Lo faccio per aiutare i poveri" o cose simili! Insomma, ma mi hai visto? Sono ancora stupito di non averti ucciso non appena ne ho avuto l'occasione il giorno in cui mi hai liberato.-

-Ne avresti a bizzeffe di occasioni per farlo.- aveva commentato serafica la ragazza, detergendosi un velo di sudore dalla fronte. Raxor era rimasto sbalordito per la sua reazione, si sarebbe aspettato tutto ma non certo quello. -Ma sono comunque sicura che non lo farai.-

Il mercenario aveva cercato di sdrammatizzare facendo una smorfia. -Aspetta, adesso non tirare fuori la storiella del "lo so che sei buono dentro in realtà", perchè potresti ritrovarti tutta la mia colazione che ho fatto stamattina addosso!-

Talya aveva sorriso, prendendo poi l'ascia e avvicinandosela al collo. Raxor era scattato come una molla per fermarla, afferrando l'arma e strappandogliela di mano. -Ma si può sapere che ti è preso?!- Aveva il respiro accelerato, e per un attimo aveva provato qualcosa che credeva fosse scomparso. Paura.

Tutto ciò che aveva risposto la principessa era stato: -Come vedi ho ragione.- e si era poi alzata in piedi tornandosene ai suoi alloggi e lasciandolo lì completamente senza parole.

"Possibile che sia cambiato in così poco tempo?" si chiese Raxor riprendendosi da quel ricordo. Più i giorni passavano e più peggiorava: a volte erano solo dei frammenti, ma la maggior parte erano lunghe memorie che gli lasciavano in un senso di disorientamento e spossatezza ogni volta che tornava alla realtà. Sapeva che avrebbe potuto porre fine a tutto quello solo uccidendo una volta per tutte lo stregone, ed era un motivo in più oltre alla vendetta per fare tutto ciò che aveva in potere in modo che ciò accadesse.

Dopo circa due ore intravide il ponte d'accesso che lo avrebbe condotto a Vilya. Quella città da bambino lo aveva sempre affascinato, con le sue mura merlate e gli alti edifici che svettavano come lunghe lance dirette verso il cielo. La riteneva inespugnabile, capace di tenere testa anche al più grande esercito. A quanto pare però un unico manipolo di uomini erano riusciti a distruggere un intero quartiere senza neppure essere visti. Se di semplici uomini si trattava.

Quando si avvicinò maggiormente al lungo ponte di pietra antecedente alle immense porte della città, si rese conto che c'era qualcuno seduto proprio in mezzo all'imboccatura. Fece rallentare il cavallo per poi fermarlo del tutto quando arrivò ad alcuni metri di distanza dall'uomo seduto a gambe incrociate, che sembrava addormentato. Indossava una rudimentale armatura che gli copriva solamente il petto e le cosce, la testa reclinata in avanti e le braccia conserte. Ciò che lo colpì fu una strana fascia nera come la pece attorno al braccio destro, che sembrava emanare un'energia propria, come un alone oscuro.

-Sono qui per entrare a Vilya.- disse Raxor deciso.

Il soldato sollevò lentamente la testa aprendo gli occhi. Non appena il mercenario vide il colore delle iridi portò una mano alla spada, sguainandola.

Due sfere rosse cremisi si posarono su di lui, fissandolo con intensità.

The revenge of the mercenaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora