Capitolo venti(parte1)

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Mi ritrassi in un' angolo al suono del cigolare della porta.

Sentivo il corpo vibrare di potere e il sangue scorrere più veloce e brucciante nelle vene.

Il mio corpo era pronto a scattare e attaccare chiunque fosse entrato. Avrei dovuto ma non volevo.

Non avrei attaccato nessuno di un altra razza.

Non avrei fatto parte della Grande Guerra. 

Sarei morta, ma almeno non avrei versato il sangue di nessuno.

Strinssi le braccia intprno al petto e affondai le unghie nella mia stessa carne.

Sentivo il sangue, caldo, dolce, delizioso, scorrermi sulla pelle. Non avrei attaccato.

Un passo. Due passi. Tre passi.

Il mio aguzzino si avvicinava lentamente e con cautela.

Racchiusi i sentimenti lontani nel mio subconscio, non dovevo mostrarli. Mai.

Davanti a me si fermò un giovane uomo sui diciotto anni. Completamente vestito di nero.

Il viso imperturbabile e privo di emozioni. Mi guardava con la fronte coruciata.

Era contrariato? Perché?  Non era felice di avere un'Angelo alla sua merce, da torturare e umigliare a suo piacimento?, pensai ironica guardandolo male.

"Cosa facevo nel mio territorio Angelo?", chiese,la voce cupa e rocca ma con una notta intrigante che lo rendeva sensuale, probabilmente senza che lui lo sapesse. Scommetto che si sarebbe irritato nel sapere che la dua voce era piu sensuale che  minaciosa.

Senza volerlo mi scapo una risatina che fermai subito dopo per guardarlo. Aveva gli occhi leggermente socchiusi per osservarmi meglio. Erano di un verde intensso con pagliuzze azzurre a formare formare una circonferenza ontprno all' iride.

"Ti faccio ridere?", chiese senza inclinazioni nella voce che facessero intuire cosa provasse o le emozioni che lo attraversavano.

Mi strinsi nelle spalle. Non avevo voglia di dargli una risposta. Che continuasse a parlare lui per entrambi. Anche se  parlava pocco.

"Non hai intenzione di parlare?", lo guardai annuendo divertita.

Sospiro chiudendo gli occhi e lasciando fuoriuscire tutta la stanchezza che gli comportava la Guerra.

Piegai la testa e socchiusi gli occhi. Non sapevo cosa lo spingesse a proteggere quelle persone. Ma lo ammiravo perché stava facendo ciò che avrei dovuto fare io.

Si appoggio ad una parete con una spalla incrociando le braccia sul petto ampio.

"Non voglio tenerti in questo schifo di cella", disse con disinteresse."Ma devi dirmi cosa facevi nel mio territorio".

Lo guardai senza parlare. Non lo avrei attaccaro, ma non avrei nemmeno ceduta. Ero pur sempre un Angelo Organico. Al pari di mio fratello e Lucifero.

Non mi sarei piegata per nessuno.

Bemmeno per quegli occhi che sembravano brucciarmi dentro come bracci ardenti.

Pov'Sedrick

Un filo di vento gelido penetro nella stanza. Chiusi con un gesto secco la finestra.

Sentii un sospiro dolce e delicato alle mie spalle e mi girai a guardare il mio piccolo angelo ,dalle ali recise, dormire ranichiata in posizione fatale. Richiusa su se stessa.

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