Autodistruzione, Contaminazione, Autolesionismo. (Parte I)

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Erica s'inoltrava con una certa tenacia nel mondo; senza una giuda. Il mondo si sa è pieno di pericoli, ma paradossalmente divenne il suo rifugio; una fortezza per fuggire dalla quotidianità domestica. Le giornate trascorrevano tra alcool, droghe leggere e i soliti casini.

Sentiva dentro uno strano desiderio di autodistruzione. Più si faceva del male, senza dare tregua alla sua mente, e più era soddisfatta.

‹‹Autodistruzione, solo autodistruzione, un meccanismo inconscio che la mente adotta per fuggire!››, si ripeteva.

Tornata a casa nel pomeriggio, dopo aver marinato nuovamente la scuola e aver passato una lunga giornata in giro nelle strade della grande città e dopo aver affrontato il faticoso viaggio di ritorno a casa, reso ancora più faticoso dal fatto che le sue capacità psicomotorie erano alterate da qualche sostanza inebriante che vagava indisturbata nel suo organismo, decise di mettersi sul suo letto. Era raro che lo facesse in quel periodo, perché l'estate era vicina e sentiva sempre più il bisogno di evadere, ma in qualche modo doveva pur caricare le batterie, perché se non l'avesse fatto, sarebbe sicuramente impazzita o crollata per strada. Fortunatamente a casa non c'era nessuno, si sentì più rilassata e spontanea. Dopo pranzo si diresse nella sua stanza, chiuse tutte le persiane creando una notte artificiale e si lanciò sul letto. Non aveva la forza di togliersi vestiti e scarpe e con gli ultimi brandelli di energia rimasta stese la mano pesante nel buio, pigiò il tasto play e il mangia nastri iniziò a sibilare e girare lentamente e quando Erica chiuse gli occhi, anche la stanza girava. Sprofondò subito in un sonno profondo come non gli capitava da un pezzo. Nessuno dei suoi fantasmi gli fece visita per tormenta- re il suo giovane cuore. Sognò di una bimba che sorrideva e protendeva le mani verso il cielo, quasi come se volesse esser soccorsa, consapevole che qualcuno l'avrebbe accolta fra le sue braccia. Vide una figura di fronte alla bimba, ma poi, improvvisamente, vedeva con gli oc- chi della bimba. Non riusciva a capire chi fosse quella sagoma femminile che si chinava per afferrarla, perché aveva alle spalle il sole e il volto ombrato. Sentì le sue mani avvolgergli i fianchi e sollevarla da terra. Percepì la sensazione del petto caldo e accogliente sulla guancia. Non sentiva più il freddo, paura o disorientamento ma protezione. Forti braccia piene d'amore, energia e protezione.

Voce nel sogno di Erica:

"Queste cose ti sono venute a mancare troppo presto, troppo presto ti sei dovuta abituare a piangere e strillare senza nessuno che venisse in tuo soccorso, troppo presto i tuoi occhi hanno vi- sto il disorientamento, troppo presto. I ricordi hanno il diritto di vivere per il semplice fatto che esistono!".

Sobbalzò nel sonno con la sensazione di chi cade nel vuoto e aprì gli occhi di scatto. Nella confusione della sua mente sentiva ancora quella voce che gli frullava nel cervello. Non ricordava il sogno. Una forte emozione, insieme a un malessere diffuso, gli premeva sul petto. Non riusciva a focalizzare da dove provenisse il malessere e questo fatto la rendeva ancora più depressa. Avvertiva nelle braccia un vuoto e nell'aria l'odore forte di una presenza importante. Si alzò e rimase seduta sul letto, strofinò la mano su gli occhi e si accorse d'avere il viso rigato dalle lacrime. Si meravigliò. Con un gesto nervoso passò la mano tra i capelli, si sdraiò di nuovo sul letto guardando il soffitto bianco. Pensierosa e meditativa cercava di darsi una spiegazione. Poi, finalmente si ricordò del sogno. Sorrise.

‹‹Ho sognato mia madre!››.

Sospirò profondamente, era ancora persa nel sogno. Ora non c'erano più il soffitto e le pareti. Scavava nella confusione della sua mente come un cane che scava in cerca dell'osso nascosto in giardino. Voleva ricordare con lucidità ogni particolare, si sforzò intensamente e vi riuscì solo in parte.

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