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È strano, sono qui, distesa con gli occhi chiusi, eppure ho una percezione chiarissima di quello che ho attorno. C'è un solo faro acceso, in alto a destra, ed è puntato su di me, non c'è una parte del mio corpo che non sia riscaldata dal suo fascio luminoso. Altri cinque minuti così e mi sciolgo. Riesco a percepire esattamente dove finisce la luce e inizia il buio, reso ancora più profondo dal silenzio penetrante della platea. Sento lo scricchiolio delle tavole, sta arrivando finalmente, è in ritardo.

La conoscete la storia di Romeo & Giulietta, no? Siamo al punto cruciale: Romeo con la disperazione nel cuore è corso a Verona, ha raggiunto la sua Giulietta, ormai distesa su un freddo banco di marmo. Sapendola morta, decide di uccidersi bevendo del veleno, non può immaginare la sua vita senza di lei. Butta giù il veleno in un sol colpo, «Ecco, al mio amore!», con le ultime forze rimaste la bacia teneramente, «Con un bacio io muoio» e cade a terra senza vita.

Giulietta si sveglia, non era morta, era solo addormentata da una pozione! Vede il suo Romeo, capisce che il piano architettato con fra Lorenzo è fallito, scoppia a piangere disperata. Trova una boccetta fra le mani di Romeo, «Cos'è? È stato questo veleno ad ucciderti? Egoista! Non hai lasciato nemmeno una goccia perché io possa raggiungerti... Ti bacerò sulle labbra, chi sa che non sia rimasto un po' di veleno che possa darmi la morte e la pace...» Giulietta bacia il suo Romeo nella speranza di cogliere qualche goccia del fatale veleno, ma resta un vano tentativo. Turbata da rumori lontani, arriva all'estrema conclusione: «C'è qualcuno! No, non aspetterò più! Oh, caro pugnale, arrugginisci qui, immerso nel mio sangue!». Così Giulietta muore stringendosi al suo amato. Il crudele destino dei due amanti è compiuto.

Cala il sipario.

Il pubblico applaude emozionato, ed io, che interpreto Giulietta, non posso che essere felice del successo. Ho sentito il pubblico singhiozzare e soffrire con il mio personaggio, vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro.

Il sipario si riapre, si accendono le luci in platea, finalmente il pubblico ha un volto, mille volti diversi. Ringrazio e ricambio lo sguardo di chi mi osserva ammirato, in particolare le signore della prima fila che mi urlano:  «Brava! Brava e Bella! Bravissima!». Sono soddisfazioni. Io vivo solo per questo, l'applauso del mio pubblico.

Non mi monto la testa, non c'è pericolo, so che molti, soprattutto molte di loro, sono qui per il mio Romeo, interpretato da Romeo Merisi. Lui è la celebrità della compagnia. È conosciuto dal grande pubblico grazie a fiction da record d'ascolti come Drammaticamente tuo e Sospira, se vuoi. Sono la sua faccia e il suo nome in cartellone che attirano il pubblico, senza di lui la sala non sarebbe così piena, senza di lui non ci sarebbe tanta richiesta, senza di lui non ci sarebbe la R.M.C.T., ovvero la Romeo Merisi Compagnia Teatrale.

Si richiude il sipario definitivamente. Per oggi è finita così. Abbracci, saluti, commenti e complimenti fra di noi e via tutti a struccarsi. Tutti tranne Romeo, che alla fine della serata è assediato da fan e giornalisti. Non ho neanche il tempo di parlargli, sopraggiunge una procace giornalista a distrarlo da me.

«Romeo... Romeo Merisi!» miagola lei.

«Sì?» risponde Romeo sibilando come un serpente e sfoderando il suo sorriso malandrino.

Lei vorrà fargli le solite patetiche domande, non me lo perdo per niente al mondo, mi piace osservare fino a che punto riesce ad arrivare la stupidità umana.

«Romeo, oltre al nome, cos'altro hai in comune con il tuo personaggio?». Ah brava! Questo non l'avevano mai chiesto, se non altre trecento volte! Inizia bene la ragazza!

«Molto, sono un gran romanticone». Sì, come no! Allora perché a me viene spontaneo pensare piuttosto una cosa tipo "gran coglione"?

«Qual è la cosa più romantica che hai fatto per una donna?»

La Maledizione dello YorkshireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora