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Mi trovavo davanti al parcheggio, come tutti i giorni dopo la scuola.
Chiusi gli occhi con la musica dell'iPod nelle orecchie e per un secondo lo immaginai seduto sulle scale davanti al cancello di casa ad aspettarmi per parlare, ma quando li aprii non vidi nessuno, a parte la mia immagine riflessa sul vetro delle porte.
Lui non c'era. Non sapevo perché, ma ci avevo sperato con tutto il cuore.
Le lacrime iniziarono a scendere ed io non riuscivo a fermarle. Lo amavo. Al solo pensiero di averlo vicino a me, sentivo un insieme di farfalle nello stomaco per la felicità e tristezza per la realtà che non sarebbe mai più accaduto.
Passò un'altra settimana ed io ero ancora la stessa persona di sei mesi fa. Mi giravo e rigiravo tra le coperte, facendo respiri profondi. Era da un po' di tempo che non riuscivo a respirare bene come prima.
Il dottore aveva detto che prima o poi sarebbe accaduto, ma non avrei mai pensato così presto.
Cercai di alzarmi dal letto ma tutto mi sembrò estremamente faticoso.
Iniziai ad urlare il nome di Jamie, cercando di farla arrivare in camera, ma dopo le prime due urla sentii dentro di me un sapore metallico e aspro salire fino alla gola ed uscire dalla bocca: sangue.
Continuavo a tossire tentando di trovare un modo per star meglio e liberarmi del dolore. Persi i sensi qualche secondo dopo, ritrovandomi in una stanza dell'ospedale vicino. Vedevo dalla finestra interna Jamie e Cris che stavano parlando col medico. Per qualche ragione Jamie si accasciò a terra iniziando a piangere, così iniziai anch'io... Il dottore entrò insieme ad Alan in camera, i loro volti erano tristi e cupi.
«Ciao, Rory, come ti senti oggi?» chiese il medico.
«Da quanto sto dormendo?» domandai.
«Due settimane».
«Come?» spalancai gli occhi, non credendo alle mie orecchie.
«Hai perso molto sangue quella sera e ...»
«Cosa mi sta succedendo?» lo interruppi.
«Abbiamo fatto altre analisi e purtroppo è ... »
«Dottore arrivi al punto, posso farcela?», dissi sicura di me.
«Lei ha il cancro, signorina Wilson, al cervelletto». Avevo sbagliato, non potevo farcela.
Sentii il mondo cadermi addosso. Paura, terrore e grande, grande tristezza si accumularono tra loro, dando vita ad un mostro.
«Ma ... avevate detto che era solo influenza. Avevate detto che non era niente di grave».
«Lo so, ma abbiamo fatto varie analisi e ... è tumore», chinò il capo, mentre io stringevo forte la mano di Al.
«No, no, no. La prego ... No!» lacrime iniziarono ad uscire e rigarmi il viso.
Avevo già vissuto un'esperienza simile da esterna.
Mia madre aveva avuto il cancro al fegato e neanche lei, come molti altri, ce l'aveva fatta.
Non era riuscita a sconfiggerlo. "Non si sopravvive ad un male così grande", pensai.
Il cancro era come un buco nero che lentamente mi avrebbe risucchiata.
Sapevo già il mio destino e non avevo bisogno di sperare, perché era inutile farlo quando c'era un nemico così grande.
«Faremo delle cure, cercheremo di toglierlo. Per fortuna è benigno e non sarà difficile eliminarlo», cercò di convincermi, ma l'unica cosa che dissi era quella di tornare a casa.
Volevo ritornare all'appartamento e rifletterci un po' su.
Il dottore mi consigliò di restare qualche altro giorno lì, ma non lo ascoltai.

Ero stesa sul divano guardando un film alla televisione, quando capii che in realtà non volevo stare lì. Sentivo dentro di me il desiderio di andare da lui, di risentire la sua voce, ne avevo bisogno... Così mi alzai e prendendo la giacca urlai «Vado a farmi un giro, ci vediamo tra poco», chiusi la porta prima che Jamie potesse contestarmi e mi diressi verso l'appartamento di Harry.
Lo chiamai al cellulare per un paio di volte dopo essere arrivata al parcheggio.
«Pronto?»
«Scendi», dissi attaccando.
Lo sguardo era fisso sulla finestra del salotto illuminato.
Aspettai un po', quando vidi finalmente il cancello aprirsi.
«Dew?» camminò verso di me, «cosa ci fai qui?»
Chinai il capo cercando di trovare le forze di dirgli la verità.
«Ti ho dato del tempo. Ho aspettato sei mesi sperando di farti calmare, ora è il mio turno. Quella sera a San Diego mi hai detto quello che pensavi, ora tocca a me».
«Dew, a che gioco stai giocando?» incrociò le braccia.
«Ti prego di fare silenzio perché non è semplice per me», feci un gran respiro.
«Mi manchi, Harry. Tu non hai idea di quanto mi manchi in questo momento. Credo che sia più che giusto chiarirti alcune cose su quella sera. Tra me e John non è successo niente, mi ero semplicemente sporcata la maglietta, per questo il mio primo impulso era stato quello di toglierla, ma questo non ti deve interessare, perché non ti è dovuto sapere se non vuoi credermi.
Ad ogni modo, mi manchi, tanto. Tu non hai neanche idea di quanto mi manchi. Ti sogno ogni notte, sento la tua voce nei miei pensieri, è come se non te ne fossi mai andato, come se mi fossi stato sempre vicino.
È una vita orribile senza di te, Harry, è come se fosse perennemente inverno dentro di me, come se tutto fosse completamente congelato ed io ho bisogno di te. Ogni cellula, tessuto, apparato, ogni singola molecola dentro di me ha bisogno di te.
Mi sono comportata male, lo so, ma in questo momento, proprio qui, io ti sto chiedendo scusa. Ti sto chiedendo di perdonare la mia anima peccatrice. Tu mi hai dato qualcosa che nessuno prima di te è stato in grado di darmi. Tu mi hai dato speranza mio Capitan America. Speranza in un mondo migliore e proprio ora che ho bisogno di te, non ci sei. Continui a mancarmi sempre di più, vorrei solo avvicinarmi a te, baciarti e dire a tutte le altre che in realtà tu sei mio, anche se forse per te non è così, per me tu sei mio, perché non ho mai smesso di essere tua.
Ogni giorno che passava quando stavamo insieme, ti sei preso una parte di me e ora che non stiamo più insieme quei piccoli pezzi del mio cuore sono rimasti a te, non mi appartengono più. Ora il mio piccolo cuore non è come prima e non lo sarà mai più, perché anche se tu riuscissi a rimettere insieme i pezzi, resterebbero le cicatrici. Ed io ti amo, come non ho mai amato nessuno. Tu, mio caro Harry, resterai per sempre dentro di me. Ti porterò per sempre nei miei ricordi, belli e brutti», mi asciugai le lacrime dal volto.
«Credi che per me sia stata una passeggiata? Credi che io non sia stato male ogni singolo istante in questi sei mesi? Era come stare all'inferno e tu eri il diavolo. Prima di te nessuna era mai riuscita a farmi provare un dolore simile.
Tu mi hai ucciso Dew. Ogni singolo secondo che passava, io morivo dentro e risvegliarmi non era affatto semplice.
Quando ti ho visto con quello non ci ho capito più niente, sono impazzito. Tornato a casa ho iniziato a distruggere tutto quello che avevo davanti. Ho ricominciato a fare le gare giornaliere per cercare di sfogarmi, ma non sono servite.
Dew, tu non hai idea di come mi sentivo tutte le volte che ti vedevo a pochi metri da me. Quanto avessi voluto baciarti e stringerti a me. Non puoi neanche capirlo. Non immagini quello che ho provato quando ti ho visto parlare con Charlie, avrei voluto spaccargli la faccia, ma vedere i tuoi occhi illuminati, il tuo sorriso innocente, mi hanno fatto calmare. Eri felice e questa volta non volevo essere io il centro dei tuoi dolori; Dew, piccola mia, tu non sai quanto ti amo. Quanto vorrei abbracciarti e non lasciarti più. Tu non sai quanto io sia perdutamente, incondizionatamente, unicamente innamorato di te. Io amo tutto di te, amore mio. Amo il modo in cui porti i capelli dietro l'orecchio, il modo in cui sorridi, in cui mi guardi, in cui cerchi di trovare il meglio nelle persone e soprattutto il meglio dentro di me e non credere che in questo tempo non ti abbia pensata.
Ogni sera giravo nei dintorni di casa tua accertandomi che stesse andando tutto bene. Non immagini quello che ho dovuto sopportare, il dolore di essermi stata tolta la parte migliore di me. La mia persona», continuavo a guardarlo intensamente negli occhi, promettendomi di non piangere e vedevo il suo di sguardo che lentamente mi scioglieva il cuore.
«Allora amami. Amami come non hai mai fatto prima, amami anche se gli altri dicono che non puoi, amami con tutto te stesso. Amami come se non ci fosse un domani, perché oggi, ora, in questo momento possiamo vivere la favola che stavamo costruendo insieme», dissi.
«Non sarò mai all'altezza dei principi nelle fiabe».
«Non ti sto chiedendo di essere un principe, ti sto chiedendo di essere il mio Harry, l'unico Harry della mia vita. L'unico Harry che avrò mai e se in futuro ci lasceremo potrò dire di non aver mai trovato un altro Harry come te. Ti amo», feci un gran respiro, «sono venuta solo per dirti questo. Non mi aspetto niente da te », mi girai, lasciandolo dietro di me.
Ero riuscita a dirgli addio e ora potevo andarmene. Camminai lentamente, tentando di non svenire davanti a lui.
Il cuore mi batteva forte e la testa iniziava a girarmi.
«Dew!» urlò.
Non ebbi neanche il tempo di girarmi che sentii le sue labbra premere sulle mie.
Ci baciammo come se fosse stato il nostro ultimo bacio.
«Ti amo anch'io, Dew», disse stringendomi forte a lui.
Il calore del suo corpo mi teneva al caldo in quell'umida serata.
Mi ero dimenticata il potere dei suoi abbracci e tra un respiro e l'altro chiusi gli occhi.
«Scusami, Dew, scusami tanto», le sue lacrime bagnarono la mia bocca.
«Ssh, ssh. Non lo dire neanche!» ma lui non si fermò. «Ehi, ehi», presi il volto tra le mani, «ti amo», sorrisi.
«Anch'io, ti amo tantissimo», rispose.
«Ma non possiamo stare insieme», mi allontanai non appena mi ricordai della malattia.
«Perché?»
«È difficile da spiegare».
«Dew, allora perché sei venuta qui?»
«Avevo bisogno di te», confessai.
«Io sono qui, dimmi che succede. Posso aiutarti».
«Questa volta neanche tu mi puoi essere d'aiuto», chinai lo sguardo sull'asfalto.
«Dew, mi stai facendo preoccupare. Qualsiasi cosa accada la supereremo insieme», mi strinse forte.
«Tu non capisci», mi feci forza allontanandomi da una delle poche persone che mi amava veramente con tutto il cuore.
«Prova».
«Io ... Harry, io ... sono malata».
«Malata? Che genere di malattia?», cercai di non girarci molto intorno, non sarebbe servito a niente.
«Tumore, al cervelletto.», i suoi occhi si spalancarono e per qualche secondo perse quasi i sensi.
«Ma quando ... come?»
«L'ho saputo oggi. Sono stata in coma per due settimane».
«No, non può essere vero. Hai fatto tutti gli accertamenti? Hai fatto .... »
«Harry!» lo interruppi, «è tumore».
Capitan America cadde per terra con lo sguardo fisso verso di me. Per la prima volta lo vidi piangere come non aveva mai fatto prima.
«Ma noi possiamo curarlo, i medici ti salveranno».
«È alquanto improbabile», mi sedetti accanto a lui.
«No, Dew, no. Ti prego dimmi che non è vero. Ti prego».
«Harry ... »
«Ti pagherò i migliori dottori, lo giuro. Tu guarirai, al posto di morire io stesso, tu mia piccola Dew, guarirai», mi diede un bacio sulle labbra e mi strinse forte a sè.
In quel momento mi sentivo immortale.

Restai a dormire da lui quella sera; passammo la notte abbracciati tra le coperte ed il vento d'aprile.
Il suo respiro che mi riscaldava il collo portava sicurezza dentro me. I ricci che mi solleticavano dolcemente l'orecchio, le sue braccia possenti che mi stringevano forte a lui.
Ero a casa. Finalmente stavo di nuovo bene.
«Dew?»
«Sì?» risposi aprendo gli occhi.
«Supereremo anche questa, insieme. Siamo più forti di una stupida malattia».
Mi girai verso di lui e accarezzandogli la guancia con le mani lo baciai.
«Io e te contro il mondo, H.», risposi sorridendogli.
«H?»
«È un nomignolo».
