Capitolo 1

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L'indomani mattina la piazza principale della cittadella era gremita di gente. Tuttavia, a differenza di altri giorni non vi erano solo pezzenti o appartenenti al ceto inferiore intenti a lavorare, anzi; attorno al palco il legno montato al centro bene in vista erano state sistemate persino delle panchine simili a gradinate dove i nobili si sedevano facendo guizzare nervosamente o con una nota di disprezzo lo sguardo.
Non vi era il solito cicaleccio presente perennemente prima di un'esecuzione qualsiasi, bensì un silenzio carico di tensione. Ma in fondo quella non era affatto una normale esecuzione, perchè il condannato non era altri che il re decaduto Mantor. Un nobile del suo lignaggio avrebbe dovuto morire per decapitazione in modo tale da ridurre la sofferenza al minimo, se non fosse stato che le sue accuse erano così gravi da fargli meritare la forza.
-Mantor, figlio di Aghon, per aver tentato di uccidere Sua Eccellenza re Reghan e aver causato la morte di Sua Altezza la principessa Talya, la corte ti ha condannato a morte per impiccagione!- proclamò un servitore con voce tonante leggendo una pergamena color ocra dopo averla srotolata liberandola dal nastro cremisi che la teneva chiusa.
Da quando la notizia della tragedia si era sparsa in città, ovunque si potevano vedere segni di lutto: dagli abiti scuri e i veli portati dalle donne al fazzoletto nero legato al collo degli uomini. Qualche altro regnante sarebbe rimasto sorpreso dal dolore che i cittadini dimostravano così apertamente, in quanto non poteva sapere tutto il bene che la principessa aveva fatto loro. Era la prima a preoccuparsi che nessuno patisse la fame nè i tormenti del freddo, e si recava almeno tre volte alla settimana al piccolo orfanotrofio della cerchia esterna per aiutare le suore, seguita come un'ombra da due guardie.
Era riuscita in ogni caso a sgattaiolare più di una volta fuori dal castello e a mischiarsi non vista tra la gente comune, dando loro una mano come poteva. Nessuno rivelò mai nulla al re, e la cittadella prosperava come non mai.
Quel giorno nei volti della povera gente si rifletteva l'odio verso l'assassino, inginocchiato col capo rivolto verso terra legato al patibolo da alcuni ceppi. Più di una volta venne colpito da alcune pietre scagliate da un punto imprecisato dalla folla, ma le guardie non fecero nulla per evitarlo.
Inizialmente più di qualcuno rimase allibito dalle condizioni di Mantor: non c'era una singola parte del suo corpo scheletrico priva di lividi e tagli. Ma quello che sconvolse di persino alcune guardie fu l'enorme ustione che aveva sul petto e prosguiva serpeggiando fino al volto, rendendolo irriconoscibile. Se lo si osservava con attenzione si poteva quasi intravedere la dentatura, nonostante avesse la bocca serrata.
Re Reghan sedeva su un trono in posizione soprastante, fissando con aria impassibile il prigioniero. Numerose guardie lo circondavano, attente e pronte ad affrontare qualsiasi pericolo. Infatti tra la folla non erano presenti solo membri del regno di Meadow, ma anche i nobili del regno di Lennar che erano rimasti senza re, e che il prima possibile avrebbero dovuto giurare fedeltà al loro nuovo signore. Si agitavano nervosi sulle panchine, temendo di finire anche loro appesi alla forca.
Con un singolo gesto della mano il re diede il via all'esecuzione. Un uomo tarchiato con un cappuccio nero sul capo salì i tre scalini del palco, strattonando con malagrazia il prigioniero facendolo avvicinare al cappio. Gli fece poi infilare la testa attorno al ovale di corda.
In quel momento Reghan parlò. -Non ti chiederò se hai un ultimo desiderio da esprimere, perchè per ciò che hai fatto non meriti alcuna grazia. Spero che quando le porte dell'Inferno si chiuderanno dietro di te patirai per tutti i peccati comessi e per la sofferenza che hai causato.- La voce rimase salda durante il discorso, ma chiunque poteva percepire la rabbia e il dolore dell'uomo rimasto senza più nessuno al suo fianco. Mantor non sollevò neppure lo sguardo verso il suo acerrimo nemico, quasi non si rendesse neppure conto di quello che gli stava accadendo. Sembrava svuotato, un involucro vuoto che prima conteneva un pericolosissimo serpente velenoso.
Quando il re tacque, il boia si avvicinò al lato del palco, afferrando la leva e tirandola con forza, facendo così aprire la botola sotto i piedi del condannato. Il corpo si agitò convulsamente per i primi minuti, le mani che tentavano invano di allentare la stretta della corda attorno al collo. Della saliva uscì dalla sua bocca, dalla quale non uscì neppure un gemito.
Raxor osservava la scena da una finestra del castello. Non aveva ritenuto saggio unirsi alla folla, temendo che qualche suo ex padrone potesse riconoscerlo additandolo come personaggio. Dopo aver raccontato a Reghan di come Talya lo aveva ingaggiato salvandolo da morte certa in cambio di fungerle da maestro, il re lo aveva accettato senza alcuna riserva. Due uomini completamente diversi, uniti dall'affetto per la ragazza e dallo strazio che provavano per la sua perdita. Credeva che avrebbe provato gioia nel vedere morire quel maledetto animale, ma in realtà non sentì nulla.
Nel momento in cui alcuni soldati accorsero per togliere il cadavere e buttarlo in una fossa lontana in terra sconsacrata, si accorsero che gli era stata tagliata la lingua.

The revenge of the mercenaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora