Premessa: Non sappiamo se sia chiaro, ma dato che i personaggi di questa storia sono inglesi, i nomi andranno pronunciati con accento inglese; così anche per Alice, che non andrà chiamata "Alice", ma "Elis".
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Dopo qualche bicchiere di champagne iniziai a vedere tutto più colorato. Mi sentivo sollevata, spensierata. Avrei voluto sentirmi così per sempre. Mi alzai, ma subito dopo inciampai andando a sbattere contro una ragazza che stava ballando in pista. "Ehi! Stai attenta!" mi urlò con una voce strozzata e irritante. Tutto sembrava amplificato; i suoni mi rimbombavano nella testa, faceva male. Mi diressi verso quella che sembrava essere la cucina. Camminavo passo dopo passo, appoggiandomi alla parete color crema. È orribile quel colore, pensai. Iniziai a ridere, così, senza un motivo. Tenevo la mano sulla bocca per soffocare le risate che uscivano dalle mie labbra. Strizzai gli occhi cercando di vedere chi ci fosse in piedi davanti a me. Una mano calda e rassicurante mi avvolse il polso. Tom. "Alice? Tutto okay? Mi sembra che tu stia per cadere." Disse, reggendomi per le spalle. "N..non..sto..bbbene" dissi con la voce impastata. A sentire quel suono alquanto buffo, iniziai a ridere. "Dai Alice, ti porto a dormire." disse. "Va bene papino." risposi ridacchiando. Sentivo le guance accaldate, forse a causa di tutto quello champagne.
Sentii una risata da parte di Tom, che di tutta sorpresa mi prese in braccio e mi portò in macchina. Quando sentii i sedili di pelle sotto il mio corpo sbuffai. "Non voglio andare a dormire!" protestai, battendo i pugni come una bambina. Tom non rispose, ma mise la macchina in moto e partì. Il viaggio fu silenzioso. Stavo iniziando a smaltire l'alcol e la nausea si impossessò del mio stomaco. "T-Tom..credo d-di dover.." balbettai imbarazzata tenendomi lo stomaco con entrambe le mani. "Certo, capisco. Prima sbronza?" chiese ridendo. Non lo trovavo divertente, ma per gentilezza annuii accennando un sorriso. Lui fermò la macchina e aprì la portiera dalla mia parte. Non appena uscii, mi lasciai cadere sull'asfalto. Tom, gentile come sempre, mi offrì un fazzoletto. Mi pulii la bocca e mi scusai, imbarazzata per l'inconveniente. "Tranquilla, Alice." Disse lui appoggiando la sua mano sulla mia spalla. Quando mi sentii meglio, tornammo in macchina. Era stato così gentile da decidere di portarmi a casa. Ed io? Ubriaca nella sua macchina. Ma cosa sto facendo? All'arrivo al college, Tom mi aiutò a salire le scale e mi accompagnò fino alla mia stanza. "Non so come ringraziarti, Tom. È stato davvero gentile da parte tua." Dissi guardando per terra e mordendomi il labbro. "Ehi, Alice, non scusarti, avevi bisogno di qualcuno." Rispose lui, e dopo avermi abbracciata si allontanò. Mi girai, e dopo qualche tentativo riuscii a centrare la serratura con la chiave. Sospirai ed entrai nella stanza. Mi diressi direttamente al bagno. Avevo bisogno di lavarmi via di dosso quella serata. Tutto. Sentivo le vene pulsare. Aprii l'acqua, e dopo essermi spogliata, mi misi sotto il getto tiepido. L'acqua scorreva lentamente sul mio viso accaldato per via dell'alcol. Dopo una doccia rilassante, mi asciugai velocemente e indossai il pigiama, prima di rifugiarmi sotto le coperte. Controllai il mio telefono, un paio di messaggi. Entrambi erano di mia madre. Lo spensi. Le avrei risposto l'indomani. A quel punto dovevo solo concentrarmi per l'esame che avrei dovuto sostenere dopo una settimana.