L'acqua mi colpisce. Sento le gocce che scivolano lentamente bruciandomi. Non uscirei dalla doccia nemmeno se mi pagassero. Chissà cosa starà facendo... Mi fa rabbrividire il pensiero di Christopher che mi cerca impazzito dappertutto:
-Mi dispiace... non volevo farlo, ma ero costretta. Non voglio fare figure di merda davanti a te. Non voglio.- mi abbasso, cominciando a piangere. Le gocce d'acqua continuano a scendere coprendo il mio corpo, ammorbidendomi. Basta! Non devi più piangere! Quello che è stato fatto non può essere cambiato. Ora siamo qui e né noi né zia Anne e né Christopher può fare qualcosa. Mi alzo, decisa di cambiare tutto, di ritornare com'ero prima. Chiudo il rubinetto, esco dalla doccia e prendo il mio accappatoio. Meno male che ho preso alcune mie cose, mi sarei vergognata se avessi chiesto tutto a mia zia. Prendo l'asciugamano con la quale avvolgo i capelli. Alzo la testa e mi guardo nello specchio. Faccio una smorfia guardando la bellissima crosta al labbro. Fa male da morire. Mio padre me la pagherà; questo è sicuro. Ho una rabbia dentro di me che nessuno riuscirebbe a togliere."-Devi cominciare ad imparare Katrine. Sei una bambina ancora, ma prima diventerai più matura, prima le tue conquiste saranno più forti. Per le femmine era severamente vietato questo tipo di sport all'inizio, perciò dovresti essere onorata di praticarlo, così come lo sono anche le altre ragazze.- indica verso le ragazze dietro di me che ormai hanno gradi molto alti. Mi giro verso mio padre e continuo a guardarlo, mentre lui non smette di camminare avanti e indietro nell'immensa sala. Dappertutto ci sono specchi, diplomi e medaglie. Molto probabilmente sono tutte di mio padre. Mi inquieta tutto. Non ho mai provato una cosa del genere.
-Papà!- corro verso di lui e mi attacco al suo braccio. -Vincerò più medaglie di te. Te lo prometto!-
-Ma cosa stai facendo?!- mi stacco da lui impaurita. Il suo volto è scuro e non è per niente contento. -IO SONO IL TUO ALLENATORE, KATRINE! DEVI RISPETTARE LE REGOLE COSÌ COME FANNO GLI ALTRI. ORA, COME PUNIZIONE, VAI FUORI!- lo guardo cercando di capire che cosa gli stia succedendo. Il suo tono, il suo sguardo aggressivo, tutti questi gesti che mi traumatizzano. Io non l'ho mai visto così feroce, senza cuore. Lui non è mio padre. Non so nemmeno io cosa fare. I ragazzi dietro di me sembrano indifferenti e mio padre continua a guardarmi come se non fossi sua figlia. Mi giro, faccio l'inchino verso il MIO ALLENATORE ed esco dalla sala. Vado nello spogliatoio, mi svesto. Butto la divisa nella spazzatura. Butto tutte le protezioni. Mi vesto, metto il giubbotto e prendo il borsone. Esco dall'edificio e mi dirigo verso la macchina. Mia mamma sta parlando al telefono quando mi vede chiude subito, tra l'altro scioccata per l'orario.
-Tesoro mio!- scende dalla macchina e mi abbraccia. Non riesco a ricambiare. Sono arrabbiata. -Cosa ti è successo? Ti sei fatta male?- mi guarda un po' dappertutto.
-Mamma... per favore.- abbasso lo sguardo e salgo in macchina. Poso il borsone sul sedile posteriore. Mia mamma sale in macchina e guarda fuori dalla finestra.
-Kat... è successo qualcosa. Che cosa ti ha detto tuo padre?- la guardo. È impossibile nasconderle qualcosa. Mi capisce subito.
-Mamma, non è successo nulla. Voglio solo andarmene da qui, okay? Non voglio più venire a fare karate! Non voglio più venire in questa schifosa palestra! Non mi piace e non mi è mai piaciuto!- comincio a piangere mentre continuo ad indicare l'edificio. Sono tutte bugie, ma non sopporto vedere mio padre che si comporti così con me. Non riesco a tollerarlo.
Mia madre mi guarda. Anche lei ha gli occhi lucidi. Mi asciugo le lacrime e le chiedo di andare a casa.***
Sento la porta principale spalancarsi. È arrivato. Mi metto subito sotto le coperte, spengo la luce e mi volto con la faccia verso la finestra. Sento le grida da qui. È un terrore.
-Dov'è tua figlia?! Lo sai che ho fatto una figura di merda per colpa sua?!- non riesco a sentire la voce di mia madre. Molto probabilmente non gli sta parlando.
-Dov'è?!- chiede un'altra volta mio padre. Sento qualcuno salire le scale e subito dopo sento delle botte.
-Devi smetterla pezzo di merda! Lei non ha fatto nulla! Tu sei un uomo senza cuore! Lei è tua figlia! Sì, devi essere severo, ma non devi umiliarla davanti a tutti i suoi compagni di squadra, che tra l'altro sono con più anni di esperienza! Non sai niente della vita!-
-Tu, porca miseria, devi smetterla! So cosa faccio! Non devi darmi consigli!- continuo a sentire i passi di qualcuno su per le scale e poi mia madre grida il mio nome. D'improvviso è tutto silenzio.
-Mamma...- sussurro, stringendo attorno a me la coperta fredda. Conto fino a 10 e decido di scendere dal letto e vedere cosa stia succedendo. Esco dalle coperte e metto i piedi sul parquet ghiacciato. Mi alzo in piedi pensando che in tutta la casa si è sentito solo il rumore del parquet della mia stanza. Rimango ferma e aspetto di nuovo. Mio padre spalanca la porta, facendo entrare la luce debole del corridoio. Sento il suo respiro affaticato e mi tira dal braccio, mettendomi seduta sul letto. Si abbassa e si attacca con la fronte alla mia:
-Ora siamo rimasti solo noi due.-"
STAI LEGGENDO
Un terribile disastro (SOSPESA)
ChickLitKatrine Smith ha solo 17 anni e solo Dio sa quante ne ha vissute. Trasferita a Jacksonville per motivi scolastici e soprattutto perché non sopportava più stare a casa, incontra una ragazza che le diventa amica, ma il problema appare quando, ad una f...