Primi passi (parte I)

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Era come se il sole faceva fatica a sorgere, il buio insistente dominava una porzione di mondo. Poi, come un miracolo che si rinnova, il padrone assoluto del cielo posò la sua luce (rassicurante) all'orizzonte, sulle colline, quelle che Erica amava tanto.

Fino a quel momento c'era un'oscurità senza orientamento, che copriva i difetti di tutti e ne formava uno più grande: il vuoto!

Splendi sole, sempre di più, adorna di luce il mondo, fai sentire calore, cancella l'opacità esteriore affinché gli occhi possano ammirare e le labbra sorridere.

Il cuore di Erica, anche se piccolo, era triste. Piangeva silenziosamente.

‹‹Erica, è ora di partire. Prendi le tue valigie dai. Non fare quella faccia, andrà tutto bene, non preoccuparti, pensa quanto sarà bello, andremo a vivere in una casa più grande e più bella, visiteremo tanti posti nuovi, ci divertiremo un mondo credimi, Papà non sbaglia mai. E poi, se le cose andranno per il verso giusto, in futuro penseremo anche a un fratellino!››. 

‹‹Si, ma perché papà, qui non lo puoi fare?››, ingenuamente, la piccola Erica, cercava spiegazioni. Si sentiva morire all'idea di scappare da li.

‹‹Qui tesoro? Non si può proprio! Conosci bene le cose come stanno, che scandalo sarebbe, sai che Sandra è sposata!››.

‹‹Ma oramai lo sanno tutti che esci con lei!››, insisteva, piena di frustrazione e rassegnazione.

‹‹Si è vero, ma è sposata e ha già un figlio, non posso proprio qui!››, cercò di spiegare il padre, ora con un tono un po' nervoso. 

‹‹Papà, ma li sarà la stessa cosa, comunque rimarrà sposata!››, pronunciò quelle parole, ormai avvilita.

‹‹Certo! Ma lì non ci conosce nessuno, siamo liberi di fare quello che vogliamo!››, fece un sorriso teso e nervoso, con il chiaro intento di chiudere il discorso. Punto.

‹‹Ma...››, voleva continuare a parlare la piccola Erica, almeno per esprimere quello che provava ma il padre la interruppe bruscamente: ‹‹ti prego Erica non preoccuparti, fidati di me, andrà tutto bene ti ho detto, poi ti prometto che verremo qua ogni due mesi, così non perderai i contatti con nessuno!››. Si voltò per continuare il suo da farsi.

‹‹Che fregatura!››, farneticava Erica a denti stretti, con un grande senso d'impotenza, ‹‹dove andrò a finire?››.

Ogni tentativo di fargli cambiare idea era risultato vano.

Erica aveva solo dodici anni.

‹‹Non c'è niente da fare, mi rassegno, devo partire!››. Disperazione.

Una lacrima, che aveva trattenuto con tutte le sue forze, gli rigava il viso. Poi traboccò come un vaso pieno. Si lasciò andare in una crisi di pianto e rassegnazione. Non aveva forza di lottare. Troppe erano state le parole, tanti i gesti per far dissuadere il padre da quel progetto insensato. In effetti, furono costretti ad andarsene via, perché avevano occupato illecitamente una casa popolare ed erano stati sfrattati con la forza. Non solo lei e il padre, ma anche tutti gli altri. Quello che preoccupava Erica era il fatto di dover andare a vivere con quella donna.

‹‹Erica dove sei?››, cercava il padre, sempre più indaffarato e frenetico.

Piangeva chiusa in se stessa. Sola. Non aveva il coraggio di rispondere, non voleva farsi vedere mentre piangeva, ma i singhiozzi e gli spasmi erano ormai incontrollabili.

‹‹Dove sei? Ma cosa...dai non piangere, non disperarti. Ti ho già detto che andrà tutto bene e presto ti abituerai e sicuramente ti piacerà. Senti...hem, mi hanno detto che è davvero un bel posto!››, ora tentava una tecnica del tipo "Mangia fuoco e il paese dei balocchi", ‹‹non sei mica l'unica ragazzina che si trasferisce in un'altra città! Sei ancora molto giovane e sicuramente ti ambienterai non appena andrai a scuola e tutta questa sofferenza sarà solo un brutto ricordo!››. 

Vorrei che mi ascoltassiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora