Lacrime

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La professoressa aveva chiesto di fare un esercizio di rilassamento, per poi poter figurare un posto sicuro nella nostra testa in modo da poterlo scrivere su un foglio in forma anonima.

Già l'interno della mia testa è un puttanaio pieno di merda, oh quanta merda. Eh, direte voi, non credere di essere l'unico sai? Mica vi ho detto nulla, decerebrati con manie di protagonismo. Comunque dicevo, che la mia testa è un puttanaio pieno di merda; bene o male ora è più ordinato, ma come credete di ordinare una foresta sconfinata? beh diciamo che si fa quel che si può.

Ma Folle, non parli di dialoghi quì? Certo, infatti anche questo lungo monologo ha un dialogo al suo interno, se si può chiamare tale ovviamente.

Comunque, diciamo che ora la mia testa è più ordinata di prima, ora è una bella foresta rigogliosa, "quasi" dappertutto. quel "quasi" lo tirerò fuori in un altro monologo tranquilli, tutto a suo tempo.

Chiusa questa digressione sulla mia carinissima testa di cazzo passiamo al dunque. Una volta che mi sono "rilassato", ho fatto capolino nella mia coscienza. Stanza vuota con porta semichiusa, puzza di muffa, come lo è sempre stata prima che ne abbattessi la struttura, ma questa è un'altra storia.

Dato che non era contenta, la professoressa ci chiese di dialogare internamente con il nostro IO, e oh mio dio, mi chiedo ancora perchè l'ho fatto...

Comunque dato che -come ben sapevo- non c'era nessuno, mi sono diretto verso la porta. Bivio: scale verso il basso, e scale verso l'alto. Delle scale verso il basso parleremo un'altra volta, ora non ci interessano, anche se portano a qualcosa di malsano e affascinante. Io dovevo andare verso l'alto.

Mi accingo a salire; dio quanto mi sentivo oppresso (c'è un motivo se solitamente non mi avventuravo mai lì dentro), però dato che la docente lo chiedeva, e io ero curioso di sapere come stava -o come stavo, dipende dai casi-, decisi di salire comunque.

Arrivato in cima sbuco nella foresta. Ah un po' d'aria; dopotutto per queste cose ho sempre avuto un certo gusto: una bella foresta, stile foresta di Fangorn (se non la conoscete cavoli vostri), ma con delle tendenze da foresta nera transilvana; in pieno autunno (perenne) ovviamente, quindi con un grazioso e affascinante tappeto di foglie rosse.

So dove devo andare, quindi con un po' di timore mi inoltro nel fitto della boscaglia. Dimentico sempre quanto è fitta questa foresta...

Dopo quella che sembra un'eternità, mentre fuori (in classe) è passato un nanosecondo, giungo a una piccola radura, un po' buia, con una casa in mezzo. Finalmente, mi dico, vediamo come siamo messi quì.

Busso. Nessuna risposta. La cosa non mi stupisce, quindi con un timido -"entro"- apro la porta. Rimango sbigottito.

La mia faccia in classe fa una smorfia, trattengo un groppo alla gola.

Sangue sulle pareti, l'odore ne intasa tutta la stanza. Sempre sulle pareti ci sono scritte dal significato poco chiaro. Cazzo, una volta era bianca questa stanza, cosa diavolo è successo quì dentro?!

Al centro, in piedi, e di spalle, c'è il caro interlocutore con cui la mia prof voleva che parlassi. Era ansimante, ma con un ansimare da bestia. C'è qualcosa che non quadra, quel ragazzo è sempre stato calmo e tranquillo, qualcosa non va dannazione.

Si gira di scatto, trattengo un groppo allo stomaco, e le lacrime stanno per salirmi agli occhi, anche in classe. Aveva gli occhi scavati e iniettati di sangue, e dio se facevano paura. Qualcosa però in quegli occhi mi ricordava un altra cosa, la presenza malevola che si trova in fondo alle scale che portano in basso, e la cosa mi turba.

-Brutto figlio di puttana...- mi dice mentre si volta. Ha evidenti tagli da lametta sui polsi, la maglia è sporca di sangue; anche la gola ha evidenti tentativi di recisione.

-Cosa cazzo hai fatto- dico con un filo di voce mentre mi dirigo verso di lui.

Per tutta risposta mi sferra un pugno allo stomaco. Agli occhi dei miei compagni di classe la mia espressione era indecifrabile, non so manco io quale fosse, so solo che un altro paio di secondi lì dentro e sarei scoppiato a piangere a dirotto.

Stramazzo in ginocchio. Dove cavolo l'ha trovata tutta quella forza?! Mi afferra i capelli e mi schiaffa un pugno sulla mascella scaraventandomi per terra. dopodichè mi salta addosso mettendomi le mani alla gola.

-Ho visto come ti fai trattare da quell sgualdrina della tua ragazza. Con quale faccia ti presenti quì dopo tutto quello che ci hai fatto passare?- mi disse con voce calma e pacata.

-Non so di cosa tu stia parlando...- mi mancava il respiro e parlavo a fatica.

-Non fare l'ingenuo testa di cazzo, sai benissimo di cosa parlo, Lei me lo ha fatto vedere-

I miei sospetti erano fondati, aveva fatto visita a quella cosa immonda la sotto, e Lei gli aveva fatto il lavaggio del cervello. Mi salirono le lacrime agli occhi. Avevo l'animo lacerato dalla disperazione. Penso di aver versato qualche lacrima anche nella realtà, ma non ne sono sicuro, o almeno io ci spero...

-Perchè sei sceso laggiù...?- chiesi tra i singhiozzi.

-Perchè volevo prendere un po' d'aria pezzo di merda-

Non riuscivo a guardarlo in faccia mentre mi parlava, era troppo inquietante, e la cosa mi turbava, perchè essere inquietati in quel modo da delle parti di te stesso è disturbante alquanto.

Subito dopo però presi un po' di coraggio e infilai una mano nella tasca dove avevo il mio "coltello" (lo metto tra virgolette perchè è un'idea mia convenzionale di ciò che uso per difendermi da Lei). Lo sfilai dalla tasca, e con gesto repentino glielo impiantai nel ventre.

Gli occhi ritornarono gradualmente normali, e la presa sul mio collo divenne sempre più debole. poi mi crollò addosso, con il sangue che usciva copioso dalla pancia. Lo spostai di lato tossendo e cercai di rialzarmi invano. Il mio stato psicologico era messo davvero male se non potevo rialzarmi, quindi mi trascinai fuori.

Mentre mi trascinavo fuori sentivo il mio "interlocutore" gemere dal dolore, in continuazione, ma non potevo ascoltarlo, non ora. Tornerò a rimetterti in sesto amico mio, ma ora devo riprendermi, sono in una merda di classe, non posso avere una crisi proprio quì!

Chiusi la porta e mi ci appoggiai. Piove. Non ci ha messo molto a modifcarsi il tempo eh? Guardai verso l'alto e ricominciai a piangere urlando di rabbia.

Riaprii di scatto gli occhi per ritornare alla realtà prima che il mio umore peggiorasse ancora. Con sguardo attonito, mentre mi risalivano le lacrime, comincia a scrivere NIENTE in continuazione a caratteri cubitali e con frustrazione, sul foglio bianco dove avremmo dovuto scrivere ciò che avevamo visto. Quel foglio non so che fine abbia fatto, e non lo voglio sapere, In compenso so che dopo quella volta, prima di ritrovare il coraggio di aprire di nuovo la porta nella foresta, ci ho messo un anno e mezzo...
























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