12.

1.6K 58 1
                                    


  «David» sospirai quando le sue labbra riscesero nuovamente lungo il mio collo.
«Di-dimmi» disse con il respiro spezzato, evidentemente non ero l'unica ad aver agognato quel bacio con quell'intensità.
«Forse dovremmo andare» sì, mi costava molto dirlo, ma non volevo che la gente ci vedesse limonare in macchina.
«Dobbiamo proprio?» mi chiese stringendomi a lui e affondando il viso nei miei capelli.
«Si»  e mi scostai un po' da lui, anche se era così bello stargli vicina in quel modo.
Mi rimisi al mio posto e mi leccai le labbra, assaporando ciò che rimaneva di lui. Lo vidi mentre si sistemava i capelli che io, con mia grande gioia, avevo scompigliato. Accese la macchina e mi guardò.
«Sono le sette, io alle otto ho un incontro di lavoro, ti dispiace se ti riporto a casa?»
La sua domanda mi lasciò un po' triste. Volevo trascorrere con lui altro tempo, soprattutto dopo il bacio che c'eravamo dati. Ora che mi ero finalmente sbloccata non volevo separarmi da lui, non se questo significava non sentire le sue labbra baciarmi, le sua mani accarezzarmi ed i suoi occhi incendiarmi.
«No, va benissimo» mentii.
Lui sorrise e si sporse per lasciarmi un casto bacio sulle labbra. Infatti troppo presto si staccò e mi lasciò con il desiderio di volerne di più.


«Senti allora...»
«Ci vediamo...»
Entrambi avevamo parlato, l'uno sull'altra, e scoppiammo a ridere.
«Prima tu» mi disse e prendendo un po', forse un bel po' di coraggio chiesi e dissi l'ultima cosa al mondo che mai avrei pensato di dire.
«Potrei rimanere da te? A dormire intendo»
Lui mi guardò sorpreso, ovviamente, e spostò lo sguardo lungo la via come se cercasse di fuggire ai miei occhi. Che stesse cercando un modo per dirmi di no e non farmi rimanere male?
Temporeggiò ancora e il silenzio che aleggiava mi rendeva irrequieta e terribilmente ansiosa.
«Te la senti?» mi chiese ed io annuii.
Anche se non me la sentivo pienamente, volevo provarci. Sapevo che di David potevo fidarmi e volevo provare ad essere felice perché per tutto il giorno lui si era dimostrato attento ad ogni mio bisogno. Non che volessi dormire con lui per ripagarlo per tutta la premura che aveva avuto, volevo andare da lui perché questo avrebbe significato stare ancora con lui, conoscerlo meglio.
«Sì» dissi decisa.
Lui annuì e mentre ripartiva mi spiegò che sarei dovuta rimanere per un po' sola in casa sua, ma che lui mi avrebbe raggiunta verso le nove.
Durante il tragitto per arrivare a casa mi aveva detto le solite cose, che potevo fare come se fossi a casa mia, che se volevo farmi una doccia potevo usare qualsiasi asciugamano dentro al mobile nero nel bagno, che se avessi avuto fame avrei potuto aprire il frigo e preparare la cena.
«Anzi... se ti va di prepararla anche per me mi faresti l'uomo più felice al mondo»
E come potevo rifiutare?
Arrivati dinanzi la sua, per così dire, casa e scesa dall'auto, rigirai le chiavi che mi aveva dato tra le mani.
«Chiuditi dentro» mi urlò prima di ripartire e sorrisi per l'ennesima premura che dimostrava nei miei confronti. Quello che non sapeva è che io l'avrei fatto senza che lui me lo avesse detto.
Una volta entrata mi ritrovai a sorridere. Quella casa mi piaceva, e anche tanto. Ogni cosa era ben disposta e i colori erano così contrastanti che mettevano allegria. Il viola accostato al giallo, il blu con il rosso... tutto divino.
Chiusi la porta ed il paletto, proprio come aveva detto e iniziai a vagare per casa.
La prima cosa che feci fu cercare la sua camera, che tanto sua non era. Ma mi aveva detto che il suo amico non ci abitava lì e che lui l'aveva arredata secondo i suoi gusti. Quindi, almeno in parte, quella casa sapeva di lui.
Per trovare la sua camera dovetti salire ed arrivare al piano di sopra dove, contrariamente a sotto, i colori che dominavano erano due: il bianco ed il nero.
Risi e iniziai ad aprire le stanze.
Bagno, camera degli ospiti, bagno e sì, finalmente la sua camera.
Entrai come se fosse un santuario ed iniziai a guardarmi intorno. Libri su libri, vestiti su vestiti e delle splendide lenzuola di lino nere.
Ma quello che mi aveva colpito erano i libri, alcuni a terra vicino al letto alcuni sulla scrivania in fondo alla stanza.
Un uomo che leggeva?
Da sposare!
Continuai ad ammirare la stanza, amando la vetrata enorme che percorreva tutta la parete a lato est della stanza. Immaginai che la stanza dovesse essere luminosissima al mattino, ma più ombrosa il pomeriggio.
Chissà com'era svegliarsi per il sole accecante! Ma poi ricordai che a Londra il sole non c'era mai, perciò la disposizione della vetrata era indifferente. Altra cosa che notai fu che nonostante l'evidente disordine il letto era rifatto ed ordinato. Spinta dalla curiosità mi lasciai andare sul letto e annusai non solo l'aria ma anche le lenzuola. E lo sentii, più forte che mai. Il profumo di David era su quel cuscino e quel cuscino sarebbe dovuto diventare mio, perché lo avrei volenterosamente portato a casa con me.
Notando l'ora e notando come il tempo mi era scivolato di mano mi rialzai dal letto e scesi di sotto per mantenere la promessa fatta. Preparare la cena.

Per gli altri era facile dire "fai come se fossi a casa tua" ma per chi, come me, si trovava dalla parte di chi riceveva quelle parole non era così semplice. Cucinare in una cucina che non era tua non era roba da nulla. Non sapevi dove trovare le pentole, dove trovare il sale, l'olio e altre diavolerie.
Infatti quando David rientrò io avevo appena messo l'acqua a bollire sul fuoco.
«Non ti sei fatta la doccia» disse lasciando la giacca su una sedia della cucina.
Scossi la testa e mi morsi un labbro. Mi vergognavo a dirgli che non l'avevo più fatta perché mi ero stesa sul suo letto per sentire il suo profumo. Mi avrebbe presa per una quindicenne in preda agli ormoni.
«Ho avuto difficoltà con la cucina» dissi cercando di mentire, anche se era la verità in parte, ma quelli erano piccoli dettagli.
«Perché?» mi chiese poggiandosi al tavolo della cucina.
«Non sapevo dove trovare le cose» dissi e controllai l'acqua, nella speranza che bollisse.
«Già, scusami ho dimenticato di dirti dove trovare le cose»
«Tranquillo, chi cerca trova» gli dissi sorridendo e aprii un pacco di pasta.
Lo vidi scuotere la testa e venire verso di me.
«Che mi farai mangiare di buono?» chiese mentre mi circondava la vita con le sue braccia.
«Pasta al sugo, non hai altro in frigo. Dovremmo andare a fare la spesa» dissi mentre versavo la pasta.
«Dovremmo?» chiese al mio orecchio.
Girai un po' la pasta e poi mi scansai da lui. «Cioè... puoi andarci da solo, io... se non ti va di andarci insieme... non è...» ma non finii di parlare perché David mi spinse contro il piano da cucina e afferrandomi per i fianchi mi baciò. Mi baciò con la stessa intensità del pomeriggio.
Le sue labbra cercarono le mie, così come le nostre lingue e quando le sue mani risalirono per accarezzare la schiena un fuoco esplose dentro di me. Perché essere accarezzata senza il giaccone da tramite era tutt'altra cosa.
Portai le braccia dietro il suo collo e mi strinsi a lui.
«Scusami» disse mentre l'intensità del baciò iniziò a scemare.
Io con il fiato ancora corto appoggiai la fronte contro il suo petto.
Dio se era muscoloso.
«A lavoro non ho fatto altro che pensare a questo. A come ti avrei baciata» mi disse e sentii una sua mano toccarmi il viso. Alzai gli occhi verso lui e le nostre labbra si incontrarono di nuovo, in un bacio dolce questa volta. Bacio che fu interrotto dall'acqua che fuoriusciva dalla pentola.

Dopo il pasticcio creato sui fornelli mangiammo con tranquillità e con molta ilarità. Entrambi ripensavamo agli occhi e ai visi impauriti quando avevamo visto tutta quell'acqua uscire. Ci eravamo presi in giro fino ad avere i dolori agli addominali.
