Tra Pesantezza e Leggerezza

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                                                                                              (1)

Le giornate, spesso fiacche e monotone in quel periodo, venivano improvvisamente animate da qualche impulso balordo che riattivava i ragazzi. Facevano o uno o novanta; o chiusi nelle loro tane, o fuori a bere e a fare baldoria. Si ribellavano a tutto ciò che non andava loro a genio. Odiavano tanto, sopratutto loro stessi. Si facevano inconsapevolmente del male, punendosi perché non si sentivano come i "normali" ragazzi che rispecchiano i canoni etici della società e per questo fuori da tutto ciò che apparentemente conta. S'immaginavano come un puntino nell'universo. Fino a qualche tempo prima avevano creduto che il mondo girasse intorno a loro e potessero controllare ogni situazione. Questa è un'illusione, ovviamente, che fa parte della finta invulnerabilità adolescenziale. Non riuscivano a scappare e a liberarsi da quella morsa al centro dell'anima; da quel vuoto che li spingeva a cercare nelle situazioni più disparate, tra queste, l'uso costante di coca, ketamina, ecstasy e acido, una via per la liberazione. Non è che si volevano drogare per chissà quale motivo; forse erano solo troppo stanchi e depressi per dire no quando la tentazione li attanagliava.

Girava un bel po' di "grana" grazie e una certa illecita attività che i ragazzi svolgevano, ed era quella di vendere hashish. Erica, Alessandro e Carlo erano diventati degli spacciatori e potevano esercitare solo fuori dalla loro zona. Gianna invece era fuori da quella situazione perché economicamente stava abbastanza bene, ma in quanto a uso di droga ci andava giù di brutto, specialmente a ecstasy. Le notti diventavano sempre più lunghe e i giorni sempre più assonnati e fiacchi, come le loro anime. I fine settimana si svolge- vano nei centri sociali, dove si suonava musica dal vivo e poco nei locali dove si suonava musica house e tecno, che non era male se si calavano ad ecstasy, anzi, poteva sembrare anche bello. Alessandro invece andava matto per i pasticca-party. Si accorsero di quanto amore artificiale girava tra i ragazzi nel fine settimana, li vedevi che si abbracciavano e si amavano intensamente fino al mattino, quando poi gli occhi si riempivano di depressione, smarrimento e il cuore sprofondava in una realtà che avrebbero voluto che fosse diversa. Poi ecco un altro fine settimana e poi un altro ancora e così via, sempre lo stesso ciclo e sempre la stessa inconsapevole ricerca del benessere che come un supplizio si avvicina ai polpastrelli e poi fugge via lasciando un vuoto con cui Erica e i suoi amici avevano imparato a convivere. Tanti come loro provavano la stessa cosa e in determinati stati d'animo avrebbero rifiutato la vita per sempre.

Il uno di quei giorni.

‹‹NO, NO, NO...Erica, siamo andato troppo oltre!››, si preoccupava Carlo. Non avevano più i soldi per ripagare la roba che avevano preso per spacciarla.

‹‹Lo so, lo so! Ma ora non perdiamo le staffe e cerchiamo di risolvere la situazione...in qualche modo!››, rispose Erica preoccupandosi sempre di più.

Era consapevole del fatto che con certa gente non si può mica scherzare e che, anche se conoscenti, non se ne sarebbero fregati un granché della pseudo amicizia e avrebbero in qualsiasi modo preteso di essere ripagati.

‹‹Ma come abbiamo fatto a non accorgerci che ci stavamo mangiando tutto?››, rifletteva Alessandro ansioso. 

‹‹Come abbiamo fatto?››, lo riprese Erica, ‹‹ma ti rendi conto che nell'ultimo periodo non è mancato giorno che non stavamo fatti a questa merdosa ecstasy, cioè anche di giorno, in mezzo alla strada, almeno prima avevamo la scusa della musica. Ora no...ora siamo scesi troppo in basso, troppo!!››, sclerava, molto nervosa.

‹‹Si, ora dobbiamo pensare come risolvere!››, interrompe Carlo.

‹‹Certo, quelli non scherzano mica!››, ricordò giustamente Alessandro. Si rosicchiava le unghie mentre lo diceva. Era anche lui molto ansioso e consapevole della brutta storia.

Vorrei che mi ascoltassiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora