capitolo 3

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-Dio non lo sopporto!Non so neanche perché ho accettato!  Esclamai furiosamente. Lacey mi guardò e ridendo rispose:
-Perchè ti piace!
Arrossii  violentemente
-Lacey!
-Scherzavo,scherzavo. Però devi ammettere che sareste bene insieme. Vi scippo già! La "Jackrya!"
Guardai la mia migliore amica male che ricambiò lo sguardo ridendo.
Era venerdì sera, ed io ero a casa di Lacey a prepararmi secondo i suoi consigli. Mi fece mettere un vestito bianco, cosa che accettai facilmente purché non mi facesse mettere i tacchi. Così misi le mie amate converse bianche. Mi truccati leggermente, solo mascara e matita nera. I miei capelli rossici li sistemai in una morbida treccia.
Jackson fu puntale.
Salutami Lacey e scesi le scale, per arrivare alla sua macchina.
Dovevo immaginarlo! Per essere uno sbruffone doveva pur essere ricco.
Davanti a me trovai una Porsche argento, con lui appoggiatoci sopra.
-ma quanto siamo belle stasera! Credevo di aver capito di non piacerti!
-ma infatti ti odio, è stata Lacey a costringermi.
Gli feci una smorfia e lui rise.
Mi aprì lo sportello anteriore e disse:
-avanti bella addormentata..
Sbuffai e salii.
Quando arrivammo rimasi sbalordita nello scorgere il ristorante. Era di lusso, grande e bianco, e aveva l'aria di permetterselo solo i miliardari.
-beh se volevi sorprendermi, ci sei riuscito.
Lui mi guardò e rise.
-ho prenotato tutto il ristorante per noi. Allora, signorina Spiegelman, dove si vuole sedere?
-Oh per me va bene ovun... aspetta, aspetta, aspetta. Come mi hai chiamato?
Arrossi violentemente. Ma quanto era impertinente lui?
-il mio cognome è Stevenson!
-e il mio Spiegelman, quindi? Vorresti dire che non mi vuoi tutto per te?
- beh, ora che ci penso.. NO!
-ma come sai mentire bene, signorina Spiegelman.
Ma lo fa apposta? Camminano più velocemente possibile verso un tavolo qualunque e mi sedetti.
Lui rise dinuovo.
-posso sapere cosa ti fa ridere? Non fai altro che guardarmi e ridere.
-scusa, scusa. È che sei dolcemente buffa quando fai queste facce. Non so se mi spiego, sei dolce e buffa allo stesso tempo.
Lo guardai storto.
-io non sono dolce.
-e invece si.
-ti dico di no.
-eio ti dico di si.
Gli lasciai vincere il capriccio, giusto per non sentirlo più.
Passammo la serata discutendo del più e del meno. Scoprii che in fondo era simpatico, e che non era così narcisista come credevo.
Alla fine mi accompagnò a casa.
-mi ha fatto piacere, uscire con te.
Ammisi con riluttanza
-quindi si potrebbe rifare?
-non lo so..
Dissi sorridendo. Lui alzò l'angolo destro della bocca:
-come sarebbe a dire 'non lo so' ?
-sarebbe a dire che dipende da te.
Risi, vedendolo perplesso.
-si è fatto tardi, buonanotte.
-posso darti il bacio della buonanotte?
-mm.. no?
Risi:- o almeno per ora no.
- buonanotte bella addormentata.
Salì in macchina e partì, lasciandomi lì, sotto casa, a guardarlo andarsene, mentre la mia mente elaborata svariate fantasie su un possibile 'noi'.
Quando misi piede dentro casa, trovai l'inferno.
Mio padre è Grace erano a cena, Katie in discoteca..
In casa non c'era nessuno, io sono stata l'ultima ad andar via... la casa era tutta in ordine.. Allora perchè trovai tutti i mobili rovesciati, i quadri e i vetri di alcune finestre rotti? Salii i gradini e andai di sopra, dritto in camera mia. Mi venne un groppo quando vidi i risparmi di una vita, l'unica mia possibilità per potersene andare, spariti. Urlai dalla frustazione. Corsi in altre stanze per vedere cos'altro avevano preso i ladri. Rimasi a bocca aperta. In cuor mio, però, nutrivo una piccola speranza. Tornai in camera mia, mi sedetti a terra e alzai il tappeto. La speranza andava via via scemando. Levai un'asse lenta dal pavimento. La speranza non c'era più. Avevano rubato l'anello di mia madre, e tutta la sua roba preziosa che conservano dalla sua morte. Presi il telefono e con dita tremanti chiamai papà.
Rispose al terzo squillo.
-pronto, papà?
-Arya, sei tornata a casa?
Rimasi in silenzio per alcuni secondi, mentre lottavo contro le lacrime. La tentazione del piangere era forte, mi faceva male il petto, un dolore forte, assordante.
-Arya, che è successo?
Degluttii a fatica.
-ci hanno derubati, papà. Sono entrati, e hanno messo a soqquadro la casa. Hanno preso i ricordi di mamma, papà!
Tremavo. Ringraziai i santi per stare già seduta sul pavimento, o sarei crollata.
Papà cercò di tranquillizzarmi.
Tornò a casa più in fretta che potè. Appena mise piede in casa rimase spiazzato pure lui. Mi venne in contro e mi abbracciò. Mio padre chiamò la polizia e denunciò l'accaduto. Io chiamai Lacey.
-beh, Arya, ma ti rendi conto dell'orario?
-scusa. Ho bisogno di parlare.
Si accorse subito, dal mio umore, che qualcosa non andava.
Le raccontai tutto e lei comprensiva, mi chiede se non volessi andare a dormire a casa sua.
Vi andai, e vi dormii per una settimana.
A scuola facevo fatica a concentrarmi e quando avevo un minuto libero mi perdevo nella mia mente che fantasticava da Jackson ai ladri.
Jackson mi inviava continuamente messaggi, ma sapevo che se avrei voluto uscire viva da quel periodo, non sarei dovuta cedere alle tentazioni, e così mi consolai col pensare che a Jackson non piacevo realmente. Mi dicevo che a Jackson interessavano le ragazze facili. Aveva bisogno di una distrazione, e quella ero io. Voleva giocare.
Mi ripetevo che fra di noi non sarebbe mai potuto accadere nulla, il mio cervello credeva di avere il pieno controllo, ma il cuore gli sfuggiva. Il cuore batteva sempre più forte ad ogni suo messaggio. Anche il mio stomaco si ribellava, sentivo una sorta di solletico interno, le cosiddette farfalle nello stomaco. Ma non potevo pensare a lui.

Poco tempo dopo, ero ancora viva ed integra. Mi ero lasciata l'accaduto alle spalle. Avevo voglia di cancellare quel periodo dalla mia vita, e per farlo dovetti ricominciare tutto d'accapo. Quando ti viene tolta una parte importante dalla tua vita, ti sentirai vuota anche quando te ne leveranno una piccola. È così. Magari poi mi ci sarei abituata.
Quel pomeriggio decisi di rimanere a casa per leggere un buon libro e rilassarmi, dato che in casa non c'era nessuno.
Mi sdraiai sul divano e presi il mio libro preferito, nonostante l'avessi letto già una decina di volte. Aprii il libro, e ne fui subito rapita, cosa che accadeva ogni volta che lo leggevo. Hunger Games sapeva prendermi come pochi e io mi ci ero affezionata. Leggevo molto in fretta. Ero arrivata alle quindicesima pagina quando suonò il campanello.
Andai ad aprire la porta, e rimasi sorpresa nel vedere chi fosse.
-ehi Jackson.
-ehi, Arya posso entrare?
-perchè? 
-perchè ti devo parlare di cose importanti e non credo sia il caso di farlo fuori, visto come sei vestita. Abbassai lo sguardo e solo allora mi accorsi che indossavo il pigiama, cosa che non sarebbe poi tanto imbarazzante, se non avesse disegnato addosso degli orsacchiotti. Per poi non parlare dei miei capelli.
-entra, veloce.
-bel pigiama. Ti sta bene.
Sorrisi ironica.
- aspetta qua.
Corsi in camera e mi misi la prima cosa che trovai.
Scesi saltando gli scalini a due a due.
-che volevi?
I suoi occhi blu erano fissi su di me. Sorrise.
-Smettila.
-di fare cosa?
- di fare quello stupido sorrisetto, che abbinato ai tuoi occhi fa innamorare le ragazze. Con me non attacca.
Mi sedetti sul divano esasperata.
-parla.
-okay..
Si sedette affianco a me e si passò le mani sudate, sui jeans.
-sono venuto qui per sapere perchè mi eviti. Non rispondi ai messaggi non ti fai sentire e non mi saluti neanche.
-perchè non ne ho voglia.
Cercai di sembrare disinvolta ma il cuore stava ancora disubbidendo al cervello, sembrava volesse uscire dal petto.
-Arya, so che non è la verità. Ti interesso, lo so. Okay non mi ami, ma ti piaccio almeno un po'.
-convinto.
-Arya smettila di mentire a me, a te stessa e a tutti.
Non ce la feci, sbottai:
-e se anche fosse? Cosa ti importa di me?
Sarei solo un gioco, un passatempo per te. Non potrei mai piacerti. Non sono quella ragazza che tutti vogliono. Io leggo libri e guardo serie tv, passo giornate intere davanti al computer con tanto di patatine, non in discoteca. Sono mezza depressa, ho gli sbalzi d'umore e non posso essere  considerata normale.
Lui mi si avvicinò, ma io mi scansai.
-tu mi piaci proprio per questo. Tu sei unica. Giuro, non sei solo un gioco per me. Credo di amarti. Non lo so, questa situazione è difficile per me. Cristo.
Si passò entrambe le mani sul volto e sospirò.
-non mi sono mai aperto sui miei sentimenti con una ragazza. Di solito sono loro a farlo non io.  Ma non importa. Il fatto è che da quando ti ho visto a scuola, hai subito catturato la mia attenzione. Poi però, ti ho vista debole, mi  sono accorto che stavi male, e così mi sono avvicinato per vedere se fosse tutto okay. Probabilmente non mi hai neanche sentito, che sei svenuta tra le mie braccia.
Durante quei minuti avevi un'aria beata. Eri bellissima.
Nel momento stesso in cui sei caduta tra le mie braccia ho pensato 'ho appena incontrato la ragazza con cui voglio passare tutta la mia vita'.
Ed ora mi vedi qui, quasi supplichevole a chiederti una possibilità. Ti prego, una sola.
A sentire quelle parole il mio cuore sprofondò. Era dolcissimo. Ma nascosti ogni emozione.
-e sia. Poi ti farò sapere io dove e quando.

il ragazzo che mi stravolse la vita.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora