Capitolo IX - Santità

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Un gruppo di guardie mi stava scortando all'interno del palazzo. Non ero mai entrato all'interno dell'abazia di Westminister né tantomeno avevo mai visto qualcosa di così sfarzoso. L'esterno dell'abazia era imponente e difficilmente si poteva credere che fosse stata costruita dalle mani di uomini comuni e pensata per essere di un fascino disarmante. I soldati mi sollecitarono ad affrettare il passo, ma tutto ciò che i miei occhi vedevano sembrava una romantica poesia. Aperto il portone principale ciò che mi si parò davanti era di una bellezza fuori dal normale: per quanto l'edificio fosse imponente, la luce riusciva a penetrare al suo interno, grazie alle grandi vetrate che si estendevano tutt'intorno al perimetro, facendo notare i particolari più affascinanti di quella che potrei considerare una creatura di Nostro Signore affidata alle sapienti mani di nobiluomini illuminati dal Suo amore. Al suo interno, le navate si estendevano fino al coro, di forma esagonale, delimitate da una serie di archi e colonne che si univano da destra a sinistra formando delle volte sopra le nostre teste. Mi inchinai di fronte a codesta bellezza architettonica e, come mi fu ordinato, proseguì verso destra, dove era presente una piccola porta di legno, dalla quale si poteva passare uno alla volta e leggermente curvi, per non battere la testa. Aperta la porta vi era una scalinata che si estendeva verso il basso, completamente oscurata dal buio, tanto che il soldato che mi precedeva, staccò dal muro una fiaccola per far luce. Cominciammo a scendere nelle profondità della chiesa, che si estendevano a perdita d'occhio, mentre cominciava a fare sempre più freddo. I soldati non parlavano tra loro, erano delle guardie, e non era contemplato certamente questo fra i loro compiti. Avevano un elmo con delle piume rosse che sfumavano poi verso la fine su di un bianco panna. La loro armatura era argentata e avevano annessa a questa un mantello completamente rosso con una croce d'orata ricamata, oltre che degli spallacci su cui vi erano dei cordoni anch'essi dorati. Sul petto vi era inciso il simbolo dell'Ordine: una croce tenuta da una mano illuminata dalla luce di Dio, e sotto di essa lo stemma della Corona Inglese. La luce scintillava sulle protezioni in acciaio e sulle umide pareti in pietra, che seguivano ora un percorso piuttosto lineare verso un grande portone in legno con delle cerniere laterali metalliche, tenute assieme a quest'ultimo da dei grossi chiodi, quasi quanto il palmo di una mano. La guardia che avevo di fronte bussò alla porta, prendendo il grosso maniglione che vi era annesso, facendo rimbombare la stanza dall'altro lato con un eco quasi terrificante. La guardia che seguiva mi disse come comportarmi quando sarei entrato, dicendomi di inchinarmi giunto davanti alla scalinata che portava al trono. Le porte vennero entrambe aperte dall'interno da altre due guardie, che fecero cenno di entrare inchinandosi in segno di riverenza, probabilmente nei confronti dei due cavalieri che mi scortavano. La guardia arrivò fino a metà stanza e si inchinò, come quella dietro, indicandomi di farlo solo quando mi fosse stato indicato di avanzare. Davanti vi era una schiera di altre guardie posizionate in due file parallele, che si guardavano, faccia a faccia, a distanza di mezzo metro circa, senza battere ciglio, in posizione di attenti e con una mano posizionata sullo stocco dato loro in dotazione. Il cavaliere che mi precedeva così annunciò ad alta voce

-Sua maestà, Il Vescovo Sir John Chapman! –

Gli altri cavalieri sguainarono le spade, producendo l'eco metallico in tutta la stanza, tendendole verso l'alto e incrociandole con la guardia che avevano di fronte, creando una sorta di arco con le loro armi. I due cavalieri che fino a quel momento avevo seguito, si posizionarono ognuno in una delle due file, anch'essi seguendo i loro compagni nella solenne postura.