Inoltre David non volle che sparecchiassi la tavola, aveva detto che ci avremmo pensato dopo e mi aveva trascinata in salone, dove ci eravamo stesi e coccolati per il resto della serata.
«Hai sonno?»
«Un po'» ammisi e mi accoccolai contro di lui.
Lui mi prese e mi portò su di sé. «Ma che fai?» chiesi io in evidente imbarazzo. Sentirlo sotto di me era piacevole si, ma anche tremendamente imbarazzante.
«Cerco di svegliarti» e le sue mani raggiunsero i fianchi, le cosce e ancora i fianchi, mentre le labbra si posarono sul mio collo, dolci ma fameliche al tempo stesso.
«E se io non volessi essere svegliata?» gli dissi mentre mi lasciavo andare a lui e alle sue carezze.
Lui mi guardò negli occhi e mi baciò la punta del naso.
«Andremo a dormire»
Sorrisi e lo baciai. Lo baciai e quando lo sentii portarmi sotto di sé desiderai di più. Desiderai sentire le sue mani su di me, ma avevo paura a chiederglielo.
Timidamente si fece spazio tra le mie gambe e quando sentii i nostri bacini a contatto mi lasciai uscire un gemito e mi strinsi a lui.
Un gemito che però si tramutò in paura non appena sentii la sua eccitazione premere contro il mio inguine. Anche se non dovevo, ricordai quel momento. Quel momento con Andrew  e mi staccai da David, poggiando le mani sul suo petto e allontanandolo.
«Fermati» gli dissi ed iniziai a tremare al ricordo della paura che avevo avuto.
Lui mi guardò allarmato e si staccò da me.
«Emy...»
Indicai il suo basso ventre e mi coprii il viso con le mani, non avrei sopportato un simile dolore.
Lui sembrò capire e si mise a sedere, accarezzandomi una mano.
«Scusa» disse, «Non volevo spaventarti. E' una reazione naturale, mi piaci Emy. Ti desidero» aggiunse guardando le nostre mani intrecciate.
Iniziai persino a tremare.
«Non voglio» dissi e mi sentii anche un po' stupida, ma il mio corpo non se la sentiva di spingersi oltre.
«Non fa niente»  e mi chiese di guardarlo.
«Non ti costringerei mai a fare qualcosa che non vuoi» disse e mi prese tra le sue braccia, baciandomi il capo ed accarezzandomi le braccia. «Forse è il caso che tu ti faccia una doccia e che andiamo a dormire»
Io annuii e seguendolo mi lasciai trasportare al piano di sopra. Entrammo nella sua stanza e lui mi lasciò una maglia enorme tra le mani.
«Non ho pigiami da prestarti, ma credo che questa vada bene» disse e mostrandomi il bagno si chiuse nella camera.
Entrai nel bagno esaminando una maglia enorme che mi sarebbe arrivata alle ginocchia e chiudendo gli occhi, per cercare di calmarmi, iniziai a spogliarmi ed entrai in doccia.
Qualche tempo dopo, finita la doccia, ripiegato i miei indumenti e indossata la maglia uscii da lì e lo raggiunsi nella camera. Lui era già nel letto, con la schiena poggiata alla testiera e se ne stava a petto nudo, cosa che mi mise ansia e timore, ma lui stemperò la tensione che si era creata ridendo per come mi stava la maglia.
«Sei proprio piccola» disse e mi fece segno di raggiungerlo nel letto.
Poggiai la roba su una sedia e andai a sedermi sul letto e lo vidi farmi posto sotto le lenzuola.
Lui si sdraiò e mi guardò serio, e i suoi occhi mi scrutarono come se volessero chiedermi qualcosa.
«Posso accarezzarti?» chiese ed io sorpresa annuii, perché volevo provarci ancora. Volevo accantonare la paura di soffrire e di provare di nuovo dolore.
Le mani di David raggiunsero il mio viso e delicate le sentii percorrere ogni tratto del mio viso, soffermandosi sulla piccola cicatrice che avevo sul labbro, conseguenza del giorno in cui Andrew mi aveva picchiata.
«Non ti farei mai una cosa simile» disse e mi baciò la cicatrice, passando le mani tra i capelli.
«Sei così fragile» aggiunse e mi fece avvicinare a lui, prendendo poi una mia mano e conducendola sul suo viso.
«Accarezzami» disse e lo feci. Mi lasciai andare e lo accarezzai. Conobbi la consistenza della sua barba, conobbi la forza e la virilità della sua mascella, ma soprattutto conobbi la consistenza della sua pelle, ambrata e lucente.
«Sei stupenda» disse ad un passo dalle mie labbra.
«Anche tu» dissi sorridendo e scusandomi per la reazione di prima.
«Hai fatto bene a dirmelo, quando sarai pronta io sono qua» disse e mi baciò, ancora. E ancora.
Mi strinsi a lui e mi lasciai cullare dalle sue carezze quando lo sentii augurarmi la buona notte, sussurrata con una voce eccitata che procurò fitte al basso ventre, fitte che però ignorai.
E mi addormentai così, tra le braccia dell'uomo che mi faceva sentire le farfalle nello stomaco.


Quando mi sveglia trovai la mia maglia che lasciava scoperta gran parte del mio corpo. Cercai di abbassarla, ma così facendo mi strusciai contro David e mi bloccai sentendo qualcosa che la sera prima mi aveva terribilmente spaventata. Lui dormiva ancora e lo percepivo dal suo respiro pesante.
Con lentezza tolsi il lenzuolo e ammirai il suo fisico nudo, coperto solo dai boxer.
Non potevo credere che tutto quello fosse mio, non potevo. Era troppo surreale.
La mia attenzione fu catturata dalla sua eccitazione, stretta nei boxer e, combattuta dal timore e dalla voglia di toccarla, mi avvicinai al suo inguine.
La guardai un attimo e sentendo la curiosità spingermi a toccarla allungai una mano e la sfiorai.
Ci riprovai di nuovo ma questa volta feci combaciare il palmo della mia mano con la sua erezione.
Dura, ma morbida al tempo stesso. L'accarezzai e chiusi gli occhi cercando di cancellare l'episodio agghiacciante che mi aveva segnata, concentrandomi su di lui e su quella voglia improvvisa che mi aveva accecato. Continuai ad accarezzarla, su e giù, su e giù. Ero così curiosa che volevo persino togliere i boxer, ma se lo avessi fatto lo avrei svegliato e non volevo che i suoi occhi indagatori cercassero una spiegazione nei miei, così lo guardai sperando che dormisse ancora, ma mi bloccai.
I suoi occhi erano aperti e mi fissavano rapiti.
«Non fermarti» mi disse con la voce ancora impastata dal sonno, ma io ormai ero restia a continuare.
Mi allontanai, ma lui riprese la mia mano e la rimise su di sé.
«Emy, puoi toccarmi tutte le volte che vuoi» mi disse ed io abbassai lo sguardo.
«Continua» e nel suo tono c'era dolcezza, quella dolcezza che mi spinse a continuare e con il suo aiuto abbassai i boxer e rimasi senza fiato ammirando quella erezione. Era grande. Lunga, grande e... bella. Non avevo mai pensato che un'erezione potesse essere bella, ma quella di David la trovavo così, affascinante.
La toccai nuovamente e mi sentii sciogliere sentendone il calore e la morbidezza.
Cercai di dare un ritmo alle mie carezze grazie ai suoi sospiri, ai suoi gemiti e più si facevano spezzati, più aumentavo il ritmo. Il suo bacino iniziò a venire incontro alle mie carezze e vidi i suoi occhi chiudersi e mordersi un labbro. Stava per scansarmi la mano quando gli feci capire che volevo andare fino in fondo.
Volevo che raggiungesse il piacere grazie a me.
«Non fermarti allora» mi disse con voce roca e terribilmente eccitata ed io non mi fermai.
Continuai finché non sentii il suo liquido bagnarmi la mano. Continuai finché non vidi i suoi addominali contrarsi per l'orgasmo. Continuai finché lui non si rilassò.
«Emy...» mi chiamò ed io mi stesi su di lui, lui che con un fazzolettino si premurò di pulirmi la mano.
«Hai ancora paura?» mi chiese.
Scossi la testa e mi rifugiai contro il suo petto.
«Voglio fare l'amore con te, Emy» mi disse e quelle furono le parole che mi diedero il coraggio di guardarlo, di decidere che sì, forse era arrivato il momento di fare quel passo.
Senza rispondergli, senza parlare, timorosa che la mia voce potesse fargli capire il contrario, lo baciai.
Con la lingua contornai le sue labbra e lui mi portò sotto di sé, liberandosi dei boxer definitivamente.
«Voglio accarezzarti, posso?» chiese mentre mi baciava il collo e mi accarezzava i fianchi.
«S-sì» dissi e portai una sua mano sul mio seno.
Dolcemente lo strinse e lo sentii imprecare.
«Quanto ho desiderato questo momento» disse e continuò a baciarmi, mentre le nostre lingue si rincorrevano.
«Ti tolgo la maglia, ok?» chiese e per l'ennesima volta mi stupii di tutta la premura che metteva nei miei confronti.
Come si poteva non adorare un uomo così?
«Sì» dissi e lo aiutai a liberarmi di quell'impiccio e quando sentii il mio corpo nudo combaciare con il suo mi lasciai sfuggire un gemito.
Le sue mani tornarono sui miei seni e li accarezzò, prendendo i capezzoli tra le dita e giocandoci dolcemente, senza tirarli e farmi male.
Io accarezzai i suoi capelli, le sue spalle e soprattutto la sua schiena forte e possente.
Con la bocca scese a baciarmi il collo, le spalle, le clavicole e con lentezza, forse insicurezza, arrivò a baciare i seni.
Il contatto delle sua lingua contro il mio capezzolo incendiò il mio basso ventre e iniziai a sentirmi bagnata, eccitata e persa. Persa perché volevo che le sue mani mi toccassero ovunque.
Succhiò il mio capezzolo mentre con l'altra mano massaggiava il seno, con lenti movimenti circolari.
«Sei morbida» disse e mi guardò da sotto i miei seni.
Io gli sorrisi e gli accarezzai le labbra, inumidite dalla sua saliva.
Prese un mio dito dentro la bocca e lo succhiò, chiudendo gli occhi e regalandomi una visione erotica. Troppo erotica. Trascinata dalla voglia che avevo di lui mi inarcai contro il suo corpo, facendo scontrare i nostri bacini e trovandolo già pronto. Mi diedi della stupida per aver provato paura per una cosa che invece era così bella e piacevole.
Scendendo al di là del mio petto, David prese le mie mani tra le sue, e arrivò a baciarmi la pancia, il ventre, l'inguine...
D'istinto allargai le gambe e lo sentii sorridere.
Aprii gli occhi e alzando la testa, mentre stritolavo le sue mani lo guardai.
«Ti faccio ridere?» chiesi mentre mi leccavo un labbro, pregustando quello che lui aveva intenzione di fare.
«No, mi fa solo piacere che il tuo corpo mi voglia» disse ed io mi lasciai andare contro il cuscino.
«Allarga ancor di più le gambe» mi disse, «Voglio vederti» aggiunse ed io lo feci. Non seppi mai cosa vide, ma gli piacque perché lo vidi leccarsi le labbra, come qualcuno che stava per divorare il suo cibo preferito. Si chinò tra le mie gambe ed io urlai quando lo sentii, o dovrei dire la sentii.
La sua barba che mi solleticava l'inguine, le sue labbra che scoprivano ogni mia piega più intima, la sua lingua che giocava con il fulcro del mio piacere.
Le nostre mani erano ancora intrecciate e per tutto il piacere che mi stava dando le strinsi di più ed ebbi paura di fargli male, ma lui sembrò non badarvi perché continuò a leccare, a succhiare e a penetrare.
Mi penetrava con la lingua, beveva la mia eccitazione ed io morivo. Morivo ogni volta che sentivo la sua lingua entrare in me, morivo ogni volta che sentivo il mio clitoride essere succhiato.
«David...» lo chiamai implorante. Volevo che ponesse fine a questa sofferenza e la sua lingua capì la mia urgenza, perché iniziò a leccarmi con molta più voracità e quando il piacere fu troppo, quando ero sicura di non poterlo più trattenere esplosi gemendo e tremando. David si spostò e mi raggiunse, con le labbra ancora lucide dei miei umori. Mi abbracciò e mi tenne stretta a sé mentre l'orgasmo mi scuoteva, fin dentro le ossa.
Quando mi fui calmata alzai il viso contro quello di lui e gli baciai il mento.
Lui mi accarezzò il viso e si sporse per baciarmi. Un bacio che aveva mischiato i nostri sapori, rendendoli afrodisiaci.
Iniziando a baciarci di nuovo lo trascinai su di me e allargando le gambe lo feci scontrare contro la mia femminilità.
Mi guardò e gli accarezzai il viso, le labbra, gli occhi...
«Vuoi?» chiese con timore ed io annuii.
David si allungò verso il comodino alla mia sinistra ed estrarre un pacchetto. I preservativi presumevo, il problema era che io non facevo sesso da un po' ed ero solo preoccupata data la sua grandezza.
L'XL la ricordavo bene!
«Fa' piano» gli dissi e scesi con lo sguardo verso la sua mano che, dopo aver indossato il preservativo, prendeva l'erezione cercando di condurla dentro di me.
«Non ti farei mai del male» disse baciandomi una spalla.
Annuii e sentii inizialmente un po' di fastidio, ma le sue lente spinte che cercavano di farlo entrare totalmente lasciarono andare via il fastidio sostituendolo con il piacere.
Mi aggrappai a lui e portando le mani alla base della sua schiena gli feci capire che poteva osare di più e lui lo fece. Le sue spinte erano più forti, ma non meno delicate. Il suo piacere si scontrava con il mio, entrava, usciva. Entrava, usciva creando quell'ampolla di desiderio che sarebbe scoppiata, speravo, il più tardi possibile perché volevo vivere quel momento il più a lungo possibile.
Vidi il suo volto contratto per le spinte e mi spinsi in avanti per baciarlo e poggiando le mani sul suo petto cercai di invertire le posizioni. Lui sembrò capire e portando un braccio intorno alla mia vita invertì le posizioni, senza uscire da me. E quando fui sopra di lui l'eccitazione mi investì, più prepotente di prima.
«Dio mio» lo sentii dire mentre vedevo i suoi occhi fissi sui miei seni. Con lentezza iniziai a muovermi. Avanti e indietro. Cercando di dare piacere sia a me che a lui.
Le sue mani si ancorarono sui miei fianchi per poi scendere sui miei glutei. Mi spinsero contro il suo bacino, mentre questo spingeva verso di me ed io mi inarcai urlando il suo nome.
Lui prese a spingere ed io assecondavo i suoi movimenti. Era piacere assoluto, era voglia di appartenersi.
Quando sentii le mani di lui raggiungere nuovamente i miei seni mi stesi verso di lui, lasciando a lui il potere di dettare il ritmo e la frequenza delle spinte. Perché volevo sentire i miei seni sulla sua bocca. Lui li succhiò ancora e mentre con una mano palpeggiava il seno, con l'altra mi teneva ferma sul suo bacino, mentre le spinte diventando sempre, sempre più veloci.
Strinsi gli occhi ansimavo vergognosamente.
Ansimavo chiedendogli di darmi di più, così invertì nuovamente le posizione e il tempo per respirare non ci fu, perché con tutta quella potenza, con tutta quella forza nelle spinte l'orgasmo mi colse ed urlai, urlai il suo nome e morsi la sua spalla mentre mi stringevo a lui e lo sentivo spingere con più forza per raggiungermi.
E quando avvertii quel liquido invadermi, bagnarmi udii anche i suoi gemiti strozzati e forti.
Ansimava e tremava, anche se era ancora dentro di me, duro.
Dio mio.
Lo abbracciai e cercai le sue labbra. Mi baciò con dolcezza e mi accarezzò il viso, cercando poi i miei occhi e assicurandosi che stessi bene.
Gli sorrisi dolcemente, ma vidi i suoi occhi intristirsi e mi preoccupai chiedendogli cosa ci fosse che non andava.
«Stai piangendo» disse ed io mi toccai le guance trovandole bagnate. Possibile che stessi piangendo per il piacere e per la felicità? Lui mi baciò le lacrime e gli accarezzai il viso dicendogli che quelle lacrime erano lacrime di gioia.
«Sono felice» gli dissi e lui mi abbracciò. Mi tenne stretta e mi portò sopra il suo petto, iniziando ad accarezzarmi e sentii il suo cuore prendere una strana corsa. Una corsa simile alla mia.
«Ti batte forte il cuore» gli feci notare e lo sentii spostarsi da me e sedersi sul letto.
Cattivo segno.
Mi avvicinai a lui e gli toccai la schiena.
«David cos'hai?»
Lui si portò le mani sul viso e dopo aver preso un profondo respiro si girò verso di me, con gli occhi lucidi. Non sapevo che quello che stava per dirmi mi avrebbe fatto esplodere di gioia, non sapevo che quello che stava per dirmi mi avrebbe fatto rinascere.
«Io...mi sono innamorato di te»


Senza RiservaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora