9.

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La sveglia, per la prima volta in vita mia, non l'avevo impostata e il cellulare l'avevo persino spento. Questo perché avevo voglia di dormire, ma soprattutto perché ne avevo bisogno...
Così mi svegliai tardi quella mattina, ma mi svegliai piena di energia e di buon umore.
Quando tolsi la pellicola dalla caviglia notai con stupore di quanto fosse migliorata la scottatura, certo se non ci fosse stata sarebbe stato meglio, però c'era e me la dovevo tenere!
Andai verso il bagno e dopo aver gettato la pellicola nel cestino mi spogliai ed entrai in doccia. Mi lavai con molta ed estrema lentezza mentre la mia mente correva a lui. La sera prima mi aveva mandato un messaggio chiedendomi di uscire e, anche se non avevo risposto, ero decisa ad uscirci. Prima o poi avrei dovuto combattere questo timore e meglio combatterlo con lui vicino che da sola no?
Uscii dalla doccia e lasciando che i pensieri si dissolvessero mi fermai a guardarmi allo specchio.
Ero dimagrita, ma non di qualche kg. Avevo perso una decina di kg perché non volevo mangiare, perché se mangiavo mi sentivo male e forse era solo una questione psicologica, ma i kg persi non erano allucinazioni. Quelli non c'erano davvero più. Lasciai cadere l'asciugamano a terra e mi fissai più intensamente. I fianchi era così pronunciati che si vedevano le ossa del bacino e mi spaventai un po', dato che prima i miei fianchi erano belli tondi. Fortuna che da quando David era riuscito ad abbattere un po' di quel muro che mi ero creata, avevo ripreso a mangiare. Come se trovassi più gusto nel farlo, ma forse era la sua compagnia.
La sua presenza.
Chiusi gli occhi e decisi che forse era arrivato il momento di rimettere su qualche kg, perché non mi piacevo e sfido chiunque a piacere all'uomo che ti interessa se non ti piaci te per prima.
Corsi velocemente in camera e infilai l'intimo mentre accendevo il telefono. Volevo che David mi cercasse, che mi dicesse che aveva voglia di stare con me, perché io oggi volevo lui. Solo stare con lui, a parlare, a ridere, a scherzare...

4 nuovi messaggi

Cucciola questa sera sei a cena da me e non puoi rifiutare. Seratina film diabetici con tanto di vaschette gelato eh? Così mi racconti anche del tuo principe, o forse pirata?

Allora che tu non risponda ai messaggi è cosa saputa, ma almeno un sì?

Piccola combina guai sei sveglia? Vorrei rapirti per un giorno, prometto di riportarti a casa in serata. Posso?

Signorina O'Connor mi dispiace invadere la sua privacy, ma credo che dovrebbe fare un salto in ufficio. Sono arrivati per lei numerosi pacchi. Mi scusi ancora.


Lessi attentamente ogni messaggio, ma la mia attenzione si focalizzò solamente su uno. Quello che più mi interessava: quello di David.
Lanciai così il telefono sul letto e mi precipitai verso l'armadio alla ricerca di qualcosa di adatto e che non mi stesse troppo largo. Tra varie imprecazioni riuscii a trovare solo un vecchio jeans di qualche anno prima e una felpa, tanto le felpe non devono essere attillate ma larghe e poi da quando mi interessava vestirmi a modo?
Mi vestii velocemente ed andai ad asciugare i capelli. Li lasciai leggermente umidi alle punte e andando di corsa in camera, mentre con una mano mi infilavo le Vans con l'altra afferrai il telefono e digitai il numero di David.

«Non ci credo! Tu mi hai chiamato!»
Risi e cercai di infilare l'altra scarpa mentre tenevo il telefono tra la guancia e la spalla.
«Si non ti entusiasmare troppo! Allora mi rapisci o no?» chiesi.
«Sei a casa?»
«Secondo te?»
«Ok, fatti trovare sotto fra quattro minuti e quarantasei secondi»
«Quindi ho quatt...»
«Quarantacinque... quarantaquattro... quarantatre»
«Ok, ho capito. Ci vediamo fra un po'» dissi ed attaccai.
Lasciai il letto sfatto e acciuffai il mio giaccone da neve con la sciarpa, nonostante fosse febbraio faceva un freddo cane.
A proposito di cane...
Presi il guinzaglio di Golia e quando lui mi vide mi corse in contro saltandomi in braccio.
«Si cucciolo, oggi usciamo» gli dissi e quando fummo pronti uscimmo di casa.
Chiusi la porta con le solite quattro mandate e scesi le scale.


