Erano le 7 di mattina. Non riuscivo a capire perché mamma mi aveva svegliata a quest'ora, costringendomi ad alzarmi.
Mi trascinai a fatica in cucina, sbadigliando continuamente. E fu in quel momento che capii.
Lanciai un'occhiata al calendario e, se non fosse che non avevo una pistola tra le mani, il mattino seguente, comprando il quotidiano, avreste letto in prima pagina: "QUINDICENNE TENTA IL SUICIDIO PER DEPRESSIONE SCOLASTICA", con, di sottotitolo "Pare che quest'ultima abbia avuto una crisi di stress a livelli molto alti, ragione per la quale è stata affetta da una depressione difficile da combattere.".
Ma, come vi ho detto prima, non avevo una pistola fra le mani, perciò ero rimasta triste ma viva, totalmente impreparata per il primo giorno di scuola.Cercai di tirarmi su il morale mangiando, assieme al latte, i biscotti al cioccolato ( che di solito mi erano permessi solo alla domenica) ma non servì a molto.
Mi lavai i denti e mi sciacquai bene la faccia, dopodiché scelsi dall'armadio una maglietta nera con il disegno del London Eye e la scritta verde acqua sfumata " Live ", la mia preferita, (che mi aveva regalato Vivì per il mio tredicesimo compleanno ),un paio di jeans stretti e delle converse nere.
Mi raccolsi i capelli in una coda alta e, vedendo le mie punte bionde, mi ricordai di quello che mi aveva detto mamma: " Questo lo scoprirai da sola... " quella maledetta frase che occupava le mie notti insonni.- Mamma, dove hai detto che è il mio liceo? - le urlai dalla cucina.
- Sali sull'autobus delle 7:45 e segui chi c'è lì! - mi urlò di rimando.
Leggermente confusa, presi lo zaino e uscii di casa, diretta alla fermata dell'autobus.
Quando finalmente arrivai, vidi Vivì ad aspettarmi, con una maglietta grigia a microscopici pois rosa chiaro e sopra una felpa con il cappuccio alzato senza maniche nera con la scritta "NY ", dei leggins neri e delle converse bianche. La riuscii a riconoscere solo dagli occhi azzurri, anch'essi seminascosti dal cappuccio.
- Ma... tu hai capito in qualche modo che scuola è la nostra? - mi chiese. A quanto pare non ero l'unica confusa.
- Ehm... No. - ammisi. In un altro momento mi sarei preoccupata di fare la figura dell' idiota che non sa nemmeno dove sta andando, ma a quanto pare in questa situazione un po' tutti erano confusi, perché c' era un gran viavai di gente che chiedeva (inutilmente) informazioni.E finalmente arrivarono le 7:45, e con loro anche l'autobus.
Se si poteva definire autobus un bestione di lusso simile.
L'autobus ( o almeno quel coso che veniva chiamato così ) era alto almeno sei metri e largo 5 ed era a due piani, come quelli di Londra, e le finestre erano coperte da ampie tendine rosse di seta. Era dipinto all'esterno di tutti i colori dell' arcobaleno sfumati e sul davanti spiccava una scritta argentata a caratteri cubitali " 7:45 ".
All'interno vi erano due file di sedili accoppiati a due a due e in mezzo il piccolo corridoio era ricoperto da una soffice moquette azzurra, che dava l'impressione di stare in mezzo al cielo. Ma, la cosa più bella in assoluto, era la disposizione dei sedili: ogni coppia di sedili era rivolta verso un'altra, proprio come nei treni, e in mezzo un tavolino circolare faceva la sua bella figura con tovagliette di velo verde.
Distratte nell' ammirare tutto questo splendore, io e Vivì ci sedemmo solo quando quasi tutti i posti erano occupati, richiamate dal conducente.