Era notte, non so precisamente che ore fossero, ma mi svegliai di soprassalto. Ogni notte, ogni maledetta notte, quell'incubo si ripeteva. Quel dolce incubo, quelle immagini che si ripetevano come un eco nella mia testa. Mia moglie, la mia bellissima donna era lì, che rivolgeva verso di me i suoi occhi di un azzurro profondo e intenso, e un sorriso, mentre sussurrava delle parole, che non riesco ad afferrare. Mi sforzo di capire e ricordare cosa mi volesse dire, ma per quanto mi danni, non riesco a ricordare. La mia mente si concentra su altro, sulla morte di Amy, e come ne sono venuto a conoscenza. Il mio nome è Aaron Parson, guerriero della grande e nobile corona Inglese, partito in guerra per difenderla dal Regno francese. Sono partito da ragazzo, sono tornato da uomo. La guerra mi ha cambiato; ci macchiamo di così tanti peccati, che cominci a domandarti il perché di queste guerre combattute solo per il volere di una singola persona, un monarca, pur quanto egli sia illustre. Ma non sta a noi soldati discutere di tali questioni, il nostro obbiettivo è e sempre sarà avanzare tra i cadaveri dei nemici sconfitti, per difendere i principi di libertà, per vantare un titolo, per sentirti veramente uomini, per sentirsi vivi. Capisco soltanto dopo essere tornato perché il generale Arthur McLean mi disse che durante la guerra ci si sente realmente vivi; perché sentirsi vicini alla morte ti fa apprezzare la vita, le piccole cose: come dei bambini che giocano, come l'osservare la natura che si risveglia dopo l'inverno, come guardare il sorriso della tua amata quando torni dopo anni. Tutto questo mi è stato negato. Non ho più visto la mia donna, ella era già morta al mio ritorno. Le sue ultime parole, a memoria, sono state –ti prego, fa sì di tornare sano e salvo, e poi ti potrò regalare un maschio che crescerà sano e forte. –
Non mangiai per circa 3 giorni. Mi stavo lasciando morire. Che senso aveva ormai vivere se la mia donna, la futura madre dei miei figli, ormai non c'era più? Non avevo potuto nemmeno rivolgerle un ultimo saluto e lasciarla spirare.
Alcuni giorni dopo venne Thomas il fabbro, che era un amico di vecchia data del padre di Amy, il vecchio mugnaio del villaggio, e l'aveva praticamente vista nascere e l'aveva cresciuta come una figlia dopo la morte del suo caro amico, a farmi le condoglianze, dicendomi che non era voluto passare prima per lasciarmi al mio dolore e rispettare il mio silenzio. Mi raccontò così come erano andati i fatti: sono arrivati al villaggio i Cavalieri dell'Ordine degli Assassini, che, fermandosi davanti casa mia, buttarono giù la porta e presero Amy e la portarono via. Giorni dopo la riportarono al villaggio per giustiziarla, accusata di non aver preso parte alla Messa in questi anni in cui io ero stato via e, di conseguenza, accusata di aver perso la sua Fede nei confronti della Chiesa. Thomas mi indicò con voce spezzata dal pianto, dove aveva provveduto a darle degna sepoltura, occupandosi personalmente di portarle sempre dei fiori nuovi. Papaveri rossi, i suoi preferiti. Così mi lasciò, dopo avermi portato da mangiare e mi disse infine che, se voleva, la porta di casa sua sarebbe rimasta aperta per me a qualsiasi ora.
Mi incamminai verso la sepoltura di Amy e, come un folle, le parlai per quasi un giorno intero, inginocchiato per com'ero, con il suo abito preferito fra le mani, con le lacrime penetrate nel mio silenzio. Esse facevano più male di qualsiasi ferita rimediata in battaglia. Il mattino seguente mi svegliai alle prime luci dell'alba, bagnato dalla pioggia che cadeva incessante. Andai verso casa di Thomas, che aveva già aperto la sua bottega. Gli chiesi così di preparami una nuova lama che si adattasse sia al taglio che all'affondo, leggera al punto giusto ma non debole, e di riparare la mia armatura, consunta dalla guerra. Inizialmente non capì le mie intenzioni, ma poi guardando il mio sguardo intravide quello di chi ha uno scopo nella vita e lo deve realizzare con qualunque mezzo e modo, ed effettivamente era così.
Ormai la mia vita non aveva più senso, avrei fatto fuori chi aveva assassinato la mia donna, uno alla volta, in modi e in maniere che neanche il Demonio conosce.
Thomas mi disse di stare attento e di ripensarci, perché era una missione suicida, data anche dal fatto che mi sarei messo contro tutto l'intero Ordine. Già, ma che senso aveva ormai? Che senso poteva avere la mia vita se solo la morte mi avrebbe riunito a lei? Non mi importava nulla, non avevo più alcun motivo di interessarmi di ciò che succedeva attorno a me.
Lasciai tutti i miei averi proprio a Thomas, dandogli come unico incarico di prendersi ancora una volta cura di Amy come aveva sempre fatto, in attesa del mio ritorno.
Così, ogni notte, tutti questi eventi riaffiorano nella mia mente, come ferite sanguinanti mai richiuse.
La cosa che molti non sanno è che quel giorno, il giorno in cui pregai sulla tomba di Amy, promisi la mia anima al Demonio che mi sarebbe stata tolta nel momento in cui avessi vendicato la mia amata, ricevendo in cambio una forza sovraumana. Quel giorno segnò la fine di Aaron Parson, e l'inizio della mia nuova esistenza come Demone Errante, come il Cacciatore dell'Ordine, colui che uccide gli Assassini durante il loro sonno. Quegli incubi sono un monito che mi ricordano la mia missione e il prezzo che dovrò pagare per portarla a termine. Ma cosa può interessarmi? La morte sarà il dolce risveglio accanto alla donna che amo e che amerò per sempre, fino alla fine dei miei giorni.
PS: cari lettori, se siete qui è perché in qualche modo questa storia vi è sembrata interessante, perciò vi ringrazio e spero di avervi intrattenuto per tutto il tempo che avete letto . Perciò vi chiedo di commentare e scrivere la vostra: Ogni commento per noi che scriviamo è importante per avere un Feedback costante sulle nostre storie .
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L'anima del Dannato
FantasyInghilterra, 1428, guerra dei cent'anni. Aaron Parson, di ritorno dalla guerra, vede davanti ai suoi occhi quello che nessun uomo si augurerebbe mai di vedere: sua moglie è stata uccisa brutalmente dall'Ordine dei Cavalieri Assassini, un gruppo di u...