08. L.A Hallucinations

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Brian e Adam stavano tornando a casa. Durante l'intero tragitto però, non avevano parlato. Nemmeno una parola. Adam stava pensando a sua madre: finalmente, dopo più di sedici anni avrebbe potuto conoscerla.

Brian, vedendolo pensieroso, non aveva voluto disturbarlo. Aveva cominciato a pensare anche lui. I suoi pensieri però, erano diretti a quello che era successo la sera prima.

Passato tutto il giorno a comporre musica, e tra vari trambusti, avevano deciso di uscire. Non sarebbe stata un'uscita qualsiasi, avevano scelto un locale, a intuizione, che li aveva stuzzicati sin dall'insegna: "L.A. Hallucinations".

Entrarono e quel che videro fu una sorpresa per entrambi: un locale gay – fiendly, che presentava casi umani di eccessiva disperazione (la definizione che aveva dato Adam aveva fatto sorridere Brian). Si erano seduti, avevano preso da bere. Dopo tre drink, Adam cominciava a non sentirsi troppo bene, e si lamentava continuamente. Dopo aver rimesso la prima volta, Brian decise di accompagnarlo in bagno.

Ritornati al locale, però, Adam aveva ricominciato a bere un drink dietro l'altro. L'alcool gli entrava dentro e lo rendeva più vulnerabile, stava distruggendo la sua corazza, costruita con molta cura e fatica durante gli anni trascorsi in orfanotrofio. Aveva cominciato a straparlare, il suo senno era probabilmente andato perduto da qualche parte, in quel locale.

Seduti su un divanetto, Adam e Brian osservavano gli altri e si meravigliavano di come loro fossero in grado di vivere la loro realtà come fosse normale. Loro non erano mai riusciti, si erano nascosti sempre dalla gente. Avevano forse paura, paura di essere accettati dal mondo. Non avevano mai parlato a nessuno di questo.

Adam si era appoggiato a Brian, stava per crollare. Era ora di andare a casa e farlo dormire, penso Brian mentre cautamente trascinava Adam fuori dal locale. Lo fece sedere in macchina, poi lui cominciò a guidare. Osservava il cielo stellato di New York, così usuale ma altrettanto fantastico. Pensava a quanto sarebbe stato bello condividerlo con qualcuno. Ripensò alle sue esperienze passate, agli errori che aveva commesso, e gli vennero in mente le parole che gli aveva detto una sua cara amica:

"Devi guardarti allo specchio, la mattina, e non devi dirti che non sei speciale, o non sei abbastanza, o che non sei fantastico. Ti dirò io quello che non sei: non sei l'opinione di qualcuno che non ti conosce realmente; non sei un danno solo perché commetti degli errori nella tua vita. Ecco cosa sei: la tua definizione di bellezza e utilità, ecco cosa sei. Sei qualcuno che è diventato più saggio perché ha commesso degli sbagli, non sei 'un danno' sei solamente 'più saggio'. Non si tratta di perfezione, si tratta di 'darsi da fare' e superare le situazioni".

I suoi pensieri vennero interrotti bruscamente da Adam, che si stava svegliando dal sonno, ancora intontito.

-Ci possiamo fermare un attimo? – aveva chiesto

Brian parcheggiò la macchina, dopo di che Adam si diresse verso un parco. Arrivato, si sedette a terra, sul prato, alzò gli occhi al cielo, e cominciò ad osservare le stelle.

-Sono davvero bellissime, questa sera –

Brian gli si era avvicinato, si era seduto, ma si era mantenuto ad una certa distanza. Nella sua testa stavano cominciando a frullare strani pensieri, e voleva farli rimanere tali.

-Non so davvero come ringraziarti – disse Adam, avvicinandosi – se non ti avessi avuto vicino non so come avrei fatto –

Brian non rispondeva. Era troppo troppo, troppo spaventato. Il colorito rossastro delle guance di Adam lo rendevano ancora più bello, aveva pensato Brian. Più bello di quanto non fosse già.

Lo convinse ad andare a casa, quindi lo rimise in macchina.

Una volta arrivati a casa lo fece sdraiare nel letto. Una volta che Adam fu sistemato, Brian stava per uscire...

-Dove stai andando? – chiese Adam

-A dormire, dove altrimenti? – aveva risposto lui

-Vorrei che stanotte dormissi qui con me –

-Non posso –

-Sì che puoi, ti do io il permesso – sul volto di Adam era spuntato un sorriso malizioso

Brian era stato messo alle strette: fu così che tolse i vestiti e si mise a dormire dall'altra parte del letto.

In quel momento Adam si girò di scatto e si avvicinò.

-Buonanotte, allora – disse Brian

-Buonanotte – disse Adam, dopo averlo baciato

Brian era sconvolto. Non sapeva se giudicare quell'azione come una conseguenza dell'instabilità di Adam o come azione voluta. Si girò e cominciò a dormire, mentre Adam si addormentava, abbracciandolo, come fosse il suo pupazzo preferito.

La mattina seguente, Brian si era svegliato prima di Adam, o meglio, non aveva chiuso occhio.

Si era alzato, aveva spostato Adam dalla parte opposta del letto, si era alzato, vestito e aveva atteso il suo risveglio. Aveva deciso che non avrebbe parlato di quello che era successo. Non voleva soffrire, non di nuovo. Aveva deciso che avrebbe imparato a bastarsi.


Ecco, seppur dopo un po' di tempo, il  nuovo (anche se breve) aggiornamento :)
F I N A L M E N T E qualcosa è successo, anche se...
Spero vi piaccia come si sta svolgendo la storia, ormai la verità è quasi scoperta! Manca...poco.

Come vi dissi, la canzone e l'atmosfera sono ispirate dall'omonima canzone di Carly Rae Jepsen, contenuta nel nuovo album, EMOTION. Vi lascio il link sopra, ascoltatela mentre leggete il capitolo!

A presto!

Giovanni


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