Capitolo 13

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Sentii una vibrazione improvvisa. Mi stropicciai gli occhi assonnati, cercando di abituarli al buio della stanza, e mi misi a sedere. Quella, oltre ad essere una stanza piccola, faceva morire dal caldo. Inoltre eravamo ancora a inizio semestre. Mi scrollai di dosso le lenzuola pesanti e mi misi in piedi. Illuminai il telefono. In effetti avevo un messaggio, di Tom. Il cuore iniziò a battere forte mentre sbloccavo lo smartphone e leggevo il suo messaggio. Sorrisi alle sue dolci parole. Guardai l'ora in cui l'aveva scritto: le quattro di notte. Sentii un tonfo al cuore, magari era stato il mio messaggio a svegliarlo? Con questa e altre domande che mi frastornavano la mente, mi diressi verso il bagno. Al contatto freddo col pavimento del bagno feci un sospiro, nella stanza da letto avevamo la moquette verde, ma in bagno padroneggiavano le piastrelle, che sopratutto al mattino erano sempre fredde. Mi diedi una lavata veloce sotto la doccia calda e mi preparai per andare a lezione.

Quel giorno avrei dovuto pranzare con Tom, quindi decisi di vestirmi decentemente. Indossai una gonna con delle calze, delle Vans nere e una camicetta bianca che spuntava fuori da un golf nero.

Guardai l'orologio avvinghiato al mio polso e mi resi conto che se continuavo con quella velocità sarei arrivata leggermente in ritardo. Mi assalì il panico, non ero mai arrivata in ritardo ad una lezione in tutta la mia vita. Mi affrettai a lavarmi i denti e mi spazzolai i capelli neri arruffati.

Mi chiusi la giacca e prima di uscire mi voltai verso il letto di Cathleen, che stava ancora dormendo un sonno abbastanza pesante. Probabilmente aveva bevuto un po' troppo la sera prima, conclusi.

Afferrai la borsa ormai vecchia e logora e mi diressi con passo deciso verso il college, che per fortuna era adiacente al dormitorio. Stavo guardando il cielo per capire come sarebbe stato il tempo quando andai a sbattere contro qualcuno. Non guardavo mai dove andavo, era un mio difetto che non avrei mai accettato. Alzai lo sguardo disorientato, che subito si trasformò in uno sguardo infuriato e allo stesso tempo nervoso. "Scusa" mormorai fissando gli occhi infastiditi di Derek, che a loro volta fissavano una sigaretta caduta per terra. Ma sarà mai possibile che devo sempre andare a sbattere contro di lui? Derek alzò gli occhi per guardarmi e sospirò. "Devi guardare dove vai, cara" disse con l'aria turbata e la voce calda. Sentii un leggero formicolio alla stomaco, immaginando ancora il contatto del suo corpo contro il mio. Ma questa strana e fastidiosa sensazione sparì immediatamente appena scorsi dietro le spalle di Derek Tom che spingeva con forza la folla per guadagnare spazio ed entrare nell'edificio. È un ragazzo da evitare, Alice, soprattutto una come te, non devi avvicinarti a lui. Non promette niente di buono. La voce di Tom mi stava dando un segnale di allerta da dentro la mia testa. Ma gli occhi verdi e apparentemente preoccupati di Derek mi fecero dubitare dell'idea che Tom si era fatto su di lui. Mi sfiorò la spalla con le punte delle dita e mi guardò sospirando. "Ti sei fatta male?" chiese. Anche nella preoccupazione, il suo volto rimaneva impassibile, senza far trapelare un minimo sentimento. Feci di no con la testa e mi allontanai, stringendo la borsa fra le mani. Non appena entrai nel college cercai con lo sguardo Tom, per distrarmi e dimenticare il turbamento che provavo quando vedevo Derek. Mi mossi velocemente tra la folla che camminava nella direzione opposta. Quando vidi Tom entrare nell'aula di chimica lo chiamai, ma l'orologio sul muro davanti a me segnò l'inizio dell'ora, accompagnato dal suono della campanella. Mi girai e mi lasciai trasportare dalla folla, dirigendomi verso la mia aula. La lezione che avrei seguito era quella di psicologia.

Quando entrai, un senso di vergogna si impadronì di me; arrivare in ritardo ad una lezione, non mi era mai capitato. Se mia madre lo avesse scoperto, come minimo mi avrebbe uccisa. Ero preoccupata, ma l'insegnante non sembrò neanche di accorgersene. Mi sedetti al primo banco e tirai fuori la penna e il quaderno degli appunti. Mi morsi il labbro quando la lunga lezione terminò. Stavo per scappare dall'aula ancora imbarazzata per il mio ritardo, quando il professore mi chiamò "Signorina Heather, venga qua un attimo, Le devo parlare."

Sentii le orecchie scoppiare e il sangue friggermi il cervello. Mi avvicinai con passo insicuro alla possente scrivania. "È per il ritardo, ne sono sicura" balbettai tra me e me. Appena arrivai davanti al professore iniziai con le scuse. "Mi scusi professore, non accadrà più. Stamattina ho avuto un contrattempo e..." dissi attorcigliando tra di loro le dita sudate. Lui, in risposta, si mise a ridere. Una risata sonora, interrotta da qualche colpo di tosse, data la sua età. Arrossii immediatamente. Cosa c'era da ridere?

"Oh, cara Alice, il ritardo, anche se ci fosse stato, non è un problema, soprattutto al college. Noi non consideriamo i ritardi. E poi, Lei è entrata dopo nemmeno un minuto dall'inizio della lezione! In realtà, L'avevo chiamata solo perché volevo congratularmi con Lei per i Suoi voti eccellenti in questa materia, e suppongo in tutte le altre. È un piacere avere persone determinate e serie come Lei, qui." mi informò, e sorrise compiaciuto. Volevo sotterrarmi per la figuraccia, ma l'orgoglio prese posto tra le mie emozioni. "Beh, grazie professore. La psicologia è la mia materia preferita. Sono io a ringraziare Lei per aiutarmi ogni giorno a scoprire qualcosa in più a riguardo." Conclusi teatralmente con una stretta di mano e mi allontanai dalla classe. Ora era il momento di incontrare Tom, di mangiare e passare del tempo con lui. Mi girai e fui sorpresa nel trovarlo subito davanti a me. "Ciao Alice" Disse in imbarazzo. Una fossetta si formò appena sotto il suo occhio destro. Era così adorabile. Sorrisi imbarazzata e lo salutai con un abbraccio. "Allora andiamo?" chiesi impaziente di mangiare. Infatti non avevo fatto colazione, ma mi ero preparata un panino la sera prima. Ci dirigemmo fuori e scegliemmo una panchina un po' appartata. Lui mi fissava con occhi sognanti, e io non potevo fare altro che ridacchiare e schivare le sue occhiate. "Vuoi un po' del mio panino?" Chiesi spezzandolo a metà. Lui sorrise e mi mostrò un hamburger che aveva comprato a un fast food lì vicino. "Bleah! Come fai a mangiare quella roba cosi presto?" chiesi indicando l'orologio al mio polso, e risi.

"Beh, tu sei invece troppo salutare" Disse lui rubando il mio panino e analizzandolo come se stesse dissezionando un animale da laboratorio. Ridacchiai e mi alzai per riprenderlo, ma lui, essendo molto più alto, tese il braccio verso il cielo. Sbuffai e battei i piedi sul terreno. "Dai, ridammelo!" risi come una bambina e mi buttai su di lui per prenderlo, ma fallii miseramente e cademmo insieme sul terreno. Le risate si placarono velocemente. Lui mi fissò per un attimo e mi sfiorò i fianchi, per poi prendermi e rimettermi in piedi. Mi morsi la guancia dall'interno e abbassai lo sguardo timidamente, giocherellando con la zip della borsa. "Scusa, non volevo caderti addosso" dissi io sentendo il cuore battere a mille. La sua pelle profumava di caramello, e le sue mani erano grandi e lisce. Lui in tutta risposta mi alzò il mento con un dito e avvicinò le sue labbra alle mie, con lo sguardo fisso nel mio. Chiusi gli occhi e assaporai il momento. Fu un bacio tenero e dolce. Si staccò controvoglia, e posò la sua mano sulla mia guancia scostandomi una ciocca nera dal viso. "Non ti scusare Alice..." disse lui sorridendo. Sospirò buttando fuori tutta l'aria che aveva in corpo. "È dalla prima volta che ti ho vista che volevo farlo" Disse lui. Ero in paradiso. Un ragazzo bellissimo e oltretutto gentile mi aveva appena baciata. Avevo ancora le guance rosse, e lui mi cinse in vita. Mi stampò un bacio sulla guancia destra e sussurrò al mio orecchio "Sei bellissima quando arrossisci." Sorrisi, felice. Quello era stato il mio primo bacio, ed io non avrei potuto chiedere di meglio.


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