Capitolo uno

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Harry scuote la tessa, e la sua massa di ricci sudati si sposta sul lato destro, lasciando libera più pelle del collo da baciare all'uomo dietro di sé. Non riesce a riconoscere la canzone che forte assorda i suoi timpani, eppure fa parte della solita lista della musica di quella solita discoteca. Stessi colori, stesse odori, stesso dolore. Il senso del nulla, del vuoto assoluto, lo stava pervadendo di nuovo.

Si lascia stringere forte i fianchi dallo stesso uomo che insistente succhia una parte troppo delicata sotto l'orecchio e chiude gli occhi, per riuscire a mandare giù una strana vertigine. Sente il bacino dello sconosciuto premere contro il suo di dietro e forse, anche se non ne è sicuro, vuole cacciarlo via. Ma non ne ha le forze. Delle mani gli alzano la canottiera bianca e sempre le stesse mani arrivano dritte ai suoi capezzoli. Quello doveva essere il suo limite, eppure si limita a sorriderne in modo incontrollato.

Ha caldo e inizia a vedere le cose davanti a lui a rallentatore. Non ricorda di aver preso una pillola anche quella sera insieme al suo cocktail, però sa che quella sensazione non è lucidità. Non è purezza. E soprattutto non è salute.

Due piccole mani pallide gli corrono in salvo.

Non capisce dove sta venendo trascinato, ma riconosce i capelli ricci di Michelle. Sorride di nuovo, sentendosi per un piccolo e breve istante al sicuro. In salvo. Ma la realtà è un'altra.

<<Harry, cos'hai preso sta volta? Cazzo, non puoi andare avanti così.>>

Gli sembrano dei rimproveri quelli, ma non ci si sofferma molto. Soprattutto appena entrano in bagno, e le luci bianche al neon lo accecano. Lucidi e rossi, i suoi occhi brillavano in un modo spaventoso.

<<Io...non lo s->> strattona con una forza improvvisa Michelle, e aprendo tremante un cubicolo, si accascia davanti al gabinetto.

Le sue mani non riescono però a prendere in tempo i capelli, che ricevono schizzi di vomito. Michelle alle sue spalle corre immediatamente in soccorso, alzandolo appena finito e portandolo al lavandino.

<<Ti sei sporcato tutto>> dice lei, questa volta in tono premuroso a dispiaciuto.

Gli pulisce con dell'acqua fredda la bocca, che molle si schiude e sposta in base ai suoi tocchi delicati. Riesce a togliere anche qualche goccia di alcool finita suoi capelli, che lui con lentezza si cura di riportare all'indietro.

<<Sto bene>> annuncia.

<<Harry, stavi per farti fare da un uomo di cui non sai neanche il nome cose che non voglio neanche immaginare. Come puoi dire di stare bene?>>

<<Volevo solo...ballare>> risponde in stato confusionale.

Un altro conato sembra prendere vita nella sua gola. E appena il respiro accelera, è sicuro di morire. Vomita nel lavandino questa volta, con le lacrime che prendono a scorrere come fiumi in piena sulle sue guance, e le mani più rapide di Michelle a tenergli la testa. Tremava, e non sapeva ancora quanto avrebbe resistito.

<<Mi fa male il petto>> gracchia, prima di tossire.

Il cuore batte forte, incontrollato e senza sosta. Sembra debba scoppiare ma Harry prova a calmarlo, nonostante le lacrime non smettano di scendere e non aiutano il suo intento.

<<Andiamo a casa, vado a chiamare gli altri e li avviso che...anzi no, gli mando poi un messaggio, andiamocene.>>

Harry non ricorda più niente di quella notte, solo le braccia esili di Michelle che provano a reggerlo. Poi il nulla. Com'era diventata ormai la sua vita.

-

Si sveglia in un letto a lui sconosciuto non appena apre gli occhi, ma che guardando meglio può ricordarlo come quello di Michelle. Non riesce a sentire niente, solo un fortissimo, dolorosissimo male alla testa. Delle chiacchiere rimbombano nella sua testa. Sono voci famigliari, è sicuro di averle già sentite. Solo dopo qualche minuto capisce che non sono frutto della sua immaginazione ma che provengono dalla cucina.

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