All'università

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Odiavo la sveglia, soprattutto alle sei e mezzo del mattino. Mi svegliai tutto intontito, il filexat mi offuscava i pensieri. Feci una doccia rapida e andai in stazione senza nemmeno fare colazione.
Dopo pochi minuti, stranamente in orario, arrivò il treno che portava a Napoli.
La mezz'ora trascorsa nel treno, fu come spesso era accaduto nel semestre precedente, molto stressante. All'andata non riuscivo mai a trovare un posto libero, dove sedermi, e mai una volta che non ci fosse puzza di sudore già dalle sette del mattino.
Scesi all'ultima fermata, Portanolana. All'uscita della stazione c'erano dei pullman che facevano fermate poco distanti dalla facoltà che frequentavo, però preferii percorrere il tratto stazione – università a piedi. Sempre meglio una bella passeggiata che un pullman affollato.
Arrivai con un po' di anticipo in facoltà, che poi chiamarla facoltà era sbagliato, si doveva dire dipartimento, non che facesse molta differenza.
L'ambiente universitario non mi piaceva per niente. Non mi piacevano le persone del mio dipartimento, soprattutto i ragazzi, erano tutti troppo altezzosi e montati, o troppo fessacchiotti per i miei gusti.
Il professore di latino arrivò perfettamente in orario.
<< Salve a tutti e buon anno accademico. Io sono il professor Amedeo Leone, vostro insegnante di letteratura latina. >>
Dopo dieci secondi di presentazione era già immerso nella sua noiosissima spiegazione. Non ho mai amato il latino, fin dalla prima volta che mi fu accennato in scuola media.
Le due ore di lezione si trasformarono in un'eternità.
Alle dieci venne il turno di letteratura italiana. Furono due ore di lezione molto più interessanti di quelle precedenti, e poi il primo giorno del semestre terminò con due ore di storia moderna.

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