Di nuovo Jasmine

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La domenica pomeriggio trascorse nella monotonia più assoluta. Alternavo in continuazione divano-poltona-tv, divano-poltrona-tv e ancora divano-poltrona-tv.
Di sera andai di nuovo al Just con Riccardo, e riuscii ad annoiarmi anche lì.
A differenza della sera precedente bevemmo molto meno, appena una birra ciascuno.
Tornato a casa, mangiai un panino in fretta e furia, e poi, come sempre, andai in camera mia. Persi un po' di tempo tra facebook e whatsapp e poi decisi che era ora di provare a dormire.
Fu una delle notti più brutte della mia vita.
Aprii il secondo cassetto della scrivania e presi il filexat. La boccetta era vuota. L'avevo finito e non me ne ero accorto. Avere il filexat sempre a disposizione mi dava sicurezza. Da quando avevo iniziato a farne uso, non mi era mai capitato di rimanere senza, e già l'idea di non averlo fu un vero dramma.
Andai nel panico. Iniziai a tremare come una foglia. Mi sdraiai sul tappeto della mia camera, accessi la televisione e provai a calmarmi. Dopo quella che doveva essere stata circa mezz'ora, entrai in uno stato di dormiveglia, dal quale mi destai di soprassalto, col cuore che batteva all'impazzata. Ero nel bel mezzo di una crisi di panico. Iniziarono ad affiorare i fantasmi della mia mente. Vedevo una strada piena di negozi, gente che scappava in ogni direzione, e lei, che giaceva a terra in una pozza di sangue. Rivivevo la stessa scena ogni volta che avevo un attacco di panico. Era una sensazione bruttissima.
Ormai vivevo nel vortice formato da ansia e depressione da due anni.
Prima conducevo una vita normale come ogni ragazzo della mia età, poi un giorno, all'improvviso, tutto è cambiato. Tutte le paure e le angosce del mondo mi sono precipitate addosso.
La mia mente mi spaventava e mi condizionava ad avere una vita limitata. Mi sentivo impotente, non avevo la forza di reagire.
Passarono diverse ore, fin quando dalla finestra iniziò a filtrare qualche raggio di sole. Fu in quel momento che incominciai a tranquillizzarmi. Mi sdraiai sul letto e mi addormentai.
<< Luigi, svegliati >> era la voce di mia madre. << E' tardi, devi andare a seguire i corsi. >>
<< Cosa? >> Chiesi mezzo addormentato.
<< Sono le sette meno venti. Fra venti minuti hai il treno.>>
<<No mamma, oggi è sciopero. >> Mentii.
<< Sicuro? >>
<< Si mamma, sicuro. Ora lasciami dormire. >>
Chiuse la porta e mi riaddormentai.
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Gli altri giorni trascorsero nella solita routine. Studiavo, andavo agli allenamenti e trascorrevo qualche ora in palestra.
Comprai di nuovo il filexat, e il pensiero di riaverlo mi rendeva molto più tranquillo.
Poi di giovedì mattina quella dannata sveglia suonò di nuovo alle sei e mezzo.
Era una giornata piovosa, ma nonostante la pioggia, la temperatura era molto gradevole già dalle prime ore del mattino. La pioggia però mi metteva da sempre molta tristezza. Il mio umore variava in base alla situazione meteorologica. Ho sempre amato il caldo, il sole, l'estate e il mare.
Quel giorno il professore di latino non venne a lezione, e approfittai delle due ore libere per studiare storia medievale, che era uno dei quattro esami del primo anno, da recuperare.
Davanti a me, c'era un gruppetto di fastidiosi maniaci dello studio. Riuscirono a parlare per due ore intere di regole grammaticali latine. Dopo le lezioni di letteratura italiana e storia moderna, che come sempre furono molto interessanti, mi recai in stazione.
Il treno sarebbe partito dal binario quattro. Era ancora semivuoto e quindi occupai posto. Col passare dei minuti il treno iniziò ad affollarsi.
Pochi secondi prima della partenza entrò Jasmine. Non mi sarei mai aspettato di vederla ancora. Ero incredulo.
Si guardò intorno, quasi stesse cercando qualcosa, e poi i nostri sguardi s'incrociarono.
<< Ciao Luigi. >> Mi disse avvicinandosi.
<< Ciao Jasmine. Cosa ci fai qui? >>
<< Il giovedì a scuola è sempre una tortura, e quindi come giovedì scorso, ne ho approfittato per fare un po' di shopping.>> E come fece esattamente una settimana prima, mi mostrò le buste che contenevano i suoi acquisti.
<< Che ci fai ancora in piedi? Siediti qui, vicino a me. >> Le dissi.
Si sedette sul seggiolino alla mia sinistra e sistemò le buste con gli acquisti ai suoi piedi.
Questa volta, quella timida e impacciata sembrava essere lei. Era molto meno loquace rispetto a sette giorni prima.
<< Ah Jasmine, cosa volevi quando io scesi dal treno e mi chiamasti, affacciandoti dal finestrino? Il rumore delle rotaie non mi fece sentire nulla. >>
<< Io ... io volevo solo dirti che speravo di incontrarti ancora. >> Arrossì e abbassò lo sguardo.
<< In questi giorni ti ho pensata molto spesso >> le dissi guardandola negli occhi. << E speravo davvero di incontrarti di nuovo. >>
Arrossì ancora una volta.
<< Davvero? >> Mi domandò con un tono di stupore nella voce.
<< Sì. Davvero. >>
La mezz'ora trascorsa nel treno volò via, proprio come la prima volta che la incontrai. Poco prima di scendere, le chiesi il numero di cellulare.
<< Puoi lasciarmi il tuo numero? Così almeno potrò risentirti senza sperare di incontrarti in un treno. >>
Senza pensarci un attimo, iniziò a dettarmi il suo numero.
Il treno si fermò. Dovevo scendere.
<< Allora ci sentiamo a breve ok? >>
<< Quando vuoi. >> Rispose.
<< Ciao Jasmine. >> Le diedi un bacio sulla guancia, e per la terza volta in poco più di mezz'ora, arrossì.

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