«Sei in ritardo di un minuto e cinque secondi»
La sua voce mi fece alzare lo sguardo e quello che vidi mi piacque. Decisamente.
Lui in tenuta sportiva che si poggiava alla sua macchina, mentre gli avambracci erano schiacciati sul suo petto.
Gli sorrisi e assieme a Golia lo raggiungemmo.
«Non è vero» dissi ridendo e guardando il mio cane che non smetteva di fare le feste all'uomo che mi stava dinanzi.
David lo prese in braccio e lo coccolò un po', proprio come avrei voluto essere coccolata io da uno come lui, con continue carezze e baci.
«Spero non ti dispiaccia che ho portato Golia, ma era un po' che non usciva anche lui» dissi stringendo il guinzaglio tra le mani.
«Hai fatto benissimo a portarlo. Mi piace tanto, è affettuoso» disse e lo lasciò andare.
«Allora combina guai vogliamo andare a piedi?»
«Si, voglio camminare» dissi e così iniziammo a passeggiare mentre Golia si fermava ogni cinque minuti per annusare o marcare qualcosa. Era incredibile quel cane.
Arrivammo fin sotto Westminster e David mi disse di seguirlo, così mentre lui era dall'altra parte della strada io dovetti aspettare che il semaforo si facesse verde per raggiungerlo. Ci guardammo per tutto il tempo ed io avvampai di vergogna abbassando lo sguardo, ma nello stesso momento Golia iniziò a camminare segno che il semaforo fosse verde. Raggiunsi David e tornammo a camminare arrivando sotto al London Eye.
«Sai che non ci sono mai salita?» gli dissi sovrappensiero.
«Dici sul serio?»
«Sì»
«Dobbiamo rimediare allora» disse sorridendo, continuando a camminare.
«Oh no, ma non fa niente» dissi, non gli avevo detto una cosa simile per metterlo nella posizione di dovermici portare per forza.
«Tranquilla, mi va di portarti lì. Comunque ce la fai a fare un lungacamminata per tutto il Tamigi? Arriviamo fino al Tower Brigde» mi disse sorridendo.
«Una bella camminata direi»
«Sì, ma ti prometto di comprarti qualcosa di diabetico nello Starbucks, quello dopo il Globe»
«Uh-u allora accetto!» dissi sorridendo e trascinata da Golia ripresi a camminare con David al mio fianco.


«David posso farti una domanda?»
«Certo» mi disse e lo vidi sfregare le mani per riscaldarle.
Quanto avrei voluto poterle stringere o anche solo accarezzare.
«Per quale motivo sei diventato un modello?» chiesi e mi fermai su una panchina perché Golia stava giocando con un altro cane. David si sedette affianco a me e guardò il Tamigi dinanzi a noi.
«In realtà non sapevo nemmeno cosa fosse la moda. Non me n'era mai importato. Sì mi piaceva vestirmi bene, ma perché così avevo più chance con le ragazze non di certo perché aspiravo a diventare un modello»
«Voi uomini siete tutti uguali»
«Però ti piace quel che vedi» mi disse ed io abbassai lo sguardo timida. Si mi piaceva quel che vedevo, ma mi piaceva anche la persona che era.
«Comunque l'anno in cui dovevo diplomarmi per colpa di mia madre presi parte ad una sfilata cittadina e qualcuno mi notò. Dopo la sfilata mi cercarono e mi chiesero se avessi mai sfilato, cose del genere e io dissi che non ne sapevo nulla, ma loro mi lasciarono il loro biglietto e mi chiesero di presentarmi nel loro studio il giorno dopo»
«E ci sei andato?» chiesi, curiosa ormai di lui e della sua vita.
«Sì, be' per me non è mai stato un problema farmi vedere» ammise e mi guardò negli occhi.
«Hai mai posato... nudo?» chiesi e sentii le mani formicolarmi e lo stomaco chiudersi, come se non volessi sapere la risposta di quella domanda. Lui mi guardò e sorrise.
«Nudo? Si, ho fatto molti servizi nudo»
Volsi lo sguardo verso il Tamigi e cercai di calmarmi. Per lui era una cosa normale, era lavoro.
«Ti ho delusa?» mi chiese e vidi che nei suoi occhi, così come nel suo viso, non ci fosse più un accenno di felicità.
«No è... come fai? Le ragazze che hai avuto come hanno reagito?» chiesi.
«Non mi crea nessun imbarazzo. Insomma sono cose viste e straviste. Per quanto riguarda le mie ex... be' diciamo che lì entro in un argomento più complesso. Alcune di loro mi appoggiavano altre...be' altre erano furiose»
Per parlare così chissà quante ne ha avute.
Be' comunque se dovevo scegliere con quale tipo di ragazza schierarmi sceglievo quella furiosa che non voleva mettere in mostra il suo uomo come un oggetto, ma tanto non c'era nessun schieramento a cui prendere parte. David non era il mio uomo.
«Capisco»
«Tu cosa faresti?» mi chiese avvicinandosi un po'.
«In che senso?»
«Se io fossi tuo come reagiresti?» mi chiese e notai la vicinanza delle nostre mani. Sembrò notarla anche lui perché si allontanò di poco, ma rimanendo a fissarmi.
«I-io...»
Accidenti quella situazione mi metteva troppo imbarazzo! Lui non poteva chiedermi una cosa simile, perché da donna quale ero, e da donna ferita, abbandonata e schiava di lui e dei suoi occhi avrei voluto dirgli che non lo avrei fatto più sfilare, perché era mio. E lo spettacolo doveva riservarlo a me la sera, prima di rotolarci tra le lenzuola.
Lo guardai un'altra volta con le guance sicuramente in fiamme, e ringraziai Golia che mi saltò in braccio, sporcandomi anche i jeans, ma facendo ridere David.
«Ehi piccolo hai sporcato la tua padroncina! Questa sera non ti darà da mangiare, fossi in te scenderei» disse David in un orecchio a Golia, mentre quello tirò fuori la lingua leccandolo.
«Hai finito di divertirti piccolo?» chiesi e mi alzai dalla panchina cogliendo il pretesto per andarmene e terminare quella conversazione.
«Non pensare di svignartela. Mi risponderai dopo» mi disse e riprendemmo a camminare, ma il mio cuore faceva continue capriole, inebriandomi.

Ormai l'aria iniziava a freddarsi maggiormente e vedevo il mio cagnolino accoccolarsi alla mia gamba cercando riparo, così chiamai David per dirgli che magari era meglio tornare a casa.
«E quella cosa che volevo comprarti allo Starbucks?»
«Un altro giorno» gli dissi e lui annuì, ma non sembrava contento.
«David ma se ci tieni possiamo andarlo a prendere»
«No, è che devo dirti una cosa» disse con aria fin troppo seria.
Perché quando mi sentivo rivolgere frasi di questo genere ripercorrevo mentalmente qualsiasi cosa brutta che abbia fatto o detto?
Annuii e lo invitai a parlare.
«Domani devo partire, per lavoro»
Questo non me lo sarei mai aspettato. Stavo iniziando ad abituarmi a lui e alla sua presenza ed un distacco così brusco non mi avrebbe fatto bene. E lo sapevo.
«Quanti giorni?» chiesi, stringendo il guinzaglio tra le mani.
«Una settimana» disse e mi guardò negli occhi come se stesse cercando qualcosa, forse dispiacere o tristezza. Cose che mi stavano uccidendo entrambe.
So che non c'era motivo di sentirsi così, che sarebbe tornato ma io stavo iniziando a vivere di nuovo e non volevo stare una settimana senza la mia iniezione di vita quotidiana.
«Divertiti» gli dissi cercando di sorridere, ma quello che mi uscì fu sicuramente una smorfia.
Lui annuì e mi fece segno di seguirlo.
«Andiamo, l'aria comincia ad essere gelida» e così tornammo sotto casa mia.


«Eccoci arrivati»
«Già» dissi e fu l'unica cosa che avevo detto da quando avevamo deciso di ritornare a casa. Non avevo più sentito il bisogno di parlare, non avevo più quell'entusiasmo che nasceva quando guardavo solamente i suoi occhi e lui doveva essersene accorto.
«Sarà solo una settimana» disse ed io annuii, non sapendo che dire.
«Emy...»
«Passa una buona settimana» gli dissi e salutandolo con la mano corsi dentro il portone, imponendomi di non voltarmi e guardarlo, perché se solo mi fossi girata, se solo lo avessi visto mentre mi fissava sarei sicuramente tornata indietro chiedendogli di rimanere ed io non volevo essere debole. Non ai suoi occhi.
Quando entrai dentro casa chiusi la porta con troppa forza, tanto che Golia si spaventò ed iniziò ad abbaiare. Lo liberai dal guinzaglio e lanciai questo sul mobile all'ingresso dirigendomi verso il salone. Collegai il mio iPod con il dolby surround e lasciai che la musica riempisse quel vuoto che sentivo, che lui aveva scavato con sole poche parole.
Tamburellai con le dita sulla scrivania indecisa su cosa fare, quando spinta dalla curiosità mi sedetti ed accesi il computer. Attesi che la connessione fosse attiva e quando aprii la pagina di Google cliccai le uniche parole che non avrei mai pensato di digitare.

David Gandy nudo



E quello che uscì mi lasciò turbata, e non poco.
Altro che perfezione, batteva il David di Michelangelo ad occhi chiusi, e mi accorsi che il sogno che avevo fatto su di lui non gli aveva reso giustizia. David era molto di più.
Era perfezione, era magnificenza, era virilità... era sesso. Sesso allo stato più estremo, più selvaggio e più totalizzante che una mente umana potesse concepire.
I suoi muscoli dorsali erano così accentuati e scolpiti che desiderai sentirli sotto le mie mani, gli avambracci così possenti e forti, resi vivi dalle vene in rilievo su quella pelle glabra lasciavano espandere le fitte al basso ventre; i pettorali, così come la pancia, erano tonici e la sensualità di quei addominali obliqui mi annebbiarono totalmente la mente, perché quando i miei occhi si posarono poco più giù mi ritrovai a desiderarlo, ad averlo, a sentirlo. Persino dentro di me.
Non c'era più niente da fare, iovolevo David Gandy.
Volevo scoprirlo, volevo viverlo.
Volevo imparare ad amarlo senza più riserva alcuna.


«Pronto?»
«Alza quel maledetto culo e vieni subito a casa mia»
«Ma che diavolo stai dicendo?»
«Cambio di programma Cassie, sbrigati a venire o morirò di autocombustione»
«Mi dici cosa è successo?»
«E' successo che non riesco a staccarmi dallo schermo del computer!»
«Tu mi spaventi!»
«Anche lui mi spaventa!»
«Emy... ma di chi stai parlando?»
«Sbrigati! Di David, non posso farcela. Se non ti sbrighi ad arrivare potrei fare una pazzia ed è meglio di no»
«Ok, mi stai spaventando arrivo subito e qualsiasi cosa sia successa spegni quel cazzo di computer»disse ma io non l'ascoltai. Non potevo spegnere il portatile e negarmi quella visione scultorea e perfetta di David.
Ma cosa mi prendeva?
Cercai di farmi aria con i fogli trovati sopra la scrivania, ma era inutile.
Io stavo andando a fuoco.
Ero addirittura spaventata. Sì, perché nessun uomo mi aveva mai fatto un effetto simile. Lui... lui mi sconvolgeva, mi incendiava, mi attirava a se come se io fossi un suo satellite.
Avevo paura a lasciarmi andare con lui anche per questo motivo, per l'effetto che aveva su di me. Se io mi fossi realmente innamorata di lui e se poi tutto sarebbe finito io non avrei saputo come rimettermi in piedi, perché ero convinta che una volta innamorata di lui gli altri uomini sarebbero stati il nulla.
Quando Cassie arrivò, mi trovò rannicchiata sulla sedia dinanzi la scrivania mentre mi facevo aria.
«Si può sapere che stai facendo?» mi chiese ma l'unica cosa che fui in grado di fare fu di mostrargli lo schermo del Computer e lei scoppiò in una fragorosa risata.
Io indispettita la guardai male.
«Che hai da ridere?»
«Non mi dire che non sapevi di questo!» mi disse ed io abbassai lo sguardo. No, non lo sapevo e non mi era mai interessato saperlo. Non ero di certo una di quelle donne che impazziva per un uomo tanto da salvarsi tutte le sue foto in una cartella sul desktop, avevo scoperto che lui posava anche nudo e la mia curiosità mi aveva spinto a volerle vedere, anche perché del suo corpo avevo solo un vago ricordo nei miei sogni.
«David è un modello impeccabile» mi disse la mia amica e si avvicinò a me cliccando sul motore di ricerca altro.
«Se guardi sono tutte foto perfette e stupende. Un fotografo gli ha addirittura dedicato un intero libro e... Emy lasciamelo dire, tu non immagini la fortuna che hai!»
«Fortuna?» chiesi anche se il mio cervello stava ancora pensando al libro su di lui.
«Be' sai non è da tutte essere corteggiate da uno come lui»
«Cassie... lui...»
«Lo so, non ci sono parole per descriverlo. E' la mia stessa reazione quando lo vidi per la prima volta. Tranquilla»
«E' così bello» dissi e mi sembrai come una bambina che guardava assorta qualcosa di così indiscutibilmente perfetto.
Cassie continuò a ridere e mi posò una mano sulla spalla.
«Che ne dici di spegnere qui e di raccontarmi la pazzia che avresti voluto fare?»
Annuii e con lei che continuava a sogghignare me ne andai verso il divano.
«Allora sto aspettando» disse Cassie mentre si metteva comoda.
«Mi ha detto che domani deve partire per una sfilata e non ci siamo salutati bene, per colpa mia, e aver visto quelle foto mi ha risvegliata. Hai presente una secchiata d'acqua gelida? Ecco quella sensazione e... e l'unica cosa che volevo era lui. Sarei andata a da lui, non lo so, qualcosa avrei fatto perché lui doveva spegnere questo fuoco» dissi e mi morsi un labbro mentre mi stringevo le ginocchia al petto.
«E bravo David, sta riuscendo dove altri hanno fallito»
«In che senso scusa?»
«Ti sta facendo innamorare di lui»
E quelle parole rimasero lì sospese in aria.
Avrei dovuto pensare che fossero solo parole, ma qualcosa mi diceva che c'era della verità racchiusa in esse e tutto quello che stavo provando forse ne era la conferma?

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