Capitolo 2

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Dopo aver salutato mia madre in lacrime e averla rassicurata del fatto che mi sarei comportata bene e che avrei fatto il massimo per ottenere buoni voti, raggiunsi la segreteria della scuola per chiedere dove si trovasse la mia stanza. L'ingresso era enorme, e ragazzi e ragazze di tutte le età mi guardarono come per dire 'eccone un'altra a rompere le scatole!'. Vedevo gruppi di tre o quattro ragazze andare in iperventilazione vedendo passare ragazzi da ogni angolo del corridoio, e uno in particolare attirò la mia attenzione. Per un attimo il ragazzo dai capelli castano chiaro fissò il suo sguardo nel mio, e mi parve di essere tornata una bambina delle medie, perché avvampai all'istante. Poi lui girò l'angolo per andare chissà dove, e io tornai alla realtà. Mi presentai alla segreteria, dopo averla cercata in quasi tutta la scuola. Entrai sorridendo e chiedendo di mostrarmi dove fosse la mia stanza, nel modo più gentile possibile.

«Mi segua!» m'invitò sorridendo una donna di mezz'età. Attraversammo quasi tutto il campus a piedi, evidentemente i dormitori devono essere a quasi venti minuti di distanza dalle aule... vorrà dire che sarei dimagrita un po'! Appena raggiungemmo la stanza, la signora sorridente mi spiegò tutto quello che dovevo sapere sulla struttura e mi diede il programma con gli orari dei corsi che dovevo frequentare.

«Ah, quasi dimenticavo! Questa è la chiave della sua stanza!» fece porgendomi un mazzo di chiavi.

La ringraziai con il sorriso più cordiale che potessi fare e girò sui tacchi, andandosene. E mi era parso di notare che avesse sculettato alla vista di un professore. Nemmeno il tempo di infilare la chiave nella serratura, che una ragazza alta almeno dieci centimetri più di me aprì la porta, tutta sorridente. Dire che era bellissima era un eufemismo, i suoi capelli erano biondi, ma le punte erano tinte di un castano scuro; i suoi occhi non erano da meno: grigi con delle pagliuzze color oro che contornavano la pupilla. Ragazze come lei erano sempre state considerate facili, ma il suo sguardo mi diceva che ne aveva passate tante.

«Piacere, io sono Kacey» si presentò porgendomi la mano e sorridendomi nuovamente. Notai un piccolo ma profondo taglio sul polso, nascosto da un bracciale con un bellissimo ciondolo d'oro bianco che rappresentava una coccinella.

«Avery» le dissi stringendole la mano. La prima impressione sembra buona pensai tra me e me.

«Entra pure. In fin dei conti, questa sarà la nostra stanza per tutto l'anno» esclamò aiutandomi a portare dentro la valigia che pesava più di noi due messe insieme.

Le sorrisi di rimando ed entrai: era una stanza molto carina con due letti ai due lati delle pareti, un piccolo bagno e una grande scrivania attaccata al muro. Le pareti erano rosa, sicuramente nel dormitorio dei ragazzi saranno state celesti. Pensando ai ragazzi, mi tornò in mente quello dagli occhi dello stesso colore del cielo in piena estate che mi aveva fissata prima. Si capiva dai suoi occhi che pure lui aveva un passato non tanto facile alle spalle.

«Hai già visitato il campus?» mi chiese Kacey mentre tiravo fuori la mia roba dalla valigia, distogliendomi dai miei pensieri.

«Non ancora, appena sono arrivata, mi hanno dato le chiavi della stanza e gli orari dei corsi» le spiegai, mostrandole il foglio con scritto tutti gli orari dei corsi e le aule nelle quali si sarebbero svolti.

«Che ne dici se dopo che hai finito di mettere a posto la tua roba andiamo a fare un giro? Così ti faccio vedere dove sono le aule, la mensa e tutte le altre cose che possono esserci in una scuola» disse, alzando le spalle. «Mi farebbe molto piacere» le risposi molto sinceramente.

Il suo cellulare squillò. Appena lesse il nome di chi l'aveva chiamata sorrise e si chiuse in bagno; sarà stato il suo ragazzo, probabilmente. Nel frattempo avevo già finito di mettere a posto i miei e vestiti e mandai un messaggio a mia madre per rassicurarla che era tutto a posto. La sua risposta fu immediata, come immaginai.

«Allora? Sei pronta?» urlò uscendo dal bagno e facendomi anche paura. Aveva ancora un sorriso stampato in faccia, mentre si stava aggiustando il trucco.

«Prontissima» le risposi alzandomi dal mio nuovo letto morbido.

«Aspetta un attimo!» mi fermò, mettendomi una mano sulla spalla.

Mi girai verso di lei per chiederle che cosa stava facendo, ma lei mi batté sul tempo: "Non penserai mica di uscire così, vero?» mi chiese, riferendosi alla mia camicetta a fiori, ai jeans chiari e alle mie Converse bianche.

«Che cosa ho che non va?» le chiesi con espressione corrucciata, ma anche divertita in fin dei conti.

«Non puoi andare in giro per il campus e farti vedere dai ragazzi vestita in questo modo! Aspetta, ti presto qualcosa io».

Andò a frugare nella sua valigia e ne tirò fuori una maglietta attillata nera con tanto di righe bianche, dei jeans altrettanto attillati e un paio di Air Max bianche, che sosteneva mi avrebbero slanciato le gambe. Me li porse e, vedendo che la guardavo con un'espressione stupita e in gran parte impaurita, mi urlò: "Vai in bagno a cambiarti, su!».

E scoppiammo entrambe a ridere. Sarebbe nata una grande amicizia, ne ero sicura. Dopo essermi convinta che andavo bene vestita a quel modo, per prima cosa andammo al bar della scuola, dove Kacey aveva dato appuntamento al suo ragazzo, Trevor. Il bar era stile anni '60, al muro erano appese maglie e fotografie della squadra di football della scuola. Al banco c'erano due ragazze che arrivavano a malapena al bordo del banco, ma erano comunque sorridenti!

«Eccolo arrivato!» esclamò la mia nuova amica fiondandosi sul ragazzo che stava venendo da noi. Dopo essersi scambiati qualche parola e qualche bacio un po' troppo a lungo, Trevor si rivolse a me: "Ciao! Tu devi essere Avery».

«E tu devi essere Trevor. Sai, Kacey mi ha parlato molto di te anche se ci siamo conosciute mezz'ora fa». Trevor era un bel ragazzo, assomigliava moltissimo a Marvin Cortes della stagione 2.0 di American's Next Top Model: alto, moro, mascella scolpita e pelle olivastra. Sembrava un tipo simpatico e aveva anche un bel sorriso, che gli faceva nascere delle fossette sulle guance. Nel frattempo vidi Kacey arrossire un po', imbarazzata per quello che avevo appena detto.

«Stavo facendo vedere il campus ad Avery, vieni con noi?» gli chiese Kacey mentre lui la cingeva in vita con un braccio.

"Ehm... okay" accettò Trevor, dandole un bacio sulla guancia, per poi passare al collo. Entrambi ansimavano.

«Ragazzi non qui, per favore!» furono rimproverati da una nuova barista di mezz'età apparsa dal nulla. Si staccarono subito presi dall'imbarazzo, mentre io mi morsi l'interno della guancia per non scoppiare in una risata.


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