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«Signorina O'Connor mi stupisce ogni giorno di più la sua puntualità sul lavoro»
«Si figuri signore, spero solo che vadano bene le modifiche che ho apportato al progetto e che, ovviamente, le sembrino appropriate. In caso contrario mi richiami che manderò il mio geometra a sistemare quel che c'è da cambiare ulteriormente»
«Perfetto, la ringrazio e buona giornata!»
«A lei» e chiusi quella telefonata, una delle tante che avrebbero tartassato la mia giornata. Con la valigetta ed il portatile in mano entrai in ufficio, mentre Nadia mi salutava cordialmente.
«'Giorno signorina»
«'Giorno Nadia» le risposi chiudendo la porta con un piccolo calcio.
Lasciai tutto sulla scrivania e mi precipitai verso il tavolo che ospitava la macchina per il caffè.
Sì, ero caffeinomane. Ma per andare avanti con questi ritmi o bevevo tanto caffè o me lo sparavo endovena.
Tirai un sospiro di sollievo quando lo sentii a contatto con il palato. Mi guardai per un momento nel piccolo specchio che avevo appeso alla parete dello studio e mi studiai. Il viso allungato, che mi contraddistingueva, quel giorno sembrava più lungo del solito, forse la colpa era la mancanza di volume ai capelli, dato che la sera prima mi ero imposta di non asciugare. Ecco i risultati!

Sembravo una zombie, fortuna che almeno ero truccata. Certo, quel poco trucco non mascherava la pelle pallida e le occhiaie sotto gli occhi. Cercai di sorridere e fui quasi felice di vedere che le mie adorate fossette non mi avevano abbandonata. Sorrisi ancora come un ebete e cercai quel guizzo di vitalità che da tempo non c'era più nei miei occhi. Dopo mille delusioni erano diventati dei semplici occhi azzurri, senza vita. Distolsi lo sguardo per non far ingrigire la mia giornata e continuai a sorseggiare il caffé.

Andai a sedermi dietro la scrivania e misi da parte per un momento la tazza di caffè, aprendo il portatile e accendendolo.
Controllai la connessione e frettolosamente diedi un'occhiata alla posta che ovviamente era intasata.
Dico io, ma la gente non aveva nulla da fare?
La maggior parte erano per lavoro, alcune erano di Cassie, che mi raccontava le sue conquiste durante il tempo di una cena o di una sveltina in qualche suite d'albergo, ma ce n'era una di cui non conoscevo il contatto. 

Sign. David G.

E questo chi è? Sei fortunato che mi sia caduto l'occhio sul tuo contatto, misterioso David! Pensai mentre aprivo il messaggio di posta. 


La prego di perdonare la mia invadenza,
volevo solo chiederle informazioni riguardanti quel terreno di cui si era parlato ieri nel suo ufficio.
Non voglio risultare troppo soffocante, ma ho urgenza di sapere.

La ringrazio ancora.
Saluti,
David Gandy.


Fissai quell'e-mail per un lungo istante, domandandomi cosa ci fosse nel cervello di quell'uomo che non funzionasse correttamente. Avevo espressamente detto che lo avrei chiamato non appena avrei saputo qualcosa, nell'arco di meno di ventiquattro ore non potevo già avere una risposta!
Che diamine! Fortuna che non voleva risultare soffoc... Un momento, chi diavolo gli aveva dato il mio indirizzo di posta?
Senza pensare premetti l'uno sul telefono e aspettai che Nadia rispondesse.
«Cosa posso fare per lei?»
«Per quale motivo hai dato il mio indirizzo di posta al signor Gandy?» chiesi sprezzante attendendo una risposta.
«Mi perdoni, ma il signor mi aveva gentilmente pregato di lasciarglielo»
«Si ma tu avresti dovuto chiedermelo Nadia, il signore in questione ha già il mio numero»
«Ha ragione signorina, ma... ma non ho saputo dir di no! Lo ha visto anche lei? Come gli si può negare qualcosa?» disse la mia segretaria e in quel momento odiai ancor di più quel David.
«Nadia, d'ora in poi dovrai chiedermi, assolutamente, il permesso. Che ci sia un Clooney o un Somerhalder! Non m'importa, devi chiedermelo» dissi e riattaccai.
Mai che una giornata filasse liscia!


La pausa pranzo era l'unico momento che adoravo particolarmente, primo perché me ne tornavo a casa e secondo perché era l'unico momento in cui potevo rimanere completamente sola e concentrarmi sul cibo, senza il quale non avrei saputo proprio vivere.
Ci sono ragazze che credono che la vita si riduca tutto all'amore, be' allora non sono una donna perché la mia si riduce tutto al cibo.
Mangiavo quanto un maschio e non me ne vergognavo, adoravo mangiare e stavo in pace con il mio corpo, se agli altri questo dava qualche problema... affari loro. Ah, avevo anche qualche kg in più, ma andava bene così no? Almeno le forme c'erano, cavolo!
Non a caso per pranzo mi aspettavano dei ravioli ripieni, cotti in padella, con burro fuso e salvia... Dio, il mio stomaco brontolava solo al pensiero di pregustarli.
«Ehi cucciolo» sorrisi al mio cane mentre mi faceva le feste e saltellava per venirmi in braccio. «La mami è qui!» gli dissi lasciando il portatile all'ingresso e abbassandomi verso di lui.
Golia, era un piccolo cucciolo di Jack Russel che un mio amico mi aveva regalato perché la sua cagna aveva fatto una copiosa cucciolata e lui non sapeva come mantenerli tutti. Avevo scelto lui perché era quello che se ne stava in disparte, isolato da tutti, ma tremendamente vicino alla sua mamma, bisognoso di coccole e quando lo avevo visto così avevo pensato subito a me, alla mia vita. Sì, perché quando presi Golia era uno dei periodi più brutti che avessi mai passato. Era il periodo in cui avevo messo fine ad una storia che mi aveva segnata e Golia in questo ultimo anno era stato un compagno indispensabile. Le sue attenzioni, le sue feste, le sue premure e le sue leccate di prima mattina avevano ricucito quegli strappi al cuore che ancora oggi bruciavano.
«Andiamo Golia, c'è la pappa anche per te» dissi e lo vidi venirmi dietro mentre quella graziosa codina si muoveva velocemente.
Come potevo non amarlo?
Liberandomi della giacca, che lasciai sopra la sedia, preparai il pranzo per Golia sotto i suoi occhietti indagatori.
«Ecco a lei, sua maestà» dissi lavandomi poi le mani e preparando il mio di pranzo.
Accesi i fornelli e stetti lì ad aspettare che i ravioli fossero riscaldati e pronti quando, ovviamente, il mio telefono iniziò a squillare urtando il mio sistema nervoso.
Quante volte avrei voluto chiudere una chiamata!
Mi affrettai a recuperare il telefono nella borsa sbrigandomi a rispondere senza badare al mittente.
«Pronto?»
«Parlo con la dottoressa Emiliana O'Connor?»
«Sì, lei è?»
«Oh ha ragione, mi scusi. Sono Willliam Isner e sono a capo di un'agenzia edile. Stamane la sua segretaria ha chiamato perché lei, signorina, voleva una consulenza»
«Sì, ora ricordo. Mi scusi lei per il disturbo. Volevo sapere una cosa»
«Mi dica, spero solo che non le stia rubando tempo»
«No, si figuri. Quello che volevo sapere è se le terre in prossimità dell'aeroporto di Stansted siano edificabili o meno» dissi sperando di ottenere una risposta soddisfacente.
«Signorina ci sono alcuni ettari di terreno che sono già stati acquistati, altri che sono stati presi abusivamente. Rispondendo alla sua domanda: quelle terre sono buone e sì, sono edificabili. Per il resto non so chi le abbia detto diversamente, ma chiunque l'avesse fatto è perché non ne capisce molto» mi disse l'uomo.
«La ringrazio allora. Buon pranzo»
«A lei» e chiusi la chiamata.
Bene una rogna in meno. Chiamai Nadia in modo tale che fosse lei ad informare quello spocchioso di Gandy.






«Come è andata la tua giornata donna dal cuore di ghiaccio?»
«Cassie non ti ci mettere anche tu per favore. E' andata come tutte le altre. Chiamate, telefonate, fax e... ah sì, ancora chiamate» dissi accarezzando Golia che se ne stava gioiosamente accoccolato tra le mie gambe.
«Bene almeno i frutti del lavoro si vedono a fine mese! La tua carta di credito ti ringrazierà!»
«No, la mia libreria mi ringrazierà!»
«Ma vuoi uscire invece di leggere libri? Che cosa ti dà un libro?»
«Quello che un uomo non ti dà: emozioni!» dissi stringendo il telefono nella mano mentre lo sguardo si soffermava sul portatile aperto.
«Dai retta a me, vedrai che Venerdì tutto cambierà»
«Perché vedrò sfilare degli uomini nudi?» chiesi sbuffando.
«Perché forse i tuoi ormoni si risveglieranno»
«Non ci farei molto affidamento» dissi storcendo la bocca quando il lampeggiare del computer catturò la mia attenzione.

1 nuovo messaggio di posta.

Cercai di prendere Golia e di spostarlo per poi alzarmi e andare verso la scrivania. Con un click aprii il messaggio, mentre Cassie continuava a sciorinare fiumi di parole su come sarebbe stata magica quella maledettissima sfilata, ma quello che lessi sul portatile mi portò ad ignorare la mia amica e leggere quello che c'era scritto per un paio di volte. Solo per verificare che fosse tutto vero.
«Cassie posso richiamarti dopo?»
«Perché? Che cos'è successo?»
«Niente, devo fare una cosa per lavoro»
«Ci risiamo...»
«A dopo» dissi e chiusi la telefonata.
Rilessi ancora il messaggio.

E' tutto il giorno che aspetto di ricevere una mail da lei, anche solo per sapere se aveva ricevuto la mia. Sono contento che in così poco tempo mi abbia dato una risposta, le sarei molto grato se accettasse un invito a cena. Giusto per sdebitarmi con lei.

La ringrazio ancora Sig.na O'Connor.
David Gandy.

Mi poggiai con la schiena contro il muro e chiusi il portatile con una gesto secco e deciso. Sapevo che aveva qualche rotella fuori posto, ma non mi aspettavo che avesse la faccia tosta di invitarmi a cena.
Ma chi lo conosceva?
Di certo non gli avrei risposto. Il mio lavoro con lui era finito, no?
«Dai Golia andiamo a dormire» dissi chiamando il mio cane, ma ovviamente Cassie non mi avrebbe dato pace.
Il vibrare del telefono era così fastidioso che persino il mio cane cominciò ad abbaiare.
«Buono Golia» dissi e afferrai il telefono.
«Cassie santo cielo! Ti ho detto che ti avrei chiamata io!»
«In realtà aspettavo proprio che mi chiamasse»
Oh Dio. Oh mio Dio.
Quella di certo non era Cassie ed io avevo appena sbraitato per telefono dinanzi ad un mio cliente.
Diamine, mi aveva così sorpresa che non riuscivo a parlare.
«O'Connor ci sei?»
Cercai di rinvenire e mi sedetti sul divano, mentre lo stupore lasciava il posto al fastidio. Non bastavano le e-mail, ora doveva persino chiamarmi?
«Sì, ci sono»
Ecco, ora mi riconoscevo. La mia voce sembrava aver riacquistato un contegno e mi sentii anch'io più calma.
«Posso chiederle il motivo di questa chiamata?»
«Perché è maleducato non rispondere alla mail di un cliente»
«Credo che la sua ultima e-mail non necessitasse per forza di una risposta» dissi portandomi una mano tra i capelli.
«Ma non è carino declinare un innocente invito limitandosi ad ignorarlo, non crede?»
«Cosa vuole esattamente?»
«Sdebitarmi, gliel'ho detto»
«Ma io non voglio che lei si sdebiti, io ho fatto il mio lavoro perciò lei si limiti a comportarsi come un cliente» dissi pronta anche a chiudere lì quella telefonata.
«Non sia maleducata, O'Connor»
«Senta, ho avuto una giornata pensante, non si aggiunga anche lei alla mia lista nera» dissi prendendo un respiro.
«Non voglio essere nella sua lista nera, voglio solo che lei venga a cena con me»
«Non demorde eh?»
«No»
«Mi dispiace, ma non demordo nemmeno io. Vada a dormire Gandy» e chiusi la telefonata esausta e con un diavolo per capello.
Una bella dormita era di sicuro quello che ci voleva, sperando almeno che una persona così invadente non invadesse anche i miei sogni, lasciandomi almeno libera di sognare un mondo in cui anch'io potevo essere amata come qualche protagonista di un romanzo d'amore.
Ignara ovviamente di quello che mi aspettava il giorno dopo sulla mia scrivania.




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