L'interrogatorio

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Era l'una di notte. Giravamo in tondo per trovare un posto per passare la notte e interrogare l'estremista. La luna era piena con il vento che ci gelava gli occhi dal freddo.
Alla fine il posto che trovammo era un vecchio manicomio abbandonato della marcigliana.
Entrammo dentro con il camioncino nascondendolo bene tra le macerie. Uscimmo mettendo fuori le borse e gli approvvigionamenti mentre Matteo accese la sua radio portatile.
"Panico al vaticano: i militari hanno blindato il vaticano a causa dell'entrata in scena dei Ghost, il colonnello ha imposto la massima allerta alla santa sede." Sentimmo tutto mentre mangiavamo dei panini; l'ostaggio era nel camioncino svenuto.
- Ora siamo dei ricercati? - domandò Giuseppe con una risata ironica, finendo il panino. La suoneria del mio cellulare ruppe il silenzio, era Fero.
- Hey Fero -
- Alex dovete lasciare Roma - Qualcosa non andava, rimasi confuso.
- Cosa? Che succede? -
- I militari sono venuti da noi, vi stanno cercando - Il cellulare si spense, non c'era abbastanza campo per chiamare.
-  Chi era? - mi domandò Emiliano alzandosi da un grande mattone.
- Fero. - Emiliano era confuso, così gli raccontai quello che mi aveva detto. Emiliano scosso da tutto ciò si alzò di scatto mettendosi le mani in testa cercando di pensare. Per un'attimo fissammo il furgone sentendo l'ostaggio:
- La testa - disse lamentandosi. Senza perdere tempo aprimmo gli sportelli di dietro prendendolo e lo gettammo a terra.
- Sveglia principessa - disse Emi prendendo il ragazzo e legandolo ad una vecchia sedia del manicomio.
- Dove sono? Cosa volete da me? - disse pronto a piangere. Sergio gli tolse il sacco dalla testa dandogli un pugno per svegliarlo meglio. - Voi? - urlò impanicato. Peppe gli puntò subito la pistola ad una tempia.
- Urla di nuovo è raggiungerai il tuo dio in un batter d'occhio. - disse in tono freddo. Il ragazzo si calmò respirando profondamente. - Perché siete qui? -
- Siamo sempre stati qui. - rispose il ragazzo facendo confondere Elena e Sergio.
- Chi è il vostro capo? - gli domandai. Lui fece una risata e Peppe, irritato, gli sparò con il silenziatore al ginocchio, facendolo urlare. Il ragazzo provò a calmarsi con il ginocchio frantumato perdendo sangue.
- Sono solo un capitano di una milizia... L'uomo che volete si trova dove sorge il castello di Gaasbeek. - Sergio senza esitare gli sparò in testa.
Rimanemmo in silenzio per un po' pensando a cosa intendeva per castello.
- Ragazzi, è meglio che ci diamo una pausa. Andiamo a mangiare qualcosa, stiamo avendo troppo stress. - disse Emiliano tranquillamente. Appoggiammo l'idea di Emi e ci cambiammo i vestiti. Prendemmo il furgoncino mettendo dentro tutto quello che avevamo. Andammo a mangiare ad un bar fuori Roma e prendemmo un piatto di pasta ciascuno.
- Da quanto non mangiavamo insieme? - domandò Matt suscitando i bei ricordi.
- Da ben 20 anni - disse Elena chiudendo il discorso. Emiliano non toccò il piatto, forse non aveva fame oppure stava pensando ai problemi.
- Forse abbiamo sbagliato ad ammazzare quell'uomo - disse con tutta sincerità. Un ragazzo disse all'uomo del locale di alzare il volume e così fece:
"Trovata bomba a Bruxelles, l'esercito ha dato l'allerta rossa". Da lì ebbi un colpo di genio.
- So dov'è l'uomo che cerchiamo. - dissi posando la forchetta sul tavolo.
- È a Bruxelles. - disse Peppe capendo.
- Come fate a saperlo? - domandò Elena bevendo la birra.
- Gaasbeek è una cittadina in Brussels - Dissi chiarendo le idee a Elena. Subito ci alzammo dal tavolo e pagammo il conto, uscimmo dal locale mettendo in moto il furgone.
Dopo 7 ore di tragitto eravamo sull'autostrada: Sergio teneva il volante, Matteo era con il computer ad aggiornarci, Elena puliva la canna del suo fucile e io, Peppe Emiliano e Mauro preparammo il tutto.
- Quanto manca ancora Sergio? -
- Eh, ancora molto Alex - mi disse sbadigliando.
- Matt, novità? -
- Avevi ragione Alex, il castello di Gaasbeek, era una roccaforte un tempo, poi fu distrutto e ricostruito. Maggior parte è un museo, ma ci sono sezioni chiuse al pubblico - disse Matt mangiando l'ultimo supplì. Restammo nel furgone per molto tempo sentendo ciò che diceva la radio. Pochi chilometri dopo c'era un autogrill dove ci fermammo per andare al bagno e prendere qualcosa da mangiare per il tragitto. Fu il turno di Giuseppe di guidare.
Mi mancava la mia famiglia, Jesse, i bambini, ma non ci potevo pensare. Se c'era una cosa che mi aveva insegnato mio padre era che le emozioni non si mettevano mai in mezzo alla missione. Durante il tragitto pensai a lungo, pensai al vecchio gruppo: il divertimento, le risate, i pianti. Eravamo una grande famiglia finché arrivò la leva militare, dopo quell'evento il gruppo si sciolse. E Russel... Nessuno lo aveva più visto da quando morì suo padre. Molti pensavano che si fosse trasferito nelle Filippine o altre brutte storie. La nostalgia del gruppo si faceva sentire tantissimo.
Matt prese dalla tasca il portafogli per prendere la pennetta satellitare. Appena aprì il portafoglio vide una vecchia foto dove c'eravamo lui, io e Emiliano con tre amici nostri da giovani. Era la festa di un nostro amico. Guardando la foto, gli cadde qualche lacrima. Giuseppe notò e gli mise la mano sulla spalla per consolarlo. Incoraggiato da Peppe si asciugò le lacrime con la manica della maglietta e sorrise.
- Mi scappa un goccio - disse Sergio svegliandosi.
- Ma come? Siamo stati all'autogrill mezz'ora fa! - disse Elena mentre Emiliano e Mauro ridevano sotto i baffi. Sergio sbucò davanti a Peppe facendolo spaventare.
- SERGIO CRISTO SANTO! - urlò Peppe, mentre a Matt gli scappò una grandissima risata.
- Peppe fermati ti prego, mi scappa da pisciare - Peppe si tranquillizzò fermando il furgone con un sospiro e Sergio scese dal furgone respirando un po' d'aria. Finito di fare i suoi bisogni, si chiuse la zip guardando il cielo che si stava facendo nero, così si affrettò a salire prima che iniziasse a piovere. Giuseppe riaccese il motore avviandoci. Iniziò a piovere. I lampi cadevano davanti ai nostri occhi facendoci ricordare i bombardamenti di 20 anni fa.
Sei ragazzi, una volta una grande squadra militare, ora, una squadra speciale.

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