Cupi ricordi

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A volte ci sono ricordi che vorremmo dimenticare. Ma dimenticare dei morti è qualcosa di impossibile.
Mi svegliai alle 10:30 con la luce del sole che mi batteva sugli occhi. Mi alzai lentamente, facendo un grande sbadiglio e alzandomi dal letto. Andai al bagno a sciacquarmi la faccia. Dalla finestra del bagno entrò un venticello che fece tintinnare le medagliette con scritti i nomi dei miei uomini che persero la vita. Quel tintinnio mi entrò in testa, facendomi pensare a quelle anime che avevano difeso l'Italia dal terrorismo. Uscii dal bagno mettendomi dei pantaloni mimetici e una maglietta bianca, scendendo sotto in cucina dove mia moglie Jesse stava facendo colazione ai bambini, Lorenzo e Chiara. Di sorpresa andai dietro di lei prendendola ai fianchi e le baciai il collo, dando il buongiorno a lei ed ai miei figli. Mi sedetti accanto a loro e sorseggiai del buon caffè leggendo il giornale. 
-Cos'abbiamo in programma oggi?-
-Oggi andiamo da zia, papà.-
-Cosa?-Domandai a Lorenzo con aria buffa facendolo ridere.
–Tesoro, tua sorella Tiare e suo marito ci hanno invitati ad un pranzo-
disse Jesse mentre versava il latte nel bicchiere di Chiara.
Mi ero dimenticato del suo invito alla sua villetta per passarci la giornata, per distrarmi. Lavorava come interprete, partecipava nelle riunioni importanti e la pagavano bene. Suo marito Kevin, mio amico dai tempi del liceo, lavorava nella D.E.A. Francese (squadra antidroga).
Finita la colazione mi preparai mettendo fuori la Jeep dal garage. Uscendo dal garage, vidi davanti casa i bimbi del vicino che stavano giocando nel loro prato con delle armi finte, ricordandomi delle bombe, le urla, i feriti. Il cuore mi si gelò al sol pensiero. D'improvviso Jesse e i bimbi entrarono in macchina e iniziammo il viaggio, la villa di mia sorella era ben isolata dalla città.


Dopo il lungo tragitto, arrivammo alla villa e parcheggiai la Jeep accanto alla Panda di Kevin. Uscimmo dalla macchina e vidi Kevin che stava venendo da me.
–Guarda chi si rivede!- mi disse dandomi il cinque.
–Ciao Kevin, Tiare è qui?–
–Sì, sta in cucina...-
Finito di parlare dissi a Jesse di portare i bimbi nel piccolo labirinto dietro la casa mentre andai dritto in cucina. Dentro si sentiva un buon profumino di pollo arrosto e vidi Tiare che tagliava le patate.
–Otto anni che non ci vediamo e d'improvviso ci inviti a casa tua?-chiesi appoggiandomi con il fianco al muro.
–Se vuoi annullo l'invito. – Mi disse indicandomi uno sgabello. – Mi sei mancato Alex.-
I ragazzi arrivarono a quel punto e Tiare mise il cibo sul tavolo.

Finito di pranzare insieme, i bimbi tornarono a giocare e li avvisai di non allontanarsi troppo. Jesse aiutò Tiare a sfare la tavola mentre io ero seduto fuori a guardare il panorama, ricordandomi la città in fiamme e i pianti dei bambini delle famiglie innocenti. Arrivò Kevin con in mano due birre aperte.
–Ancora con quei flashback Alex?-
Me ne passò una.
–Si...-
Dissi bevendo un po' di birra insieme a lui.
–Non è stata colpa tua.-
–La marina ci ha bombardati, le coordinate erano sbagliate.-Sorseggiai un po' di birra per togliermi lo stress.
–Charlie Hebdo era solo l'iniz– Il discorso di Kevin si interruppe sentendo un urlo. Era Chiara che correva verso di me e stava piangendo.
–Chiara che succede? Dov'è Lorenzo?-
–C'era un cane nero, ci ha presi di sorpresa.- disse singhiozzando.
La portai da Jesse e dissi a entrambe di restare lì. Dal portaoggetti della macchina presi la pistola mettendola dietro nei pantaloni e andai con Kevin a cercare Lorenzo. Lo trovammo a terra senza ferite.
–Lorenzo tutto bene? Ti sei fatto male?-
–Papà, il cane...-
Disse Lorenzo indicandomi la bestia davanti. Quel cane mi era familiare, lo avevo già visto, ma il mastino corse via prima che potessi identificarlo. Subito dissi a Kevin di portare Lorenzo a casa. Tirai fuori la pistola e mi incamminai nella piccola foresta seguendo le impronte del cane. Quel mastino lo avevo già visto, durante il servizio militare di 8 anni fa. Mi ritrovai al cimitero, mi girai intorno per cercare il cane, ma poi vidi un uomo che stava guardando delle tombe. Mi avvicinai lentamente puntando la pistola su di lui, facendo rumore con il caricatore l'uomo mi sentì.
–Dopo otto anni che non ci vediamo mi punti una pistola in testa?-
Quella voce, quella corporatura.
–Chi sei?-
–Hai coraggio di chiedere chi sono ad un tuo vecchio amico.-
L'uomo si girò verso di me, aveva la barba folta, una corporatura forte con un accento del Molise. Era Emiliano.. Dopo 8 anni che non lo vidi dopo la strage lo credevo morto. Il mastino era suo, lo dicevo che mi era familiare quel segugio.
–Emiliano? Sei tu?-
–Sì Alex.-
–Dopo tutti questi anni. Ti credevo morto.- Dissi mentre mi rinfilavo la pistola nei pantaloni.
–Ci sono altri tre ragazzi che credi morti.–
–Stanno bene?–
–Sì, stanno dalle loro famiglie adesso.– Emiliano vide le medagliette che portavo al collo.
–Vedo che te le porti ancora appresso.–
–Già. Perché il tuo cane ha preso di mira mio figlio?–
–Perché era l'unico modo per condurti qui.– Disse Emi accendendosi un sigaro.
– Cosa? Potevi pure venire eh.–
– Il marito di tua sorella mi cerca Alex, pensa che sia stato io all'attentato di Charlie Hebdo. Non ho ucciso io quei francesi,sono stati i terroristi.–
Subito sentii le urla di Kevin che mi cercava.
–Ti sta cercando, vai.– Disse Emi andandosene con il mastino. Prima che svanì nella nebbia dissi:
–Quando ci possiamo vedere?–
–Sotto la torre di Parigi alle 20:30. –Finito di parlare, Emiliano se ne andò e dietro di me sbucò Kevin.
–Alex hai trovato quella bestia?–
–No.–
Dissi in tono freddo.
–Tutto bene Al?–
–Sì... Ho solo visto..– esitai.
un fantasma.-

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