«Mi piace», sorrise. Per un secondo mi persi tra quelle labbra perfette.
Lui era la mia persona, lui era il motivo per cui andavo avanti.
Il giorno seguente Harry mi accompagnò all'ospedale, dove incontrammo anche Jamie, Alan e Cris.
Andai dal medico a farmi visitare e ad avere notizie precise.
Aspettai un'ora nella sala d'attesa, sperando si fossero confusi, ma quando arrivò, capii dal suo sguardo che la situazione non era che peggiorata.
«Novità?» chiese Capitan America.
«Il tumore è benigno, come ho già detto, ma vorrei comunque fare le chemioterapie».
«Ma ha appena detto che è benigno», risposi stringendo le mani di Jamie e Harry.
«Lo so, ma credo che in questo caso sia meglio prevenire che curare».
«Ma non ci dovrebbe essere il problema», dissi.
«Rory...» intervenne Alan, « se il dottore dice che è meglio provvedere allora lo dovresti fare».
«No», risposi.
«Come ?» chiese il dottore.
«Non farò la chemio. Mi avete operata ed è andata bene, quindi non farò la chemio».
«Ma signorina...».
«Dottore, con tutto il rispetto, sono maggiorenne e decido io come fare».
«Dew...», Harry mi strinse la mano.
«No», conclusi alzandomi e correndo il più lontano possibile da quel luogo di sofferenza.
«Dew!» prese fiato «cosa ti è successo?»
«Perché dovrei soffrire e stare male inutilmente?»
«Inutilmente? Dew quelle cure potrebbero salvarti».
«No, Harry. Se il mio destino è già scritto non posso far niente per impedirlo. Ho detto no e per quanto siano buone le tue aspettative, non riuscirai mai a farmi cambiare idea».
Capitan America si limitò a chinare lo sguardo come segno di sconfitta.
Salii sulla Ducati abbracciandolo il più forte possibile e chiusi gli occhi.
Il vento premeva sul mio volto e i capelli corti svolazzavano tra esso.
Non era mai andato così veloce, erano circa tre volte che girava davanti al mio appartamento e appena ci trovavamo davanti al cancello, accelerava.
Gli davo dei colpi dietro la schiena per cercare di fermarlo, ma non mi dava ascolto.
«Harry, fermati!» urlai, ma anziché rallentare, andava più veloce, fin quando non ci trovammo davanti il bosco, dove c'era la casetta sull'albero.
«Ma sei impazzito?» gridai scendendo.
«Si! Non posso credere che non vuoi curarti! Dew non stiamo parlando di una stupida influenza, del raffreddore o tosse; stiamo parlando di cancro!» continuava a passarsi il casco tra le mani e fare passi verso di me gesticolando.
«Harry, la vita è la mia. Decido io!»
«No! Non puoi pensare di non fare niente solo perché soffri di meno! Pensa a Jamie, ad Alan, Christopher, Charlie ... pensa a me!!» fece una pausa
« Io non sono niente senza di te, Dew».
«Harry basta»
«No! Devo capire qual è il vero motivo», insistette.
«Te l'ho detto».
«Cavolate!»
«Credimi», risposi.
«No», alzò di nuovo il tono di voce.
«Perché io so come funziona! La chemio non serve a niente!» mi diedi un secondo per respirare e riprendere fiato, «ho visto mia madre ogni singolo giorno peggiorare, nonostante la chemioterapia. Stava male lo stesso ed io non potevo, non dovevo, non avrei potuto accettare», caddi per terra in un fiume di lacrime, «avevamo fatto di tutto e lei se n'è andata. È morta. Tu non puoi capire, Harry. La morte è qualcosa di inevitabile. Prima o poi saremo tutti suoi prigionieri, è questione di tempo».
«Sì, ma c'è differenza tra venti anni e novanta».
«È comunque morte», conclusi chiudendomi tra le mie stessa braccia.
Sentii le sue mani calde stringermi forte, «tu sei la mia persona. Qualunque cosa accada ti resterò accanto, Dew».
Chiusi gli occhi dandogli la possibilità di entrare nel mio mondo.
Sapevo di dovermi fare forza, per lui e per gli altri. Sapevo che prima o poi sarei stata davvero male e avrei dovuto farmi forza e far finta che stesse andando tutto bene. Chiusi gli occhi lasciando che dentro di me piovesse. Chiusi gli occhi lasciando il dolore fuori di me e cercando di andare avanti.

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