Capitolo Trentatrè

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Mi svegliai, e vidi Trevor addormentato sulla sedia.

Sorrisi a quella vista: sembrava veramente dormire come un bimbo.

Mi alzai e mi avvicinai a lui.

Sì, la mia supposizione era più che corretta: dormiva davvero com un bimbo.

Sbadigliai e mi incaminai verso il bagno; finito, tonai camera e notai che trevo si era svegliato.

«Buon giorno, dormiglione» gli dissi.

«'Giorno» disse stiracchiandosi.

Alzandosi, si guardò intorno.

«Hai dormitp meglio, ieri notte?» mi chiese, ed io anuii.

«Sì, decisamente meglio» gli risposi, suscitando un suo sorriso.

«Ottimo. Se vuoi che rimanga qui di nuovo, basta chiedere» mi disse, ed io anuii.

Dal nulla, il mio stomaco brontolò.

«Credo sia ora di cibarti» disse Trevor, mentre io diventavo rossa come un peperone.

Si avvicinò e mi caricò su una spalla.

«Che.. cosa... stai facendo?» chiesi leggermente irritata

«Non voglio che tu ti faccia male lungo le scale» disse.

Le sue mani erano veramente fredde, come quelle che, quel giorno, mi avevano trascinato via dalle macerie.

«Le tue mani sono congelate!» esclamai. Lui rise e mi mise giù.

«Perchè le tue mani sono così fredde?»

«Beh, sono un demone se ricordi» mi rispose, ed io annuii.

Pensai a qualcosa, ma lasciai andare.

«A cosa pensi?» mi chiese lui, mentre la sua testa si inclinava dalla curiosità.

«Nulla, solo... ero solo sovrapensiero» dissi, e lui annuì.

Qualcosa, però, mi disse che nascondeva qualcosa.

«Cosa nascondi?» chiesi.

«Nulla» disse lui «Solo, io so chi ti ha rapita»

Non so perchè, ma gli credetti e gli rivolsi un sorriso.

Tranquillamente, mi cucinò la colazione mentre mi raccontava di lui.

Trovavo interessante come avesse vissuto la sua vita, ma era anche stremamente solitaria.

«Beh, non c'è da stupirsi che tu sia triste, allora» dissi.

«Cosa?» chiese lui.

«Nulla» risposi guardandomi le mani. Un piatto comparve davanti alla mia faccia ed alzando lo sguardo trovai un Trevor che mi sorrideva caldamente.

«Dimmelo» mi disse.

«Prometti che non ti arrabbi?» gli chiesi.

Lui scosse la testa.

«Pensavo che... beh, non c'è da stupirsi che tu ti senta solo, dato che per tutta la tua vita hai viaggiato in solitudine» gli risposi, e lui rise.

«Sì, ogni tanto la solitudine si sente, ma mi ci sono abituato» disse.

Poi puntò un dito verso il piatto: «Mangia».

Incominciai a mangiare e sentii Trevor allontanarsi.

Lo sentii alzare la voce con qualcuno, poi qualcosa si fracassò contro il muro.

Mi alzai di scatto e mi diressi dove era Trevor.

Lo trovai ricurvo su se stesso, con il volto fra le mani.

Mi avvicinai e mi chinai lentamente, abracciandolo.

Ormai, consideravo Trevor un amico, nonostante mi avesse fatto del male, e vederlo arrabbiato faceva arrabbiare anche me.

«Stai bene?» gli chiesi, e lui scosse la testa.

«Tu... mi ricordi qualcuno che conscevo» disse.

«Chi?» chiesi delicatamente.

«La mia compagna. Lei... lei mi ha rifiutato quando le ho detto chi e cosa ero» mi spiegò, ed io anuii.

Lo strinsi un po' più forte e gli massaggiai la schiena.

Tentai di confortalo esprimendogli la mia amicizia e lui mi sorrise.

«Non preoccuparti. Non provo nulla per te, se non un'amicizia. La tua specie ha forti sentimenti verso i propri compagni quindi, anche se ci provassi, è una battaglia persa in partenza»

«Perchè siamo solo amici, giusto?» gli chiesi, e lui rise.

«Perchè essere amica di un mostro come me, sopratutto dopo che ti ho picchiato?» disse, ed io mi raddrizzai.

«Questo è il discorso che ho con Eric tutte le sante volte» gli dissi, e lui mi guardò confuso.

«Tu. Non. Sei. Un. Mostro. Tutto ciò che hai passato, ti ha reso la persona che sei oggi»

Lui sorrise.

«Immagino tu abbia ragione. Forza, finiamo la colazione» disse, ed io annuii.

«Con chi stavi litigando, prima?» chiesi, e lui rise.

«Con il Master della casa. Stava facendo l'idiota» disse. Guardai il tavalo e vidi un fogliettino.

"Ciao, sono il Master di cui hai tanto sentito parlare. So che sei davvero ansiosa di sapere chi io sia, ma non riesco a prepararmi abbastanza perchè tu riesca a vedermi. La ragione è abbastanza semplice: potresti odiarmi per quello che ho fatto. Un giorno, molto presto, ci incontreremo, e Trevor te lo dirà quel giorno stesso. Fino ad allora...

-- Master -- "

Guardai Trevor e notai che aveva il mio stesso sguardo.

«E... questo?» chiesi, ma lui si sitrinse nelle spalle.

«Sembra che... un giorno di questa settimana incontrerai il Master» disse.

Io annuii e finii il cibo.

«Ti va di vedere qualcosa su Netflix, oggi?» mi chiese.

«Quella mi semra un'ottima idea» risposi, incamminandoci in una stanza.

Era arredata come un cinema in miniatura; mi sedetti su una poltroncina e attesi l'arrivo di Trevor.

Appena l'introduzione di American Horror Story incominciò, io lanciai urletti di approvazione e lo guardammo tutto il giorno.

Al settimo episodio, però, mi addormentai placatamente sulla poltroncina.


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