Capitolo 12

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Canzoni per il capitolo:

Kate Nash - Nicest thing

One Direction - Fireproof


Una mano si mosse davanti ai miei occhi e solo dopo mi resi conto di quello che stava succedendo.

«Che succede?» mi sussurrò dolcemente Tyler all'orecchio.

Sapevo di potermi fidare pienamente di lui, ma ancora non ero pronta a rivelargli cosa era successo a mio padre.

«N-Niente» balbettai, mentre la mia mente era ancora concentrata sulla scena che avevo davanti agli occhi: la ragazza che, infuriata, aveva sbattuto la portiera dell'auto e stava aspettando suo padre, chiaramente dispiaciuto per averla fatta arrabbiare, che stava appena uscendo di casa, baciando velocemente la moglie.

Annuendo con poca convinzione, mi riprese la mano e dopo pochi passi arrivammo al parco. Era molto simile a quello in cui papà mi portava a giocare, a New York, quando non era a lavoro. Qualche panchina lungo il viottolo di ghiaia e un esteso prato verde con due porte da ambo i lati. I ricordi riaffiorarono di nuovo alla mente; per distrarmi, quella volta Tyler mi lanciò un pallone da calcio addosso.

«Vuoi fare qualche tiro?» gli chiesi, conoscendo già la risposta.

«Sai giocare a calcio?» domandò a sua volta, stupito. Prima di andare a Washington ero nella squadra di calcio femminile del mio quartiere. Io giocavo nel ruolo dell'ala sinistra e dovevo ammettere che non ero male e segnavo con costanza. Quando i ragazzi venivano a conoscenza di quella cosa, tutto ad un tratto s'interessavano a me, ma non Tyler: Capii dal suo sguardo che era comunque incredulo, ma mi guardava ancora con quegli occhi sinceri e innamorati con cui mi aveva guardata dopo avermi baciata alla mia festa di compleanno. Dopo avergli raccontato tutta la mia 'carriera calcistica', se così potevamo chiamarla, cominciammo a fare qualche tiro di piatto, poi con lui come portiere e io attaccante e viceversa. Mentre toccava a lui tirare in porta, a un tratto non lo vidi più correre verso di me e, abbassando lo sguardo, lo vidi sdraiato in terra che provava a rimettersi in piedi. Ridendo, corsi verso di lui e mentre lo stavo aiutando a rialzarsi afferrandogli il braccio lui mi tirò giù con sé; menomale che c'era lui ad attutire la mia caduta! Ridemmo per qualche minuto senza mai smettere, e giuro di non avere ricordi dell'ultima volta che avevo riso a quel modo.

«Non so te, ma io ho una gran voglia di gelato!» esclamai, tirandomi in piedi.

«Io invece ho voglia di te, come la mettiamo?»

Dovevo ammettere che frasi del genere di solito mi avrebbero infastidita, ma dette da lui mi facevano l'effetto opposto che mi avrebbero fatto prima di conoscerlo.

«Direi che il gelato è più allettante» ribattei, gettandomi fra le sue braccia.

Mi prese il viso tra le mani e mi diede uno di quei baci che mi sarei ricordata per tutta la vita: all'inizio lento e dolce, per poi diventare un bacio appassionato. Quando ci staccammo, appoggiò la fronte alla mia, guardandomi negli occhi.

«Ancora non riesco a credere di averti incontrata. Sai, quando nessuno crede in te e in quello che fai, a volte è difficile relazionarsi con gli altri, ma non so, tu sei diversa Avery e so di avertelo detto tante di quelle volte in soli quattro giorni, ma voglio che tu lo tenga sempre a mente» ammise d' un tratto, dandomi un tenero bacio sul naso.

Sorrisi, sostenendo il suo sguardo e lessi la sincerità nei suoi occhi e la domanda che mi aveva sfiorato la mente a pranzo aveva trovato una risposta: quel ragazzo era l'unica cosa bella che la vita aveva deciso di regalarmi quando il mio mondo stava crollando.

Fool for you [#Wattys2016]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora