Capitolo XXI

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Un grido strozzato mi sale dal fondo della gola e istintivamente le mani scattano sulla mia bocca.

Non riesco a distogliere lo sguardo dalla scena abominevole che ho di fronte.

Se il petto di Kai è paragonabile ad una scultura la schiena è... è totalmente differente.

Su quasi tutta la sua superficie ci sono delle lunghe e spesse cicatrici bianche e in rilievo.

Quando si piega per raccogliere il portafogli esse si deformano appena a conferma della loro compattezza.

Kai in fine si volta verso di me e sgrana gli occhi per correre a sedermisi di fianco.

- Umi? Tutto ok? È la caviglia? Ti fa così male? Perché non l'hai detto? -

Guardo l'agitazione nei suoi occhi e non ne comprendo il motivo.

A me chiede se sto bene?

Io non ho la schiena martoriata!

Solo quando provo a rispondere e al posto delle parole esce un singhiozzo capisco.

Sto piangendo.

Tra un singhiozzo e l'altro non posso non pensare a quanto dolore deve aver provato quando gliele hanno fatte.

E anche se impossibile mi pare di percepirne, almeno in parte, il dolore.

- Umi? Mi vuoi dire qualcosa?? - quasi urla nel panico.

L'attimo dopo mi getto tra le sue braccia stringendolo con cura nel timore di fargli male.

Ridicolo considerando che lo vedo, quelle cose sono vecchie di anni.

Kai mi accarezza i capelli ricambiando l'abbraccio.

- Umi? Che succede? -

Le mie lacrime si fanno più copiose alla sua premura.

Per forza non si è mai fidato di nessuno.

Come si può credere ancora nella gente quando qualcuno arriva a fare una cosa tanto mostruosa?

Perché sì, ne sono certa, quelle cicatrici non sono causa di un incidente.

Sono opera dell'uomo.

- Umi... per favore... - sussurra, con voce incrinata, Kai.

Mi stacco dall'abbraccio per guardarlo.

Lo vedo annebbiato viste le lacrime che mi riempiono gli occhi, ma ugualmente noto la sua preoccupazione.

Mi allontano ancora per poi gattonare alle sue spalle, fa per voltarsi, ma lo blocco.

Appena poggio super delicatamente una mano all'angolo della spalla s'irrigidisce di colpo.

Rimane comunque fermo anche quando traccio i contorni della prima cicatrice che parte dalla spalle e scende in diagonale fino a sotto la scapola.

Non sono le cicatrici stesse a disgustarmi, ma la consapevolezza che non sono qualcosa che dovrebbe naturalmente esserci su di lui.

Il fatto di sapere che è colpa della crudeltà di quel mostro.

- È stato... Kur... Kuro... -

- Sì, Kurokawa. - risponde con la voce rigida come il suo corpo.

Passo alla seconda che è incrociata alla prima, ma parte alla base del collo.

- Qu... quando...? -

Sospira curvando la schiena, come se sentisse ancora fin troppo vivido il ricordo.

- Undici... avevo undic'anni... - sussurra.

Tra Te E Il MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora