Federico si era sempre reputato un ragazzo maturo, uno di quelli in grado di prendere le sue responsabilità ed affrontarle con la stessa prontezza con cui affronta ogni singolo problema. Da qualche mese però questa concezione che aveva di sé si era sgretolata man mano, fino a ribaltarsi completamente. Il piano inclinato era stato azionato da un commento ascoltato per caso, di suo padre verso quello che stava combinando della sua vita – "che razza di strada sta prendendo quel fallito?" – e subito dopo la sua ragazza quasi storica lo aveva mollato, senza una ragione, da un giorno all'altro, dopo che il tatuato aveva fatto i salti mortali per lei, per portarla al di fuori del suo di tunnel, senza immaginare che lo avrebbe gettato nel burrone appena dopo quello da cui l'aveva tirata fuori. La mancanza di spiegazioni, la mancanza di persone vere con cui parlare, la mancanza di una ragione per alzarsi la mattina, la mancanza di autostima, lo stimolo a finire sempre più giù. E il "sempre più giù" era arrivato una mattina di fine agosto, quando sua madre era entrata nella sua camera lasciandogli una boccetta bianca con un nome impronunciabile scritto sul lato ed un bigliettino:"Fai delle ricerche, credo facciano al caso tuo". Le pillole in questione, come aveva in seguito letto in alcune ricerche, erano antidepressivi, niente di troppo forte, ma abbastanza per farlo sentire un malato di mente, qualcuno realmente bisognoso di aiuto e non soltanto un semplice adolescente come si definiva prima di quel giorno. E ci aveva messo tempo ad accettarle, ad accettare di averne bisogno, ma poi le aveva prese, tre per volta, e giorno dopo giorno le persone attorno a lui erano diventate più gentili, meno insopportabili, tutto meno doloroso. Eppure si sentiva un debole, ogni volta che ingeriva quelle pillole si sentiva davvero un fallito, uno scarto, un qualcosa di malato che necessita di essere messo a nuovo per funzionare bene. E nemmeno Mika avrebbe potuto fare qualcosa ora, perché quelle pillole hanno vinto la mente di Federico rendendolo una sorta di pulcino spaventato da tutto, anche da un bacio che era stato il più bello della sua vita, per inciso.
Ma tutto questo Michael non può di certo sapere; nelle conversazioni col più piccolo questo non ha mai lasciato trapelare qualcosa circa questo, si legge una stana sofferenza nei suoi gesti, nel suo tono, nel suo sguardo, ma nulla che faccia pensare a qualcosa di così basso come la depressione, come l'autodistruzione. Per il libanese è un concetto inconcepibile: chi mai potrebbe volersi così male a soli sedici anni? Lui l'adolescenza l'aveva vissuta incastrato in una generazione spensierata e che pensava più a divertirsi che a farsi del male, ed ora pensava che le cose non fossero cambiate, che tutt'oggi i ragazzi vivessero quello che lui aveva vissuto dieci anni prima circa. E così, dopo qualche giorno passato a rimuginare sull'accaduto e a portarsi il giubbotto del minore al naso per inspirare il suo profumo si era deciso a farsi avanti.
E' sabato mattina, sono le 07:30, e Michael è davanti casa di Federico, poggiato conto al muro del palazzo in attesa che il più piccolo scenda di casa per raggiungere scuola. Ha in una mano il quaderno del ragazzo, che in quei giorni non ha sfogliato nonostante la voglia di farlo fosse tanta, in uno zainetto ha sistemato invece il giubbotto e tutto quello che il tatuato gli aveva lasciato quel giorno. Okay non tutto, insomma sarebbe stato come perdere ogni cosa di lui, così si era tenuto la clipper colorata del diciassettenne che in quel momento esce dal portone del condominio; ha un paio di cuffie nuove, Federico non riesce a starci senza cuffie, e non indossa alcun giubbotto, lui direbbe che è perché il freddo se lo porta dentro. Non appena nota Michael, le sue guance si tingono di rosso e lo sguardo si abbassa mentre sfila le cuffie, avvicinandosi al più alto che nonostante tutto gli sorride, non potrebbe non farlo, semplicemente gli è impossibile.
-"Ciao..."
-"Hi, io pensava avere tue cose, so..."
Lo sguardo di Federico si sposta sul quaderno, e i suoi occhi si sgranano appena, facendo andare a finire i denti nel labbro inferiore; sapeva che Michael non lo aveva letto, o almeno ci sperava, ma vederlo nelle mani di qualcun altro gli metteva una stana ansia addosso, ansia che il più grande nota da subito, passandogli immediatamente il quaderno.
-"Non ho letto, anche sse avvrei voluta."
-"Magari un giorno te lo farò vedere io..."
-"Yeah, io volere questo.. non ha freddo?"
-"Con te di fronte?"
-"Io non capisce come tu passa da triste e impaurita a sfacciato e... impertinent!"
-"Non lo so nemmeno io... in un certo senso la tua presenza mi rilassa e mi agita allo stesso modo."
-"Tu sembra più rilassata ora."
-"Smettila di fare lo psicologo con me."
-"Ouh, andiamo, ti accompagna!"
Michael spinge Federico, passandogli poi il giubbotto che aveva nello zaino, spiegandogli mentre camminano che ava messo tutto nelle tasche, tranne una piccola cosa che non intendeva dirgli, avrebbe dovuto scoprirlo da solo. E' piacevole camminare insieme fino al Berlin, dove Mika deve aprire il locale e salutare frettolosamente Federico che corre via per il ritardo urlandogli la promessa di chiamarlo appena esce da scuola. E sembra che non sia successo nulla prima di questa giornata, sembra che non ci sia stato nessun bacio, o che ce ne siano stati miliardi, di baci, dal modo in cui quella mezz'ora è passata.
Tutto questo porta Federico a pensare. Sono quelle pillole o è Mika ad essere così giusto per lui da farlo sentire bene? Da tirare fuori dal suo corpo ogni singola paura per trasformarla in forza allo stato puro, sangue nuovo, come recita una canzone il cui testo arriva a Mika, alle 10:48 di quella mattina, dal suo diciassettenne preferito.
"Se il mondo muore davanti a noi
Tu sei al centro di me
Sangue nuovo che tu mi dai
Tu sei al centro di me
In equilibrio
[...]
Poi ti cerco, ci divide il filo di un rasoio
Non so che cosa voglio, e se domani muoio
Tu portami dentro
Io che vado da 0 a 100
[...]
Una poesia, pura algebra
Quando non sei più un bambino
Scopri che il mondo fa schifo
Ho scritto delle canzoni
Per cambiare il mio destino
Esco dalle situazioni
Fammi stare in equilibrio
E se questo cielo esplode
Ora qua davanti a noi
E se questo impero cade
E tu non sai più chi sei
Tu sei l'unica sostanza
Di cui ora mi farei."
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Argilla.
Romance"Quale motivo tu è ancorra qui?" "Ti sto studiando." La risposta del ragazzo lascia interdetto per un attimo il più grande, che dopo poco però gli rivolge un sorriso luminoso e annuisce, chiedendogli di aspettarlo; così, un'ora dopo, sono seduti su...