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Suona il telefono, è lui. Fissiamo un appuntamento usando il nostro stupidissimo codice. Ma non può chiamarmi quando Lavinia è lontana e non può sentire? Che so, mentre è in bagno? Dovrà pure evacuare ogni tanto quella donna!

«Belli, fate come vi pare, io devo uscire!»

«Sì, abbiamo capito, esci con il tuo Romeo! Salutacelo!»

«Ma ci lasci qui con i piatti da fare? Non è giusto!»

«Sì che lo è, chi cucina non lava!»

«Io non ricordo di aver accettato un accordo simile»

«Roberto, non ci provare! Non posso restare neanche un minuto di più, devo andare e di corsa!»


***


Sono seduta da mezz'ora sui gradini ad aspettare Romeo. Lui non è in ritardo, sono io in largo anticipo. Ho camminato più veloce del solito spinta dalla paura di non arrivare in tempo, anzi, il mio obbiettivo era proprio arrivare prima di lui per darmi un altro po' di tempo per prepararmi. Quello che devo dirgli è serio. Non so se sperare che lui arrivi subito o ritardi ancora. Uffa! Che ansia! Devo dirgli che è finita. Ci ho pensato su tanto, sono diversi mesi che cerco di preparare un discorso decente, ora credo o meglio spero d'essere pronta, di aver trovato il modo giusto, un discorso diretto, ma addolcito da un po' di tenerezza nei riguardi di Romeo, in rispetto per quello che c'è stato. Non ho amato nessuno quanto lui. Eccolo arrivare. 

Esordisce con un «Amore!», mi abbraccia, vuole baciarmi, ma non è il caso di smancerie, lo respingo, devo parlargli seriamente. Lui, che ormai in questi ultimi mesi si è abituato a essere trattato maluccio da me, non ci fa neanche caso e continua «Amoreee! Visto che puntualità?»

«Una volta tanto... »

«Lo sai che solo con la scusa del calcetto riesco ad arrivare puntuale. Le altre volte, trovare una scusa valida già è un problema, poi Lavinia cerca di trattenermi... invece col calcetto è proprio lei a dirmi: "Vai, divertiti! Dedicami i tuoi gol! Giocare ti fa bene alla salute, ti vedo più tonificato!"» e se la ride alle spalle della sua ingenua fidanzata. Vedendo che la cosa non mi diverte per niente, diventa serio e mi invita a parlare. «Comunque, vuoi dirmi qualcosa? Avanti... »

"Romeo, io... », non mi lascia iniziare! Ma come? Cosa mi frega di sentire la sua nuova suoneria? Quant'è cretino! «Senti, già l'altra volta in camerino, ti volevo dire che qualcosa dentro di me sta cambiando... sta crescendo dentro di me... »

«Ho capito! Sei incinta! Vai da chi vuoi, pagherò tutto io... devi abortire!»

«Cosa?», ma come gli è venuta in mente una cosa simile?

«Ecco, lo sapevo! Sapevo che avresti reagito così! Hai paura della gravidanza, del parto e del tuo destino, però gli ormoni ti hanno già reso una tenera e dolce mammina... che non può uccidere il suo piccolino... e no! In compenso puoi rovinare la vita a me, vero? Non ho l'età per fare il padre! Sono all'apice della mia carriera... Questo non sarebbe il figlio della mia fidanzata! Mi metti nei guai! Devi abortire!» La situazione è esplosa, quello che doveva essere un sereno dialogo è diventato un aggressivo monologo di Romeo. «Non voglio figli illegittimi in giro! Perché prima o poi rispuntano sempre a complicarti la vita... magari proprio mentre da vecchio sei in punto di morte... neanche ti fanno crepare in pace...lì, che vogliono che firmi carte... non voglio questo bambino! Se hai voglia di fare la mamma avrai altre occasioni e con un altro uomo!»

Ascolto tutti i suoi vaneggiamenti scioccata, mi rendo conto di aver sprecato il mio tempo con un verme, incapace d'amare, ma abilissimo invece nell'usare le persone a suo piacimento. «Bene! Hai finito il tuo discorso? Perché quello che volevo dirti è che non voglio più avere niente a che fare con te! Ho bisogno di qualcuno che mi ami veramente e non di uno stronzo come te! Mi fai schifo!» Il discorso non è venuto esattamente come l'avevo immaginato, però credo di essere stata il più chiara possibile, gli direi anche di peggio, meglio che mi allontano, e alla svelta.

«Ma... non sei incinta?» chiede Romeo dubbioso di aver fatto un gaffe pazzesca che gli rovina tutto con me.

«No!» gli grido con forza.

«Mi volevi parlare per dirmi che non vuoi più stare con me?» domanda con la sua solita espressione da povero cucciolo indifeso.

Sospiro spazientita, «Sì. Tutto qui. Mi ero pure preparata un discorsetto carino per renderti la cosa meno tragica... pensa che cogliona! Tu non meriti niente! Sono stata con te cinque anni! Cinque anni! Per capire poi in meno di cinque minuti quello che sei veramente! Per capire quello che sono io per te... un passatempo!»

Romeo si sente perso, è spalle al muro, ne ha dette troppe, ma tenta lo stesso di rimediare come farebbe ogni uomo, vale a dire usando le scuse più ovvie e squallide, si sa che il genere maschile è campione d'arrampicate sugli specchi. «Nadia... ero nervoso, ho detto quelle cose così, d'impulso... Non ti avrei mai fatto abortire veramente! Se tu volevi tenere il bambino, io... io ti amo! Non mi lasciare! Non mi lasciare! Facciamo un bambinooo!»

Ma ormai ho già svoltato l'angolo.

Game over. Come uno degli appassionanti videogiochi di Roberto, dopo tante difficoltà e sacrifici, dopo nemici da cui nascondersi e contro cui combattere, dopo bonus acquisiti e punti persi, dopo aver superato tanti livelli, siamo arrivati all'ultimo. È stato bello, ma ora è finito, riprovarci non è il caso, quando già conosci il gioco è noioso ricominciare, l'unica è comprarsene uno nuovo.


La Maledizione dello YorkshireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora