Trovammo dei posti liberi al piano superiore, dove tutti sfogliavano riviste, ascoltavano musica, facevano colazione o osservavano curiosi un grande schermo in fondo alla parete, che trasmetteva un film avventuroso.
Prendemmo posto ai primi sedili, condividendo il tavolino con due ragazze di pressappoco la nostra età: una dai capelli castani con le punte rosse come il sangue, la carnagione chiara e una sfumatura rossa che si intravedeva anche nel suo sguardo, che si rivelò più tardi essere Katherine, l'altra con i capelli di un biondo ramato, più scuro di quello di Vivì, con le punte di un verde acqua, simile a quello del mare e una spruzzata di lentiggini sul viso, che si presentò come Jessica.
Andammo subito d'accordo e continuammo a chiacchierare su diversi argomenti femminili, come i ragazzi, l'abbigliamento, i libri, la musica, ecc...
Fino a che, ad un tratto, il fitto brusio generale fu spento da alcuni ragazzi che salivano.
Erano cinque. Dall' abbigliamento e dalla scarsa varietà di espressione ho subito pensato che fossero emo o qualcosa del genere. Stavo per distogliere lo sguardo e ritornare a chiacchierare con le mie amiche, quando quasi mi venne un colpo accorgendomi che uno di quei ragazzi era quello che mi aveva quasi investita l' altra mattina, e che poi si era offerto di portarmi di peso da mia madre con la scusa che ero carina mentre dormivo! Ma mi perseguitava o era solo una mia impressione?
- Susan... Ma mi ascolti? -. La voce di Vivì mi riportò alla realtà, e io, per metà ancora persa nei miei pensieri, risposi con una frase molto intelligente, tipo: - Sì... Cioè... Cosa? - mettendomi in imbarazzo davanti a quel gruppetto che, dopo essersi sistemato nella coppia di sedili opposta alla nostra, ci osservava divertito.
Ma ad un tratto fu Vivian a rimanere senza parole. Provai a seguire il suo sguardo e capii: c' era il ragazzo di cui mi aveva raccontato, che aveva incontrato quella maledetta mattina che aveva dato un inizio a tutto questo. Era alto, abbastanza magro, con due occhi grigi e i capelli ,di uno sgargiante verde smeraldo, visibili nonostante il cappello della NY.
Tac. Un' altra pedina del domino crollata. Tutto si collegava, ma un senso a tutto questo non c' era.
- Secondo te cos' hanno? - sussurrò Jessica a Katherine mentre indicava me e Vivì con un cenno della testa ed un espressione confusa e divertita allo stesso tempo.
Solo in quel momento mi accorsi che da più di qualche minuto stavo fissando quel gruppetto come se avessi visto un fantasma, e Vivì idem.
Quindi, per salvarmi quel briciolo di reputazione che mi rimaneva, distolsi lo sguardo e con una gomitata incitai Vivì a fare lo stesso.
- Allora, che cosa vorreste fare una volta finito il Liceo? - chiesi, più per cercare di distrarre me che le mie amiche.
- Università - rispose subito Katherine - Ovviamente se riesco a pagarmela. Almeno che non riesca ad ottenere una borsa di studio, ma è un impresa piuttosto ardua. - concluse sorridendo.
- No, io punterei più su un lavoro creativo - disse Vivian - magari restauratrice di dipinti. O, che so, potrei anche arrivare ad inventarne uno tutto mio. Pensate, " Vivian De Gallis, nuova esclusiva artista che attrae milioni di persone con la sua arte innovativa ". Ci starebbe bene, no? - chiese con aria sognante.
Il difetto di Vivì era proprio quello: la fantasia. Non che la fantasia in sé fosse un difetto, anzi, ma lei esagerava nell' usarla.
Probabilmente aveva pure già formulato diverse ipotesi su questa storia dei capelli, e pensai che fossero così assurde che preferii non chiedergliele.
Poi l' autobus si fermò, e il brusio aumentò creando una confusione generale.
Nonostante il corridoio centrale fosse largo due metri, fu alquanto complicato riuscire ad infilarsici per raggiungere l' uscita.
Quando finalmente riuscimmo ad uscire mi accorsi di non essere più con le mie amiche. Nella confusione generale e nel tentativo di uscire dalla mischia, ci eravamo allontanate una dall' altra senza nemmeno accorgersene.
Presa da una sensazione di panico e disorientamento, corsi senza meta nel disperato tentativo di riuscire a trovare una delle mie amiche e con un tonfo mi scontrai con un ragazzo, ma questa volta non finii distesa per terra, perché, nonostante il ragazzo era sempre lo stesso, lui fu svelto ad afferrarmi e ci ritrovammo con il viso distante pochi centimetri uno dall' altro.
Io mi staccati subito e, rossa come un pomodoro, mi allontanati correndo.