-Vieni avanti, cavaliere. - disse il Sir nella penombra. Le luci della stanza, leggermente soffuse, facevano intravedere solo il trono dove vi era seduto il Sommo Vescovo, assieme alle scale, dalla quale scendeva un lungo tappeto rosso, che terminava a metà del percorso formato dalle guardie. Cominciai ad avanzare guardando i cavalieri, che non esitavano a muovere nessun muscolo, neanche il loro sguardo, fisso in aria verso la punta delle loro lame. I miei passi facevano rumore nella grande stanza, ma poi vennero attutiti dal rosso tappeto che mi si poneva davanti, soffice e ben realizzato, con cuciture laterali colore oro. Le finestre erano oscurate da dei drappi rossi che scendevano fino a terra, riportando, a motivi regolari, il simbolo dell'Ordine. Arrivato al primo gradino della lunga scalinata che conduceva al trono, elegante e possente allo stesso tempo, laccato interamente in oro e con dei cuscini rossi su cui sedeva Sir Chapman, mi inchinai, come mi era stato ordinato precedentemente di fare, poggiando il ginocchio sinistro a terra e abbassando il mio sguardo verso il tappeto, incrociando le braccia sulla gamba destra. Dietro di me le guardie infilarono le loro spade dentro i foderi, producendo il meno rumore possibile, per non interrompere il solenne momento.

Alzai leggermente lo sguardo, e vidi che il Vescovo mi faceva cenno con una mano, ricoperta da un guanto di seta bianca, di alzarmi.

-Cosa ti porta dinanzi al mio cospetto, giovane recluta? – iniziò il Sir, con tono molto delicato, che dava la sensazione che fosse veramente un grande uomo illustre e di buon cuore.

Riposi –Il mio nome è Gabriel Carter, figlio di William Carter, morto durante l'assedio francese alla città di Portsmouth, durante la Morte Nera. – senza farmi tradire dall'emozione del momento.

-Figlio di Will Carter? Non credevo avesse degli eredi. – continuò a proferire, con tono caldo, quello che riesce a metterti a tuo agio in ogni situazione.

-Sua Santità, tre giorni fa sarebbe stato il mio primo giorno di apprendistato tra le fila di Voi cavalieri dell'Ordine, come mi è sempre stato ordinato di fare dalla mia Casata nobiliare. Ero stato affidato a due soldati maggiori, Dave Wellington e Bram Johnson, i quali stavano svolgendo a dovere il loro compito. Durante la mattina di due giorni fa, nei pressi di Cambridge, siamo stati assaliti – mostrai le ferite sulla spalla e sulla gamba - da un uomo che ha ucciso i due Valorosi, lasciando a me il compito di tornare e avvertirvi che era sulle tracce di voi cavalieri. Sir, il suo nome è Aaron Parson. –

Vi fu un attimo di silenzio. Si sentiva solo il crepitare della legna posta sulle fiamme che fungevano da unica fonte di luce all'interno della grande sala. Il Vescovo strinse le dita attorno ai braccioli squisitamente abbelliti da forme sinuose e da due leoni ruggenti, facendo presa per potersi alzare dal trono in cui era seduto. Cominciò a scendere i gradini con smisurata eleganza, mostrando per la prima volta il suo volto.

Era un uomo alto, di circa sessant'anni, con il viso invecchiato dall'età, che lo faceva sembrare saggio. Il volto era leggermente inasprito dalle notizie che avevo riportato, denotando comunque un sguardo perentorio, tipico di chi è abituato a dare ordini. Si avvicinò a me e poggiò la sua mano sulla mia spalla.

-Ragazzo, il tuo contributo alla causa è stato ineccepibile. Sai perché gli uomini sono peccatori? – mi domandò con voce distesa. Nelle sue parole e nell'intonazione della sua voce, si notava così tanta conoscenza, da farti sentire, in men che non si dica, uno stupido contadino, qualunque fosse il tuo grado di istruzione.

-Perché la nostra vista è offuscata dal Peccato? – Risposi, prendendomi qualche secondo, per pensare a quelle parole.

-Perché l'uomo stolto è arrogante. Stolto è colui che, lasciatosi guidare dal male, affida le proprie carni al Demonio, andando contro Nostro Signore. Il nostro dovere da Assassini dell'Ordine della Chiesa è compiere il volere di sua Santità il Vescovo di Roma e cancellare ogni forma di Male, in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti – Rispose, facendosi il segno della Croce e invitandomi a seguirlo, ponendo poi entrambe le mani sulla mia testa, pronunciando L'Assunzione. I cavalieri dietro di me si inchinarono tutti, in segno di riverenza, ed io abbassai il mio sguardo, chiudendo gli occhi e giungendo le mani.

-Ragazzo, da domani sarai affiancato al Sergente Hammond, il quale guiderà un contingente di Assassini formato da venti dei migliori uomini scelti dal suddetto, per dare la caccia a questo eretico. Amen. –

-Amen. –

mi venne indicato di uscire da un cavaliere posto a guardia della porta, e di non far parola con nessuno di quanto avvenuto.

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