capitolo 5

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Mi svegliai che erano le sette.
Sheeran era seduto sul mio cuscino e mi leccava la faccia, come se fosse un cane. Sorrisi. Era una palla di pelo. Lo presi in braccio e lo portai di sotto dove lo posai, vicino ad una ciotola che riempii di latte. In sala c'erano Grace, Katie e papà che discutevano del nuovo arrivato.
-Non voglio che quel coso faccia pipì in giro per casa mia.
Disse Grace.
-pulirò io, finché non imparerà a fare i suoi bisogni nella lettiera.
-ecco. Pulirà Arya. Grace, le serve una distrazione, con lo studio e tutto.
Grace cedette e Katie mi guardò in segno di sfida.
-tieni quella bestiola lontana da me.
Si alzò e se ne andò, dandomi una spallata.
La mattina seguente chiusi il gatto in camera dopo avergli dato appositi giochini e del cibo. Mi sembrava meschino lasciarlo lì, ma era sempre meglio di lasciarlo nelle mani di Grace.
Andai a scuola, e raccontai tutto a Lacey, che impazzì subito.
-voglio vedere quel gatto! Subito!
Risi.
-lo farai fidati, comunque, grazie a lui, oggi sono di buon umore, e questo vuol dire che voglio vedere Jackson.
-Davvero? Beh avete un tempismo perfetto.
-buongiorno!
Mi voltai e lo vidi.
-Ciao, si ci ho pensato. Ora di pranzo al bar della scuola.
-uhm, scelta strana ma va bene. Perchè al bar? E poi senza preavviso?
Era molto sorpreso ma questo non scoraggiò i miei ideali.
- perchè 1) oggi sono di buonumore e non vorrei lasciarmi sfuggire l'occasione dato che poi, se sto nervosa fanculo tutti.
2) ci sai fare con i soldi e il lusso.. Ma senza? Come te la cavi nella vita di tutti i giorni?
Ero imbarazzata, lo ammetto. E lui lo notò, perchè fece quel sorrisetto che a me piaceva tanto.
-Difronte l'aula di fisica, appena suona la campanella. Ti aspetto lì.
Conclusi. Chiusi l'armadietto e andai a lezione.
Le lezioni passavano in fretta, una dopo l'altra, e quando arrivò l'ultima ora non stavo nella pelle. L'ansia mi giocò brutti scherzi, fino ad arrivare al punto di non avere più fame, cosa molto strana, dato che io e il cibo siamo tutt'ora inseparabili.
Quando vidi Jackson venirmi incontro iniziai a tremare.
-Ehi.
-Ehi. Andiamo?
Annuii, poco convinta.
-che c'è, paura Stevenson?
-si tremo dalla vergogna, di farmi vedere in giro con te, Spiegelman.
Tornai a nascondere le emozioni, e andammo al bar.
Fuori, il tempo, dava l'impressione di voler scoppiare in temporale e io fui contenta di aver scelto il bar. L'edificio godeva in un'ampia parete in vetro, che ridava sull'ampia strada principale che portava a casa mia. Così avrei potuto ammirare la pioggia, sarei rimasta incantata ancora una volta da quelle piccole gocce d'acqua. Il bar fungeva da ristorante e pizzeria per studenti che venivano da lontano. Mi diressi al mio solito posto, proprio vicino alla parete trasparente. Se si ascoltava attentamente, si poteva scorgere il leggero sciabordio della pioggia, appena iniziata. Avevo previsto bene, poichè la pioggia si trasformò presto in temporale. Ero persa in questi pensieri, quando mi sentii toccare la spalla:
-Arya,mi ascolti?
-eh?
-cosa vuoi mangiare?
Ero talmente distratta che non mi resi conto che l'ansia mi stava ancora attanagliano lo stomaco.
-io.. in realtà non ho fame..
Lui mi guardò perplesso.
-preferisco prendermi una bevanda calda, con questo tempo.
Sorrisi, e continuai:
-so di essere strana, per questo non mi sarei mai aspettata un appuntamento con te.
Arrivò la cameriera e feci l'ordinazione. Ordinai una tazza di cioccolata calda, e lui prese un pezzo di pizza.
Quando arrivarono, le ordinazioni, dopo circa qualche minuto, rispresi il discorso.
-sono sgorbutica, ho gli sbalzi d'umore e taanta gente mi odia.
Lui iniziò col dirmi che non era affatto vero, che ero bellissima e unica e che magari mi amava pure, ma io non ci feci caso. Io ero lì, difronte a lui, mentre sorseggiavo la cioccolata, e mi perdevo nei sui occhi. Più lo guardavo, più sentivo una strana, piacevole, sensazione crescermi nel petto.
-sei perfetta, insomma.
Sorrise e io non potei fare altro che sorridere a mia volta. Diedi un altro sorso alla mia cioccolata, ed ora era lui a fissarmi. Credo di essere diventata rossa, il mio cuore andava a mille, ma poi..
-no! Non ci credo, amore! Sono tornata!
Umalzai lo sguardo e vidi una specie di Barbie umana con tanto di tinta bionda e unghie finte correre verso Jackson e baciarlo.
Lui fu colto alla sprovvista, cercò di resistergli ma lei gli rimase incollata. I occhi sui occhi blu, talmente profondi come il dolore che provai in quel momento, erano fissi su di me, ma la sua bocca era ancora rivolta verso di lei
Mi si spezzò il cuore, mi sentii crollare.
Quando la ragazza si staccò gli disse:
-non sei contento? Sono tornata apposta per te, e nessuno ci separerà mai, orsacchiotto.
Fù troppo per me. A sentire quello stupido soprannome mi si rivoltò lo stomaco.
Mi alzai, le gambe tremanti, ed uscii, sotto la pioggia.
Camminai a passi svelti e con la coda dell'occhio vidi Jackson liberarsi dalla stretta della bionda ed uscire per seguirmi.
Calde lacrime iniziarono a rigarmi le guance. Pregai che la pioggia le camuffasse ma non lo fece.
Mi senti male, volevo urlare dalla disperazione, dalla sconforto, dalla delusione. Ma non lo feci. Camminavo, in silenzio, stringendomi nella felpa, ma non per il freddo. No, quello non mi toccava. Il dolore era talmente forte da bruci armi dentro, il calore della rabbia, della tristezza mi riscaldava. E faceva male, male da morire. La pioggia mi bagnava i capelli, le guance, i vestiti. Non mi ero accorta di quanto lo amassi, finchè non lo vidi nelle braccia di qualcuno che non fossi io. Non mi ero accorta di quanto ci tenessi, prima di capire che, in fondo, mi ero solo illusa
Jackson mi chiamava, urlava il mio nome, ma io non mi voltai.
-Arya, fammi spiegare.
Quando mi raggiunse aveva il fiato corto.
-spiegare cosa?
Mi passai una mano sullo zigomo destro, per asciugarmi una lacrima.
-credevo mi amassi...
Dissi a bassa voce, sussurrando. Continuai:
-ti ho creduto, credevo fossi l'unica.
Abbassati lo sguardo, delusa.
-Cristo, Arya, lo sei. Ascoltami, ti prego. Non ho mai provato sentimenti così forti per qualcuno, tranne che per te.
Non volevo credergli, o meglio, il mio cuore voleva, voleva credere che dopo una vita fatta di delusioni, qualcosa andasse meglio. Ma il mio cervello mi ripeteva di non fidarmi, di non credere alle ennesime illusioni, perchè di questo, era fatta la mia esistenza.
Intorno a noi il mondo sembrava essersi fermato. La strada di solito caotica era deserta. C'eravamo solo noi, e la pioggia.
-Smettila di mentire. Non capisci che magari io preferisco la verità? Non sono così cretina. Il vero, per quanto può far male, va detto.
Mi passai le mani in volto.
-per tutto questo stupido tempo lo sono stata.
-Arya, ascolta. Lei non è niente, non è un cazzo di nessuno!
Alzò la voce e continuò, ma non lo ascoltavo, tanto il dolore. Mi ero davvero affezionata così tanto a lui? E in così poco tempo, poi?!
Mi prese per un braccia e mi avvicinò a lui, distanti neanche di un centimetro.
-lasciami stare, okay?
Tanto una volta saputo che io ti amo, che sei riuscito perfettamente nel tuo intento, mi avresti sicuramente lasciata.
Non riuscivo a calmarmi, non riuscivo a pensare lucidamente. Cercavo di divincolarmi dalla sua salda ma delicata stretta, invano.
-Arya calmati! Ti stai comportando da bambina!
Alzò ancora di più la voce.
Mi fermai.
-sarò pure una bambina, ma tu sei uno stronza, un coglione che.. che..
Non riuscii a finire la frase che le sue labbra si posarono sulle mie. Iniziarono a muoversi, lentamente. Sapeva di fresco e di lacrime, le mie salate lacrime. Mi cinse la vita tra le sue braccia e iniziò a baciarmi con più foga. Persi la cognizione del tempo e non seppi precisamente dopo quanto tempo ci staccammo.
Mi ero immaginata quell'attesissimo momento da tanto, ma nessuna fantasia si avvicinò lontanamente alla realtà.

il ragazzo che mi stravolse la vita.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora