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Il giorno seguente, nel pomeriggio, la piccola Erica fece una passeggiata d'ispezione lungo una strada alberata, male asfaltata e dove passavano poche macchine. Giunse a un campo di calcio, decise di entrare e si fermò a guardare una partita, non ne aveva viste molte in vita sua, quel tipo di sport non l'attirava tanto, ma quel giorno gli sembrò una partita stupenda. Tutto era lecito pur di distrarsi. Poco distante da lei c'era un ragazzo autistico che, nonostante la sua età non più adolescenziale, sembrava un bambino, incosciente d'ogni cosa, avvolto nel suo mondo, che per ironia della sorte, poteva essere migliore di quello reale. Per un istante lo invidiò, poi si rese subito conto che stava prendendo quella brutta storia con molta più disperazione di quanto immaginava. Cercò di rilassarsi contemplano il cielo, guardando le alte montagne che s'imponevano dietro il campo di calcio. Chiuse gli occhi inalando l'aria fresca, simile a quella della sua città. In fin dei conti quel posto era abbastanza taciturno e permetteva di godere di attimi di speranza. Respirò più volte, con profonde inalazioni. Pensò e ripensò al momento in cui aveva invidiato quel ragazzo e si rimproverò sentendosi una vigliacca. Decise che non doveva capitare mai più di desiderare di essere viva ma incosciente. Si sdraiò sull'erbetta avvolta da un pensiero ottimista.
‹‹Andrà tutto bene! Devo solo avere pazienza!››.
Ripensò più volte al detto "La pazienza e la virtù dei forti", la prima volta che ricordava d'averlo sentito era sulle ginocchia di suo nonno. Ricordava anche la sua voce preoccupata che diceva: "Piccola, dobbiamo solo avere pazienza, mamma presto ritornerà e tutto questo martirio sarà solo un vecchio e brutto ricordo!".
‹‹Nonno, che cos'è la pazienza?››, gli chiese ingenuamente, guardandolo attentamente negli occhi con la fiducia che solo un bimbo può avere per una persona adulta e cara. La risposta fu: "L'unica cosa che posso dirti piccola è che la pazienza è la virtù dei forti". Non gli disse altro.
Prima d'ora non si era mai resa conto di quanto fosse saggio quel detto che aveva risentito migliaia di volte e di quanto efficacie potesse essere in determinati momenti. Sperava solo che le cose andassero meglio di come andarono all'ora, perché alla fine sua madre non tornò più. Ora percepiva una vaga sensazione di sicurezza che non provava da qualche tempo. Guardava il cielo con le sue lente nuvole che sembravano pellegrini verso una terra promessa. Osservò fino a ché le palpebre si fecero pesanti e si chiusero, scivolò in un sonno leggero, una specie di fusione tra realtà e l'inganno dei sogni. Quando li riaprì, era quasi buio, aveva sonnecchiato un po'. Il campo era deserto e tutti i giocatori erano sotto le docce. Sentiva una strana sensazione, come se le mancasse qualcosa o qualcuno, probabilmente era dovuta a un sogno che aveva fatto, ma non ricordava un gran che e non si sforzò nemmeno per saperlo. Restò con quello stato d'animo tutta la sera. Si avviò lentamente verso casa. Il sole era quasi del tutto fuori combattimento e il buio vinceva. La stradina sconosciuta e poco illuminata alimentava la malinconia. Avrebbe voluto percorrere una strada gran lunga peggiore di quella, se solo il premio finale fosse stato la possibilità di andare via da quel posto per sempre. Si sentiva costretta, programmata, schiava del presente lento e duro da digerire. Tra un pensiero e l'altro arrivò a casa, dopo un po' cenò e si diresse nella sua stanza che non le piaceva tanto perché era poco accogliente e sembrava una cella. Le pareti bianche la rendevano più fredda di quanto già lo fosse e ogni rumore era accentuato dalla mancanza di mobili; il baule appoggiato alla parte sembrava una bara con dentro un mostro pronto a saltar fuori in qualsiasi momento. Qualche volta aveva tentato di mettere alla prova il suo coraggio dormendo da sola, ma non faceva altro che tremare sotto le coperte e non osava muoversi, perché credeva che, se l'avesse fatto, qualcuno o qualcosa, si sarebbe accorto di lei.
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Vorrei che mi ascoltassi
Algemene fictieIntroduzione dell'autore. Questa è una storia che parla di adolescenza, la protagonista è una donna, il suo nome è Erica. Questa storia parla anche di solitudine, di abbandono, in un periodo della vita dove il compito fondamentale dell'adolescente è...