Capitolo 23º

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Raphael sentì delle urla strazianti provenire da un vicolo non molto lontano da quello in cui si trovava. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, anche se storpiata dal dolore. Meccanicamente si ritrovó a correre per cercare una strada che lo conducesse da lei, ma quando la trovó cadde in ginocchio a terra.
Non poteva descrivere l'intensità del dolore che provava. Lei, la sua ragione per continuare a vivere in quello schifo di mondo, era riversa a terra ed una pozza nera si estendeva a macchia d'olio sotto la sua testa. «Lucrezia!», gridó lui.
Strisció verso di lei e la prese tra le sue gelide braccia. La ragazza sembrava morta, il suo cuore batteva ad un ritmo quasi impercettibile. La sua vita era appesa ad un sottile filo, che stava per essere tagliato dalla sorte avversa e crudele.
«No... Ti prego, non lasciarmi. Non abbandonarmi adesso ... Ti supplico», balbettó lui con voce rotta e tremante. Stava per piangere, ma non voleva farlo. Il giorno in cui venne trasformato in vampiro, aveva scoperto che dai suoi occhi non sgorgavano più candide e salate lacrime ... Dai suoi occhi uscivano grandi gocce rosse. In quel momento doloroso e straziante, gli tornarono in mente tutte le frasi che si era urlato allo specchio i primi mesi dopo la sua trasformazione e si sentì fragile, impotente... Lui era solo un mostro,un mostro che piangeva lacrime di sangue, un mostro che non salvava le persone ma le uccideva. Raphael Santiago era un vampiro che si prendeva la vita degli altri senza permesso e che se ne fregava di tutti quelli che lo circondavano.
«Perdonami..., - le sussurró all'orecchio - Sono solo un mostro ed i mostri non possono essere eroi». Qualcosa all'improvviso diede una speranza al vampiro . Qualcuno aveva ascoltato le sue preghiere. Dopo alcuni interminabili secondi , Raphael percepì un lamento , una piccola e debole stretta sul braccio, un respiro fatto a fatica e una sola risposta «Tu sei il mio eroe». Non riusciva a credere ai suoi occhi . Lucrezia si stava riprendendo! «Lucrezia... Lucrezia, amore mio. Perdonami», sussurró ancora incredulo. La Shadowhunter sbattè le palpebre e , dopo aver preso un bel respiro , disse «Perdonarti per cosa? È solo colpa mia ... È solo colpa mia se adesso ti trovi qui».
«Non dirlo neanche per scherzo... Che cosa ti è successo?», le domandó lui , aiutandola a mettersi seduta. Lucrezia si toccó il collo e sentì che aveva due spine conficcate nella pelle.
«Un demone... È stato un demone ad aggredirmi. Aveva preso le tue sembianze o forse no... Probabilmente ho avuto un'allucinazione. Aiutami a togliere questi aghi dal collo, ti prego», disse la ragazza. Raphael afferró il coltellino che Lucrezia aveva nascosto nello stivaletto e disse «Stringi i denti». Lucrezia chiuse gli occhi e ,quando la punta del coltello le penetró nella pelle , strinse i denti così forte che pensó di esserli rotti.

Rumori sinistri, sibilii e grugniti circondavano il bosco di Idris. La patria dei Cacciatori era irriconoscibile . Tutto rimandava a quei terribili giorni in cui Valentine e suo figlio avevano evocato demoni e distrutto la torre che proteggeva Alicante. Forse, questa volta era anche peggio.
Isabelle procedeva in silenzio e di tanto in tanto si voltava di scatto per controllare se qualche demone si trovasse nei paraggi. Il suo ciondolo era andato perduto, forse per sempre, e  non poteva in alcun modo sapere se qualche oscura presenza si celasse nelle tenebre , attendendo il momento opportuno per attaccarli. Quando Magnus arrestó la marcia , Isabelle era distratta e finì per sbattere il naso contro le spalle dello stregone. «Magnus! Accidenti, potresti anche avvertire che stai per fermarti!», si lamentó la Cacciatrice, massaggiandosi il naso. «Chiudi il becco, Izzy!», scoppió Alec in preda ad una sorta di crisi nervosa. Magnus alzó i suoi luminosi occhi da gatto verso il cielo e , mantenendo la calma , si voltó verso i due Shadowhunters «Avete due opzioni ... O chiudete le vostre piccole boccucce , oppure vi cospargo di brillantini dalla testa ai piedi! E sapete che non scherzo!», disse, guardandoli con un piccolo e perfido sorriso sulle labbra.
«Giuro che pagherei oro pur di vedere Alec con i glitter su tutto il corpo», ridacchió Isabelle.
Alec fece per rispondere , ma Magnus lo ammutolì «Silenzio adesso! Non vi siete accorti che siamo arrivati ai piedi del labirinto?». I due ragazzi guardarono alle spalle dello stregone e notarono le imponenti mura , che sembravano scomparire tra le nuvole rosse di qualle notte maledetta.
«Dobbiamo entrarci», disse Alec.
«Come pensi di entrare lì dentro? Con un tappeto volante ?», disse Isabelle strotolando la sua frusta .
«Non riuscite proprio a stare zitti voi due? Non possiamo di certo scalare il muro, quindi dobbiamo riuscire a trovare l'entrata», disse Magnus, cominciando a procedere verso destra. «Ci saranno sicuramente delle guardie a proteggerla ... E nel caso in cui te lo fossi dimenticato, siamo solo in tre», disse Isabelle.
«I valgo per dieci», disse Magnus, sorridendo un po'.

Dall'altro lato del bosco Jace , Domiziano e Maia erano riusciti a raggiungere l'altro lato del labirinto.
«Cosa facciamo adesso?», disse Domiziano , guardando Jace.
Il biondo stava per rispondere, ma un righio lo distrasse . Maia aveva visto qualcosa e quel qualcosa si stava dirigendo verso di loro.
«Sai cosa si fa adesso?», disse Jace, sfoderando la sua spada angelica . Domiziando incoccó una freccia nella balestra «Si combatte», disse poi, mirando al cuore di un demone

Shadowhunters - Cittá di cristalloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora