Capitolo VI

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Dovevo concentrarmi.
In quel momento, dovevo solo concentrarmi.
Inspira, espira.
Inspira, espira.
Insomma, dovevo solo fare un colloquio di lavoro in un bar, neanche fosse un colloquio per lavorare alla Casa Bianca.
Però c'erano molte cose che mi frullavano nella testa in quel momento, e nessuna di esse riguardava il lavoro al bar. O qualunque altro lavoro, in generale.
Anzi, riguardavano la ragazza che era seduta al mio fianco e che sorrideva come se vedermi andare in ansia fosse la cosa più divertente di questo mondo.
"Alexis, perché sorridi?" chiesi, alla ragazza seduta al mio fianco, cercando di non far caso al suo sorriso più di tanto.
Lei alzò le spalle, continuando a sorridere.
"Per nulla di speciale, però mi diverte vederti così teso per il lavoro" rispose.
Se solo sapessi il vero motivo per il quale sono teso.
Sorrisi nervosamente e mi schiarii la voce, e mi guardai intorno, aspettando con ansia l'arrivo del proprietario del locale. Mi agitava di più Alexis in quel momento, che un possibile datore di lavoro.
Però era bello avere qualcuno al tuo fianco pronto ad aiutarti. Ed Alexis era quel qualcuno.
Ci comportavamo come amici di vecchia data, non come se ci fossimo conosciuti qualche ora prima.
Ma dato che io non facevo testo, essendo molto, ma molto di parte per quanto riguarda quella questione, era Alexis quella che mi aveva stupito.
Nel mio sogno -so che lo tiro sempre di mezzo, ma sono fatto così- lei inizialmente era molto distaccata, se così si può dire. Forse anche un po' acida.
Ma nella realtà lei era il contrario. Era solare, amichevole e molto dolce, e non riuscivo a seriamente a capacitarmi di come avessi potuto averla immaginata così. Anche se forse, era proprio quell'acidità che mi aveva fatto innamorare di lei...nel sogno.
Dio, aiutami.
D'un tratto, qualcuno, o meglio Alexis, mi diede un pugno sul braccio.
"Che cazz-" mi bloccai, vedendola annuire in direzione di qualcosa dietro la mia schiena.
Mi voltai e sbiancai, vendendo chi era l'uomo davanti a me.
"Moccioso" disse l'uomo con una smorfia.
"Oh, Cristo" mormorai a bassa voce, portandomi una mano alla testa.
"Che ci fa questo tipo qui, Alex?" chiese lui.
L'ha davvero chiamata Alex? Andiamo, avrà 50 anni questo coso, almeno abbia un po' di decenza.
"È il ragazzo di cui ti ho parlato per telefono prima, ti ricordi, Bruce?" chiese lei.
Dunque ha un nome, questo stronzo.
"Se avessi saputo che si trattava di lui, non avrei nemmeno risposto alla chiamata" disse quel Bruce. 
Iniziai a fissare un punto indefinito davanti a me, cercando di placare immediatamente il mio animo.
"Guarda che sono ancora qui, Bruce" dissi, pronunciando il suo nome come se fosse la cosa più brutta del mondo.
"Oh, non ti avevo notato, moccioso" ribatté lui alla stessa maniera.
Questa volta lo guardai torvo.
"Senti-" iniziai, alzandomi dalla sedia, ma la mano di Alexis afferrò il mio braccio e mi attirò nuovamente a sedere.
La guardai confuso.
"Justin voleva dire che sarebbe molto lieto di lavorare per te. Vero, Justin?" disse, alzando un sopracciglio.
Lo alzai a mia volta.
"Certo" dissi, nonostante stessi ancora guardando Alexis malissimo.
Sentii uno strano verso provenire dall'omone dietro di me, così tornai a voltarmi verso di lui.
"Va bene. Solo una prova però, perché se vedo che non sei adatto, ti butto fuori" disse.
Io annuii solamente, mentre Alexis emise un gridolino di felicità.
"Bene!" sbottò d'un tratto, alzandosi. "Andiamo a festeggiare la tua assunzione". Mi prese per mano nuovamente e mi aiutò ad alzarmi.
"Ma non mi ha ancora detto di sì" dissi, ridacchiando per il suo comportamento.
Lei si limitò a farmi l'occhiolino e poi si avviò verso la porta.
Quando passammo davanti a Bruce, lui staccò le nostre mani e si avvicinò al mio orecchio.
"Sei stato solo fortunato. Se Alex non fosse stata mia nipote, te le avrei date di santa ragione, stronzetto" vi sussurrò.
Lo guardai basito. Alexis era sua nipote, e io che pensavo malissimo.
Annuii e poi uscii finalmente da quell'ufficio.
"Davvero è tuo zio?" chiesi ad Alexis una volta all'esterno.
"Te l'ha detto lui?" mi chiese.
"Sì, molto espressamente tra l'altro" risposi.
Lei rise. "Classico di zio Bruce, ma non preoccuparti, è un brav'uomo" disse.
"Oh, sì, immagino" dissi, trattenendomi a stento dal ridere. Brav'uomo, come no.
"Comunque, che ne dici se ci andiamo a prendere un gelato per festeggiare?" chiese.
La guardai negli occhi, stando attento a dove mettevo i piedi.
"Ehm, okay" risposi. Insomma, chi mai avrebbe potuto rifiutare un invito da parte sua? Nessuno, ecco chi.
Lei sorrise ed iniziò ad avviarsi verso la gelateria più vicina.

"Posso farti una domanda?" chiese Alexis.
Annuii, dando un'altra leccata al mio gelato, che quasi rischiò di cadermi a terra.
Sentii Alexis ridacchiare, ma si ricompose immediatamente.
Si sedette sulla prima panchina che trovò e buttò via la sua coppetta ormai vuota.
"Dunque, questa domanda?" domandai, sorridendo.
"Giusto" disse imbarazzata. "Non so se faccio bene a chiederti quella cosa però"
"Dai, chiesi e basta. Mal che vada ti tiro addosso il gelato e poi scappo" dissi, per farla sorridere un po'. Funzionò.
"Okay. Ehm...come mai sei finito in coma?" domandò.
Sorrisi lievemente. "Te l'ha detto Becky?" domandai.
Lei annuì imbarazzata.
"Ho fatto un incidente in auto, da quel che mi hanno raccontato. Non mi ricordo nulla di quel giorno" continuai.
"C'entra un certo Robert?" domandò ancora.
Sorrisi, notando quante cose sapesse di me.
"Vedo che sei molto informata, ragazzina" scherzai.
"Hey!" disse, facendo finta di offendersi. Infatti poi sorrise.
"So che sei più piccola di me, non preoccuparti" dissi, facendole l'occhiolino.
"Di solo un anno, sai che roba" disse lei.
Alzai le spalle. "Sono comunque più grande di te"
Lei rise, e a quel punto risi anche io.
Quel momento era perfetto: c'eravamo solo io e lei. Non importava se lei aveva già il cuore impegnato da un altro ragazzo, o se ci fossimo solo conosciuti qualche ora prima. Stavo così bene che non mi importava di niente.
"Su, rispondi alla domanda" mi incitò poco dopo.
Annuii, mangiando l'ultimo pezzo di cono. 
"Robert era l'uomo per il quale correvo. Sostanzialmente, facevo corse clandestine per la sua squadra. Ero il migliore, ed avere in squadra il migliore portava molti soldi.
Ora lui è in prigione e io sono stato in coma, ecco cos'ha comportato il mio incidente" dissi.
"L'importante è che quello stronzo sia in prigione" disse.
"La ragazzina sa anche le parolacce" la presi in giro.
"Alt!" dissi, prima che potesse ribattere. "Ora ti faccio io una domanda, posso?" chiesi.
Lei annuì.
"Perché ti comporti così con me? Nel senso, sei così aperta e amichevole nonostante ci siamo conosciuti solo qualche ora fa" dissi.
Quella domanda mi frullava in testa dal primo momento in cui l'avevo vista quel giorno.
Lei sorrise ed alzò le spalle. "Non lo so, sento che di te posso fidarmi. È come se ti conoscessi da una vita" rispose.
In quel momento il mio cuore iniziò a battere velocemente, come solo lei sapeva far battere.

N.A//
Ho aggiornato il prima possibile e d'ora in poi ho deciso che aggiornerò la domenica, anche perché è l'unico giorno in cui ho tempo.
Comunque, spero che questo capitolo sia venuto discretamente bene, nonostante non succeda nulla di che, ma al momento ho altro per la testa e non mi riesco a concentrare come si deve.
I prossimi capitoli saranno migliori.

Che ne pensate di questa amicizia che è nata subito tra Justin ed Alexis?
Non preoccupatevi, non ho intenzione di farli mettere insieme nel prossimo capitolo e di far concludere la storia subito solo perché sono in sintonia.
Ci saranno molte altre peripezie :)

Scusate per gli errori e ditemi che ne pensate, che mi fa sempre piacere saperlo.
Buona serata,
-Cam ☀️

Life is worth living || Justin Bieber (Sequel di "Trust")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora