capitolo 12

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Dopo l'episodio dell'altra sera, era per me difficile uscire per strada da sola, e Jackson era restio nel lasciarmi anche per cinque secondi da sola.
Per scuola giravamo tutto il tempo mano nella mano e Jackson convinse perfino me e Lacey a sederci al tavolo della squadra di football.
Ovviamente eravamo imbarazzate. Quella non era la nostra tavolata, lì sedevano dai giocatori della squadra, alle loro fidanzate, fino alle troiette di turno.
Non era il posto per due ragazze semplici come noi.
Appena arrivammo mi sentii addosso lo sguardo di tutti. Ero nervosa, ma Jackson mi baciò difronte a tutto il tavolo, così mi tranquillizzai.
Ci sedemmo, e gli amici di Jackson non fecero altro che farci sentire due di loro, e piano piano io e Lacey prendemmo confidenza.
I ragazzi erano simpatici, anche alcune loro fidanzate, mentre le altre ragazze ci guardavano con astio e odio. Anche con invidia, poichè Jackson si era innamorato di me e non di loro.
E sinceramente non sapevo neanch'io come aveva fatto solo a notarmi.
Arya, la ragazza sfigata e imbranata che nessuno sapeva esistesse.
Arya, io.
Io, che ho sempre cercato di allontanare tutti, all'improvviso mi sono ritrovata circondata di amici.
Io che fingevo ogni sorriso, ad ogni persona, mi sono ritrovata a sorridere per davvero.
Io che non avevo mai pensato neanche lontanamente di avere un ragazzo, mi sono ritrovata fidanzata con Jackson Spiegelman.
E avevo paura.
Avevo paura del destino.
La mia convinzione verso la regressione verso la media mi spaventava.
E sapevo che presto il destino si sarebbe ritorto contro di me.
Sapevo che ora che avevo qualcuno al mio fianco non ero più sola e che avevo dato a Grace e Katie un modo in più per farmi male.
Sapevo che li avrebbero usato a svantaggio e temevo molto.
Non avevo paura di loro, all'inizio, perchè non avevo niente. Niente in generale. Niente da perdere. Niente.
Ma ora ce l'avevo da perdere, eccome. E dovevo essere più cauta possibile.

Era venerdì sera. La grande sera. Erano tutti in ghingheri, mio padre compreso. Mancava poco alla cena ed io non ero ancora pronta. Mi dovevo rendere presentabile.
Niente trucco, no.
Solo vestito, tacchi, e me stessa.
Ma sul terzo punto ancora non ne ero convinta.
Essere me stessa alla cena, fino a quel momento, più importante della mia vita?
Certo, non indossare nessuna maschera mi avrebbe fatto onore, e magari sarei potuta essere più spontanea, e piacere di più..
Ma mostrare il mio lato imbranato, quello che mi farà cadere, sporcare o spesso sparare cazzate, sarebbe piaciuto?
Mi convinsi.
Se ero riuscita a far innamorare Jackson con la mia goffagine, quanto potevano essere diversi i suoi genitori?
Non lo erano infatti.
I genitori di Jackson erano molto locquaci e simpatici, appena ci presentammo nel ristorante rimasi a bocca aperta. Un caneriere ci condusse in un'ala privata del locale, dove c'era una sala vuota, tirata a lucido, e al centro una lunga tavola.
Jackson era lì, al suo fianco una donna sulla cinquantina, che doveva essere sua madre.
Stessi capelli scuri, stesso sorriso.
Affianco alla madre, c'era l'uomo che doveva essere suo padre. Capelli brizzolati, e gli stessi occhi blu di Jackson.
I tre stavano parlavando, fitti, tra di loro, mentre due bambine, dell'età di, più o meno, otto anni, vestite con abiti graziosi color crema, giocavano fra di loro.
Appena ci videro, i signori Spiegelman sorridesero, e Jackson mi venne incontro.
Mi prese la mano e mi portò davanti ai suoi genitori.
Stavo sudando per il nervoso. Ero convinta che non sarei piaciuta, ma non fu così.
Senza farmi vedere mi asciugai le mani sull'abito per poi porre la mano destra alla signora Spiegelman.
Lei la strinse:
-piacere, Marahia.
Disse sorridendo.
-piacere, Arya.
Porsi, poi, la mano al padre di Jackson e lui me la strinse vigorosamente:
-piacere, Robert.
Poi si presentarono i miei genitori, e infine Katie.
Jackson mi prese la mano, e mi guidò poco distante dal tavolo, per poi darmi un piccolo bacio.
-non essere nervosa, okay? Ci sono io, qui.
Annuii, e lo abbracciai.
Restammo così per qualche secondo quando mi sentii tirare la gonna del vestito. Guardai in basso, e vidi le due bambine che avevo notato prima.
-Jackson non ci presenti la tua ragazza?
Jackson le guardò confuso e poi sorrise.
-Arya, queste sono le mie due sorelline: Katherine e Katrine.
Loro mi sorrisero angeliche.
Io mi piegati sulle ginocchia, per arrivare alla loro altezza e sorridendo dissi:
-piacere, io sono Arya.
Loro mi squadrarono a lungo, infine Katherine disse:
-sembri una principessa! Sei proprio bella.
Io iniziai a ridere.
-vi assicuro che non lo sembro proprio. Le principesse non cadono, e Jackson ne sa qualcosa.
Lui sorrise.
Quando ci sedemmo a tavola, fui sollevata.
Avevo i piedi dolenti, non essendo abituata ad indossare dei tacchi.
Jackson mi tenne tutto il tempo per mano, mentre io rispondevo alle domande dei suoi genitori.
Marahia era molto simpatica e quando mi chiese la media scolastica, rimase sorpresa nel sentirmi dire che avevo una media alta in tutti i corsi. Marahia era anche molto chiacchierona e faceva molte domande. Ero a disagio, e non potrei mai negarlo, ma penso sia normale fare tante domande alla ragazza di tuo figlio, devi pur conoscerla.
La sera trascorse molto velocemente e tra una domanda e l'altra il tempo passò veloce.
Ogni tanto Robert interveniva nella mia conversazione con Marahia esclamando frasi tipo:
- eh basta, Marahia. La stai assillando, poverina.
Oppure:
-così la metti in soggezione, la conoscerai col tempo, calmati.
Per poi riprendere a parlare con mio padre e Grace.
Katie veniva assalita spesso è volentieri dalle sorelline di Jackson che le chiedevano di giocare con loro, e lei ovviamente rispondeva di no.
A modo suo rovinava la serata.
I mie piedi non la smettevano di farmi male, ma non ci facevo caso.
Marahia mi raccontò che aveva un'altro figlio, di nome Jason, fratello di Jackson, di qualche anno più grande, ma che era partito per studiare in Europa.
La mamma di Jackson era fissata con i nomi simili a quanto pare.

La cena era molto abbondante, così mangiammo fino a tardi.
Era tutto molto buono, e io forse presi addirittura qualche chilo, per tutto il cibo mangiato.
Verso la fine della cena mi alzai dal tavolo per salutare i signori Spiegelman, e Marahia disse ridendo:
-la nostra Cenerentola se ne deve già andare?
Io risi a mia volta.
-mi credi, mi hanno chiamato in vari modi: bella addormentata..
Rivolsi uno sguardo a Jackson e continuai:
-Cenerentola..
Guardai Grace e Katie.
-ma per questa sera devo proprio recitare la parte di Cenerentola.. domani mi devo svegliare presto e studiare per una verifica, non posso rimanere..
Marahia sorrise:
-è un buon motivo, tranquilla vai pure.. Jackson la accompagni tu?
Jackson sorrise e annuì, così io presi la giacca e tornammo a casa insieme.

il ragazzo che mi stravolse la vita.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora