Tramonto

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(1)

Il primo giorno di scuola. Eccitazione e curiosità.

Era lì Erica, nel cortile della scuola, seduta su di un gradino, in un mattino abbastanza caldo. Leggeva "On the road" di Jeck Kerouac. S'immaginava sempre al posto del protagonista del romanzo; avrebbe voluto avere lo stesso coraggio di scappare e magari non tornare mai più. Invece era lì seduta, sempre più magra, con lo sguardo smarrito, i capelli un po' più lunghi, lisci e colorati con varie tonalità. Aveva la maglietta nera con la scritta "People r' Strange", come mantello una felpa rossa dell'hard rock caffè con la zip, i pantaloni a fantasie scozzesi, gli anfibi consumati con i tacchi inchiodati varie volte e la solita borsa di pezza con i ricami orientali. Ogni tanto si guardava intorno in cerca di qualche faccia interessante, ma poi tornava a leggere, ed era più interessante. Non sapeva nemmeno il perché avesse scel- to quell'indirizzo scolastico, forse era stata condizionata dal fatto che Gianna frequentava la scuola vicina alla sua e magari poteva farle compagnia in questa nuova avventura o farsi compagnia a vicenda per marinare la scuola. Nulla che gli piacesse particolarmente in quel posto, tutto era grigio: l'edificio, i volti dei ragazzi, i vestiti, l'aria pesante, forse un po' anche l'anima, la sua sicuramente. Aveva il senso di malinconia di chi scegliendo male non poteva farci più nulla.

Bisogna dire che, il suo cuore, vagava ancora sull'isola, dove tutto era luminoso. Ovvio.

Si sentì chiamare da qualcuno in mezzo alla folla. Sembrava non aspettasse altro che quella voce.

‹‹Gianna, sei venuta alla fine!››, s'illuminò d'immenso. Tutto passato, per ora.

‹‹Certo, non potevo mica lasciarti sola il primo giorno di scuola, dai!››, sorrise mettendogli un braccio attorno al collo.

‹‹Brava amica mia, così si ragiona!››. Allegria.

‹‹Vieni, ti faccio conoscere qualcuno!››.

‹‹Andiamo!››, non esitò, voleva scappare via.

‹‹Ho una brutta notizia!››.

‹‹Quale?››.

‹‹Nel tuo e nel mio istituto, ci sono un sacco di sfigati!››, disse con una smorfia di disgusto.

‹‹Me ne sono accorta!››.

‹‹Ma devi sapere che, proprio alle spalle di quest'istituto, anzi, dentro l'edificio ma in un'altra entrata, c'è il liceo artistico, e indovina un po' la tua amichetta dove ha gli amici?››.

‹‹Ovvio che lì!››.

‹‹Brava! Mica potevo avere amici in quella massa sfigata, quasi avessero paura di interagire con le donne!››.

‹‹Gentaglia da evitare!››.

‹‹Assolutamente!››.

Voltato l'angolo tutto lo scenario cambiò e divenne improvvisamente luminoso, profumato, allegro e leggero. Si sentivano tante risate.

Si trovarono da lì a poco lontano da scuola (e ti pareva), nella villa comunale, su di un prato pieno di sole, in compagnia di ragazze e ragazzi, di aria fresca, di una bottiglia di vino rosso e di un po' d'erba da fumare, tutto secondo i canoni della loro vita.

Il rientro a casa fu come il solito poco accogliente, il padre di Erica era a lavoro, la sua compagna invece era intontita, buttata sul divano con a fianco un posacenere pieno zeppo di sigarette e cenere. Si sentiva più che mai disgustata nel vedere e rivedere il solito scenario. Senza esitazione, dopo una bevuta di acqua e un panino con il prosciutto, prese l'asciugamano e uscì da casa diretta sulla spiaggia, si sdraiò al ridosso della riva e si addormentò sotto il sole accogliente di settembre. Quando si svegliò il suo primo pensiero: ‹‹Cristiano!››.

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